L’accordo su Gaza è più vicino. Trump a Hamas: «No ritardi»

Mentre Israele e il presidente americano Donald Trump annunciano la cessazione degli attacchi dell’Idf nella Striscia di Gaza alla luce del progresso del suo piano di pace, sul terreno le fonti palestinesi descrivono una realtà diversa. Dopo il via libera di Hamas alla liberazione di tutti gli ostaggi israeliani, arrivato nella tarda serata di venerdì, soccorritori e medici di Gaza hanno continuato a segnalare decine di morti, feriti e dispersi in una serie di attacchi, anche nella città di Gaza. Secondo fonti mediche, il bilancio totale delle vittime di sabato è di 37 morti, di cui 28 nella città di Gaza e altri otto a Khan Yunis, nel centro della Striscia. Rimane il fatto che Israele e Hamas non sono mai stati così vicini a mettere fine alla guerra iniziata ormai quasi due anni fa. Sabato fonti israeliane hanno reagito al comunicato di Hamas annunciando un rallentamento delle operazioni militari, limitate ad azioni «difensive», e il congelamento del piano per l’occupazione di Gaza City, che stava sollevando durissime proteste sul piano internazionale. «In conformità con le direttive dei vertici politici, il Capo di Stato Maggiore ha dato istruzioni di accelerare i preparativi per l’attuazione della prima fase del piano Trump per il rilascio degli ostaggi», si legge in un comunicato delle forze armate israeliane. La versione di Netanyahu Sabato sera Benjamin Netanyahu ha cantato vittoria in un discorso alla nazione, vantandosi di essere sul punto di realizzare una missione che sembrava impossibile: riportare a casa tutti gli ostaggi mantenendo le forze armate schierate in profondità nella striscia di Gaza. «Spero, con l’aiuto di Dio, che nei prossimi giorni, durante la festa di Sukkot, potremo annunciarvi il ritorno di tutti i nostri rapiti, sia vivi che morti, in un colpo solo, mentre l’Idf rimane nelle profondità della Striscia e nelle aree che controlla», ha esordito. «Ciò che ha determinato il cambiamento di posizione di Hamas è stata esclusivamente la pressione militare e politica che abbiamo esercitato», ha aggiunto, rivendicando la decisione di non finire la guerra in tempi più brevi. «Ne saremmo usciti senza risultati», ha detto citando gli esiti della guerra in Libano, Siria, Iran ed in Yemen. In teoria, secondo il piano Trump, uno smilzo pdf di cinque pagine diffuso online dalla Casa Bianca, in questa fase le truppe di Tel Aviv dovrebbero arretrare dalle posizioni attuali fino a una linea gialla che divide più o meno a metà la striscia di Gaza, liberando la zona costiera. Ma essendo tracciata sommariamente su una mappa di Gaza che assomiglia più a uno schizzo, priva di scala e di altri dettagli, e in mancanza di forme di monitoraggio sul campo, la linea lascia un buon margine di interpretazione. L’ufficio di Netanyahu ha fatto sapere che Israele è pronta a procedere «all’attuazione immediata della prima fase per il rilascio immediato di tutti gli ostaggi», sorvolando sull’aspetto del ritiro e dell’interruzione di «qualsiasi bombardamento aereo o di artiglieria». In altre parole, Bibi è pronto a incassare la concessione di Hamas, sottraendo al movimento l’ultima carta per garantirsi un potere negoziale, ma sul resto non ha fretta di vincolarsi ad impegni precisi. In un’intervista alla rete locale Canale 12, Netanyahu ha infatti affermato: «Prima riportare gli ostaggi, poi verrà il resto». Il “nì” di Hamas e l’ottimismo di Trump: «Pace vicina». I punti controversi dell’accordo su Gaza I negoziati Nel suo comunicato di venerdì, potenzialmente storico, Hamas aveva dato l’ok al rilascio dei 48 prigionieri, vivi e morti, «a condizione che siano garantite le condizioni sul campo per il processo di scambio». Oltre alla natura del ritiro, ci sono da stabilire i nominativi dei prigionieri palestinesi da rilasciare, la tempistica, l’accesso degli aiuti. Prima che si possa passare alla fase di applicazione, insomma, devono tornare in campo i negoziatori, e fare i conti con nodi che in passato si sono rivelati fatali. Le trattative ripartono dopo l’interruzione all’indomani del bombardamento israeliano a Doha, in Qatar, il 9 settembre scorso, quando Israele ha tentato di eliminare i dirigenti di Hamas in esilio, senza riuscirci. L’appuntamento è per lunedì a Sharm el-Sheikh, alla presenza, secondo il sito americano Axios, dell’inviato di Trump in Medio Oriente Steve Witkoff e del suo genero Jared Kushner. Nel videomessaggio in cui plaude al via libera di massima di Hamas, Trump ha ringraziato Qatar, Turchia, Arabia Saudita, Giordania ed Egitto per averlo assistito nei tentativi di mediazione. «Questo è un grande giorno, vedremo come andrà a finire», ha detto, prima di concludere con i consueti toni iperbolici: «Siamo molto vicini al raggiungimento della pace in Medio Oriente». Sabato Trump è tornato a farsi sentire su Truth, il suo social personale, affermando, erroneamente, «Apprezzo che Israele abbia temporaneamente interrotto i bombardamenti per dare la possibilità di portare a termine il rilascio degli ostaggi e l’accordo di pace». Hamas , ha aggiunto, «deve agire rapidamente, altrimenti c’è il rischio di compromettere il piano». Diversi leader internazionali, fra cui quelli di Francia, Germania, Regno Unito e della stessa Italia, hanno dichiarato il proprio sostegno all’iniziativa. Come nelle occasioni precedenti, resta l’incognita delle pressioni dell’estrema destra israeliana. Il piano di Trump, che dice esplicitamente che Israele «non occuperà e non annetterà Gaza», per il ministro Bezalel Smotrich equivale a «scambiare risultati concreti sul campo con illusioni politiche», in particolare laddove prevede di affidare il governo della Striscia a un «comitato di tecnocrati palestinesi». Ma Lapid, il leader dell’opposizione, ha detto di voler garantire a Netanyahu il proprio appoggio in modo da renderlo immune dai ricatti di chi vuole usare la guerra per portare avanti piani di violenza e espansione. «Non si deve permettere loro di affossare l’accordo», ha detto Lapid di Smotrich e del ministro per la sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir. «La maggioranza assoluta della Knesset e la maggioranza assoluta del popolo israeliano sostengono l’accordo». A Roma una marea pacifica per Gaza: «Siamo un milione». Lunedì negoziati a Sharm el-Sheikh tra Israele e Hamas