Joe Biden eletto 46simo presidente degli Stati Uniti d’America. Non devo guardare la CNN per saperlo. Il mio quartiere a Manhattan è un tripudio di gioia. Suonano i clacson. La gente è scesa in strada. C’è chi urla affacciato alle finestre, chi batte sulle pentole da cucina. I miei figli ballano felici di fronte alla TV. Karl Popper definiva democratico un sistema politico in cui i cittadini possono cambiare il proprio governo senza che ci siano spargimenti di sangue. La non violenza e l’accettazione delle regole del gioco sono principi fondanti di ogni democrazia. È bene tenere a mente Popper in questi giorni di spogli e riconteggi. Tutto è cominciato martedì 3 novembre alla chiusura dei seggi sulla costa orientale del paese. Quel giorno ero a Washington a commentare i risultati delle elezioni per la televisione italiana.

Sulla terrazza dello studio di fronte alla Casa Bianca dove si svolgeva il collegamento televisivo mi è sembrato di rivivere la notte elettorale del 2016, quella che portò contro ogni pronostico alla vittoria di Trump. Anche questa volta, i sondaggi delle settimane precedenti mostravano il candidato democratico solidamente in vantaggio sia a livello nazionale che in alcuni stati in bilico e i milioni di voti, più di cento, espressi di persona o via posta sembravano configurare una valanga di voti per Biden. Ma col procedere delle ore il presidente Trump appariva di nuovo in vantaggio negli stati del blue wall – Pennsylvania, Michigan e Wisconsin, dove aveva vinto nel 2016 – e si posizionava in testa in Florida e Ohio che di lì a poco gli sarebbero stati assegnati. I sondaggi ancora una volta sembravano aver alimentato false speranze nell’elettorato democratico. E i risultati, anche se provvisori, parevano affermare che esisteva ancora una maggioranza silenziosa favorevole al presidente. Inoltre, all’uscita dei seggi, gli elettori dichiaravano di mettere al primo posto anzitutto l’economia e solo al terzo posto, dopo l’ingiustizia razziale, la pandemia. Dichiarazioni che molti hanno interpretato a favore del presidente visto che Trump aveva continuato fino all’ultimo a minimizzare il virus e che i cittadini americani avevano affermato di fidarsi più di lui che di Biden sulle questioni economiche. La situazione sembrò irrimediabilmente compromessa quando il presidente, in piena notte, si dichiarava vincitore, chiedeva la fine dei conteggi delle schede elettorali arrivate per posta e annunciava cause legali negli stati del blue wall. Per settimane Trump aveva definito il voto per posta fraudolento, addirittura illegale. Ma in questo paese si vota per posta dal 1864, da quando il presidente Abraham Lincoln chiese che le truppe impegnate nella Guerra Civile potessero votare lontano da casa. Non esistono studi scientifici che provano che il voto per posta nasconda brogli. Tra l’atro le forze armate nelle basi americane sparse per il mondo votano da sempre in questo modo. Quest’anno 91 milioni di elettori hanno richiesto di votare per posta a causa della pandemia. Io stessa ho votato in questo modo, viste le lunghissime file ai seggi. Tradizionalmente gli elettori democratici votano per posta più degli elettori repubblicani. L’elettorato democratico è spesso meno abbiente e incontra maggiori difficoltà nel recarsi alle urne in un giorno infrasettimanale (per ragioni storiche si vota sempre il primo martedì di novembre). Lo spoglio di questi voti inoltre è sicuramente più lungo e laborioso. E così, nei giorni successivi al 3 novembre, man mano che le schede venivano contate, il margine di vantaggio di Trump su Biden si riduceva e Biden passava in testa, aggiudicandosi il Michigan e il Wisconsin, rimanendo in vantaggio in Nevada e Arizona e addirittura superando il presidente in Georgia e Pennsylvania. In stati dove la legge consente di aprire le schede anche nei giorni precedenti a quello del voto, come la Florida, è stato facile contare tutti i voti la notte stessa delle elezioni. In stati dove non è consentito, come la Pennsylvania, lo spoglio è durato giorni.

Malgrado le settimane che verranno saranno caratterizzate da ricorsi e riconteggi cosa ci racconta dell’America di oggi la vittoria di Biden? Il dato più importante è che la demografia di questo paese sta cambiando. Gli Stati Uniti diventano sempre più multietnici, urbani, istruiti e laici e questo cambia l’elettorato di stati considerati da sempre roccaforti repubblicane. La differenza in queste elezioni l’ha fatta l’elettorato giovane, urbano e sempre più democratico che vive in città come Phoenix, Atlanta, Philadelphia, Pittsburgh, Detroit e Milwaukee, e nelle contee limitrofe. Tra le nuove generazioni, in particolare quelli della Generazione Z (nati dopo il 1996) solo il 49 percento è caucasico. Il 51 percento appartiene ad altre etnie o è multietnico (tra i baby-boomers il 76 percento dell’elettorato è bianco). Lo stato della Georgia in questo è fortemente indicativo. La Georgia è tristemente famosa per la soppressione del voto – le contee più povere hanno pochissimi seggi aperti e si impiegano anche sette ore per votare – e per il gerrymandering, la manipolazione dei distretti elettorali per favorire una parte politica. La Georgia non votata per un presidente democratico dal 1992, anno dell’elezione di Bill Clinton. Nel 2018 Stacey Abrams aveva perso l’elezione a governatrice per meno di due punti percentuali incolpando soprattutto la soppressione del voto degli afroamericani. Da allora si è impegnata attivamente per portare più di 800mila nuovi elettori al voto nel 2020. Lo stesso vale per l’Arizona che non votava per un presidente democratico dal 1996. Qui oltre all’opposizione a Trump del senatore John McCain, scomparso nel 2018, ha sicuramente contato il cambiamento demografico nella città di Phoenix e nei suoi sobborghi, sempre più giovani e multietnici, e il sostegno degli ispanici. E poi ci sono gli stati del blue wall come la Pennsylvania dove Biden da vicepresidente aveva aiutato Barack Obama a vincere il voto degli operai e della classe media bianca con la quale il vecchio Joe sa ancora dialogare.

L’accettazione delle regole del gioco e la transizione pacifica del potere sono le fondamenta di una democrazia. Malgrado Trump accusi i democratici di avergli rubato l’elezione, non ci sono evidenze che il voto arrivato per posta sia illegittimo o fraudolento. Ha vinto la democrazia oggi in America. Mentre lo scrivo le dita tremano sulla testiera.

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