Lo aveva promesso, Joe Biden. Sarebbe tornata la scienza a guidare la lotta contro il Covid, dopo le uscite del suo predecessore Donald Trump sulle cure con l’idrossiclorochina e la sottovalutazione del problema, che hanno incluso il doppio cinismo politico di sottovalutare l’infezione perché, seguendo i suggerimenti del genero Jared Kushner, avrebbe colpito soprattutto lo stato di New York a guida democratica, ma anche perché, seguendo le parole dell’advisor Stephen Miller, dire di non portare la mascherina avrebbe prodotto un ulteriore “divario culturale” tra repubblicani e democratici.

Queste erano le premesse. Però lo scorso dicembre, quando si è trattato di scegliere la persona che avrebbe supervisionato la risposta federale all’epidemia, il cosiddetto “zar del Covid”, alla fine non ha scelto l’ex surgeon general Vivek Murthy, in carica negli anni di Obama, riconfermato nella carica il 23 marzo 2021.

Ha scelto invece un manager, Jeffrey Zients, che aveva già svolto un ruolo di “aggiustatore” del lancio del sito healthcare.gov nel 2013, che lasciava senza opzioni assicurative numerose contee rurali.

Non ci sarebbe nulla di male, del resto a inizio anno era prioritaria la distribuzione dei vaccini, che sotto l’uscente amministrazione era trascurata, con Trump tutto preso dal suo tentativo di rovesciare il risultato elettorale, quindi le capacità organizzative di Zients sembravano ciò che ci voleva per costruire una nuova organizzazione da zero.

Il signor No

E infatti i primi tre mesi del 2021 hanno portato a più di 100 milioni di dosi somministrate. Un successo che faceva impallidire le resistenze europee. Poi la riluttanza a vaccinarsi di una fetta di paese, aizzata dalle uscite mediatiche di tribuni televisivi come Tucker Carlson, ha rallentato il processo. Ma questa è un’altra storia.

Già, perché Jeff Zients adesso ha un altro ruolo, quello del signor No: mentre i turisti americani vaccinati sono liberi di visitare le città e le località turistiche europee, gli europei non possono visitare gli Stati Uniti per non diffondere la variante Delta, così almeno si dice.

Ma che lavoro ha fatto Zients nel quadriennio trumpiano? È stato uno di quei lobbisti su cui l’opinione pubblica ha espresso negli anni il suo disgusto per le entrare e le uscite dal settore privato a quello pubblico, facendo nascere il legittimo dubbio: di chi fanno gli interessi quando sono al potere nel governo federale?

Nel 2018 era entrato a far parte del board di Facebook dopo un anno circa che era tornato alla guida del fondo d’investimento Cranemere come amministratore delegato. Secondo i dati forniti dalla Casa Bianca alla Cnbc lo scorso marzo, Zients avrebbe guadagnato un 1,6 milioni di dollari all’anno da Cranemere e circa 330mila da Facebook.

Il ritratto classico di una di quelle figure della mitologica palude  che Trump aveva promesso di prosciugare prima di attingervi a piene mani per assegnare incarichi di governo.

Ma Zients aveva già svolto altri incarichi per l’amministrazione di Obama, occupando posti dirigenziali come direttore dell’Economic Council e di Chief Performance Officer dell’ufficio federale del budget.

Come mai quindi adesso è diventato il maggiore ostacolo sulla via della riapertura ai viaggi quantomeno da Europa e Gran Bretagna che stanno tenendo separate numerose famiglie?

Un occhio ai sondaggi

La risposta forse è contenuta in un sondaggio commissionato da Axios: per vaccinati e non vaccinati la colpa della crescita dei contagi è soprattutto dei viaggiatori stranieri. Per il 29,7 per cento e il 36,9, rispettivamente.

Una percentuale ragguardevole che spiega quindi la stessa esitazione di Biden a prendere una decisione per riaprire le rotte con l’Europa.

In una lettera al presidente inviata da 75 rappresentanti al Congresso, tra cui il democratico newyorchese Brian Higgins, ci si interroga su un fatto: gli americani necessitano di una spiegazione. In fretta.

Due senatori, la democratica Jacky Rosen e il repubblicano Rick Scott, hanno fatto la stessa domanda.

La risposta potrebbe essere semplice: riaprire con il passaporto vaccinale potrebbe essere profondamente impopolare. E Zients, su quello, teme che l’amministrazione possa perdere l’approvazione degli elettori, tra cui anche alcuni esponenti di sinistra che sono scettici sull’uso del vaccino, prima tra tutti la democratica Marianne Williamson, ex candidata alle primarie presidenziali del 2020.

Quindi la decisione è politica e non scientifica. Sennò non si spiegherebbe come mai a Chicago il Festival Loolapalooza ha visto un maxiassembramento di migliaia di persona, in una città e in uno stato saldamente in mano alla sinistra.

Non ha aiutato la dichiarazione della portavoce Jen Psaki, che ha detto che per il momento le restrizioni rimangono a tempo indeterminato.

Questa paura frena l’amministrazione dall’andare incontro ai desiderata della Germania di Angela Merkel con la quale è cruciale il riallacciamento dei rapporti dopo il grande freddo degli scorsi quattro anni.

Ma Jeff Zients non è tipo da piegarsi facilmente, quindi è più facile che il problema venga aggirato convincendo il presidente tramite le pressioni della segretaria al commercio Gina Raimondo, che sente da vicino le pressioni delle compagnie di aeree.

Comunicazioni confuse

Forse anche per questo la comunicazione sui vaccini della Casa Bianca degli ultimi giorni è particolarmente confusa e alla dichiarazione di Biden sulla possibile introduzione dell’obbligo a livello federale è subito seguita quella di Zients che ha gettato acqua sul fuoco, ricordando come il dipartimento di Giustizia abbia sostenuto la piena legalità di richiedere un certificato vaccinale ai lavoratori dipendenti da parte del proprio datore.

Però seguire in modo così pedissequo una figura presa dagli anni di Obama, molto criticati da parte dell’ala progressista dei dem, potrebbe non essere una buona idea, ricordando peraltro da vicino l’assoluta considerazione nella quale Trump teneva figure altrettanto sinistre come Peter Navarro e Stephen Miller.

L’aver cantato vittoria troppo presto sia da parte della Casa Bianca che del Cdc, l’equivalente americano del nostro Iss, forse non è stata una grande idea.

© Riproduzione riservata