L’amico del Diavolo è rimasto a Varese. Il ministro leghista Giancarlo Giorgetti ha trascorso la vigilia dell’Epifania in famiglia. Non si è presentato alla drammatica seduta del Consiglio dei ministri che si è tenuta ieri e che ha deciso l’obbligo del vaccino per i 50enni.

Direte voi: che cosa c’entra con la salita di Monte Cavallo? C’entra eccome, perché in questa fase il destino di Mario Draghi e del suo esecutivo si intreccia parecchio con la successione a Sergio Mattarella.

Giorgetti è l’unico ministro del governo che dà del tu al presidente del Consiglio. Fu una telefonata fra i due a sbloccare il primo governo di Giuseppe Conte, quando già Sergio Mattarella aveva incaricato Carlo Cottarelli.

In una riunione, presenti Di Maio e Salvini, entrò il navigato leghista e annunciò: «Ho parlato al telefono col Diavolo, se spostiamo Paolo Savona in un altro dicastero, possiamo fare il governo».

Il Diavolo, probabilmente, era l’allora presidente della Bce Mario Draghi. Mattarella fu d’accordo e iniziò il governo gialloverde. Questa volta Giorgetti ha lasciato il Diavolo solo, nel suo inferno.

L’inferno dei 5 Stelle che hanno cambiato idea diverse volte, l’inferno di Roberto Speranza e dei ministri pd che volevano l’obbligo per tutti, l’inferno di Matteo Salvini che puntava i piedi mandando sms al sopravvissuto Massimo Garavaglia.

Oggi Il Fatto scrive che il governo è “al capolinea”. Anche Stefano Folli su Repubblica vede esaurita la fase dell’unità nazionale. Se così fosse, la corsa al Colle diventa ancora più difficile, con un quadro in “impazzimento” (come scrive Annalisa Cuzzocrea dei 5 Stelle).

Sono passati solo 6 giorni dal discorso di Sergio Mattarella e quell’invocato clima di coesione nazionale sembra andato in frantumi. Ha poco da suggerire Matteo Renzi nell’intervista al Corriere: in questo scenario trovare un accordo per un altro premier a palazzo Chigi, per promuovere Draghi al Colle, appare un’impresa quasi impossibile.

Il piano D del centrodestra

E poi c’è sempre la candidatura di Silvio Berlusconi. Fra quattro giorni il Cavaliere la formalizzerà, forse con un videomessaggio.

Oggi Pietro Senaldi su Libero sostiene però che Matteo Salvini e Giorgia Meloni, pur mostrando lealtà al fondatore di Forza Italia, starebbero pensando davvero ad un piano B. O meglio ad un piano D.

La subordinata infatti alla candidatura di Mr. B potrebbe essere quella dell’attuale premier. Richiamato in servizio, dopo la quarta votazione, nel caso Silvio Berlusconi non ce la facesse a raggiungere il quorum. Si comincerebbe comunque votando il Cav, sperando di acciuffare il risultato a quota 505. Appuntamento dunque a venerdì 28 gennaio.

Gianna Nannini, romanza Quirinale

Gianna Nannini si è candidata come presidente della Repubblica tramite i suoi canali social. La cantante ha pubblicato un video su Instagram sottolineando di voler rappresentare “una voce femminile” nella corsa al Quirinale.

Non una voce qualsiasi, verrebbe da dire. Nannini non è il primo caso. Nei giorni scorsi un pensionato, Giovanni Biancini, 79 anni, romano, aveva preso carta e penna e scritto una lettera ai presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico ed Elisabetta Casellati, per proporre – in base all’articolo 84 della Costituzione – la propria candidatura.

Se nelle prime votazioni i gruppi decideranno per la scheda bianca, prepariamoci a questo tipo di sorprese. Sette anni fa si sentirono nomi improbabili negli spogli pronunciati nell’aula di Montecitorio: per un po’ sembrò quasi seria la candidatura di Giancarlo Magalli. Ma era prima degli insulti ad Adriana Volpe.

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