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La vittoria di Aung San Suu Kyi si basa su esclusioni e censure

Aung San Suu Kyi. Foto: LaPresse
Aung San Suu Kyi. Foto: LaPresse

  • Aung San Suu Kyi, considerata un’icona per essersi opposta alla lunga dittatura dei militari e per questo insignita del premio Nobel per la pace nel 1991,  ha riscosso una vittoria schiacciante alle elezioni birmane dell’8 novembre.
  • Ma alcune parti del paese sono state di fatto escluse dal voto, le minoranze sono state penalizzate e la censura è stata ampia. In più, da quando Aung San Suu Kyi è al potere, i Rohingya non sono stati risparmiati dalla pulizia etnica.
  • Perciò questa vittoria non è come quella del 2015. Stavolta gli scenari sono divisivi, e il rischio che si sfoci nella violenza è reale.

Aung San Suu Kyi e la sua Lega nazionale per la democrazia (Nld) hanno riscosso una vittoria schiacciante: nonostante lo spoglio non sia ancora terminato, questo è l’esito consegnatoci dalle elezioni generali che si sono aperte in Birmania lo scorso 8 novembre, e che sono le seconde dalla fine della dittatura militare nel 2011. Allo stato attuale, infatti, la Nld ha già ottenuto un numero di seggi talmente ampio da assicurarsi il controllo di entrambe le camere e la conseguente responsabilità

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