Le segnalazioni di stupri di guerra dei soldati russi alle donne ucraine non si contano più ormai. E con loro starebbero aumentando anche i casi di gravidanze dopo la violenza subita. Ma il flusso dei rifugiati spinge maggiormente le donne verso la Polonia, il paese europeo noto per la sua legge restrittiva che consente la pratica dell’aborto in pochissime eccezioni. Abortire in sicurezza, per queste donne, non è semplice. 

«Lo sapevamo da molto tempo, perché abbiamo la sfortuna di sperimentarlo. L’accesso a un aborto sicuro può non dipendere dal passaporto, dal luogo di residenza, dal possesso dei documenti o dal colore della pelle», scrivono le ragazze di Abortion Dream Team, un gruppo polacco attivo da tempo e che fornisce assistenza.

«La solidarietà abortista non conosce confini», aggiungono, abituate ad aiutare migliaia di donne ad abortire o intraprendere viaggi verso Germania, Olanda, Repubblica Ceca, Regno Unito e la vicina Ucraina, oggi sotto le bombe, ma dove l’aborto è garantito per legge. 

Dall’inizio della guerra, solo questa associazione ha ricevuto 54 chiamate di aiuto da profughe ucraine, tutte assistite per tempo. Anche in Ucraina ci sono organizzazioni e attivisti che forniscono aiuti abortivi a chi ne ha bisogno. Anche se non si tratta di una gravidanza provocata da uno stupro di guerra. 

In autonomia

Abortion Dream Team fa parte di Abortion Without Borders, una rete femminista transeuropea che fornisce informazioni, consulenza, finanziamenti e supporto pratico alle persone in Polonia e in altri paesi.

Dal primo marzo l’associazione ha ricevuto collettivamente notizie da oltre 200 persone provenienti dall’Ucraina che chiedevano aiuto per abortire. «L’anno scorso abbiamo aiutato 34mila persone residenti in Polonia ad accedere ad aborti sicuri – spiega Mara Clarke di Abortion Support Network, un altro membro di Abortion Without Borders – La maggior parte di questi aborti avviene legalmente in Polonia, è infatti legale l’autogestione del proprio aborto».

In pratica le donne non sono perseguite se commettono il proprio aborto, ma qualsiasi persona o medico che le aiuta sì. 

In pochi casi

Attualmente l’aborto in Polonia è legale nei casi in cui la donna è in serio pericolo di vita o la gravidanza è il risultato di un reato, come stupro o incesto, sono le cosiddette “clausole di eccezione”.

Ma anche se l’aborto per stupro è tecnicamente consentito, non viene quasi mai eseguito: «Il processo per ottenerne uno è incredibilmente traumatico e include l’ottenimento di un certificato da un pubblico ministero per dimostrare che si è verificato uno stupro – dice Clarke – Le donne ucraine sono scioccate per il fatto che sia così difficile abortire in Polonia, hanno poi bisogno di accedere anche alla contraccezione di emergenza».

Anche l’Organizzazione mondiale della Sanità ha recentemente pubblicato delle linee guida che affermano che l’aborto autogestito fino a dodici settimane con le pillole è il modo migliore per procedere.

Proteste

La severa legge severa polacca risalente al 1993 e chiamata “legge per la pianificazione familiare”, si è inasprita ancora di più a ottobre 2020, dopo che una sentenza del tribunale costituzionale polacco ha stabilito che anche l’aborto in caso di malformazione del feto, principale motivo dell’interruzione nel paese, è da definirsi incostituzionale. Sono seguiti mesi di proteste, con milioni di donne per settimane nelle piazze contro la decisione. 

Una mobilitazione mai vista prima nel paese a maggioranza cattolica e che non ha riguardato solo donne e femministe. Le proteste non hanno però impedito a gennaio 2021 che passasse la nuova legge.

Il movimento è tornato a farsi sentire a novembre scorso, quando una donna di trent’anni è morta perché, nonostante le problematiche del feto, non si è scelto per un aborto salvavita, ma si è aspettato che il feto morisse naturalmente. 

Richieste di aiuto

Nel 2021 secondo i dati del ministero della Salute polacco sono stati effettuati 1076 aborti, definiti “legali”, un numero bassissimo e rimasto costante negli anni, ma che potrebbe diminuire ancor di più, viste le nuove restrizioni. Sul sommerso invece il ministero non si esprime, ma le associazioni stimano che 200mila persone abortiscano clandestinamente oppure scelgano di andare all’estero. 

Tra gennaio 2021 e gennaio 2022, Abortion Without Borders è stata contattata da oltre 32mila persone in Polonia – un aumento di cinque volte rispetto all’anno precedente – e ha aiutato oltre 1.500 persone a viaggiare all’estero per abortire.

Le richieste di aiuto in realtà, segnala il network, sono aumentate anche prima dell’inizio della guerra, perché molti ucraini hanno cominciato a fuggire, visti i venti di guerra. 

Contraccezione di emergenza

Non solo Polonia, le associazioni denunciano una situazione critica per chiunque voglia abortire. La maggior parte di coloro che stanno fuggendo dall’Ucraina stanno entrando in paesi con un accesso difficile all’aborto: Polonia, ma anche Ungheria e Romania.

La maggior parte, spiegano, finora è stata in grado di abortire in sicurezza con le pillole. «Ci aspettiamo che le persone che necessitano di aborti successivi inizino a venire presto da noi per chiedere aiuto. Ci aspettiamo anche che questi numeri salgano alle stelle man mano che le persone attraversano i confini, si stabiliscono e scoprono gravidanze indesiderate – conclude Clarke – Stiamo facendo tutto il possibile per aiutare coloro che fuggono dall’Ucraina, ma anche le femministe in Ucraina stanno lavorando molto duramente per fornire l’accesso alla contraccezione di emergenza e alle pillole abortive mediche a coloro che sono ancora nel paese».

Aumentano invece le segnalazioni di associazioni di stampo cattolico che proprio sui confini operano per convincere le donne ucraine vittime di stupro a non ricorrere all’aborto, distribuendo anche volantini in cui sono ritratti dei feti. 

Accusata

Tutto questo avviene proprio nei giorni in cui in Polonia si discute il caso di Justyna Wydrzyńska, prima in Europa a subire un processo per aver favorito un aborto, fornendo delle pillole.

L’attivista, una delle quattro fondatrici di Abortion Dream Team, ha assistito una donna che subiva violenza domestica, ora rischia fino a tre anni di carcere.  

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