Leone riceve Abu Mazen, messaggio a Israele sulla soluzione dei due Stati

L’anziano leader palestinese Mahmoud Abbas (89 anni) si è recato giovedì 6 mattina in visita in Vaticano per incontrare Leone XIV. Si è trattato del primo faccia a faccia fra il nuovo pontefice e il presidente palestinese: l’incontro è avvenuto, significativamente, nel decimo anniversario dell’Accordo globale fra Santa Sede e Autorità palestinese con il quale il Vaticano riconosceva ufficialmente lo Stato di Palestina. Al centro dei colloqui, naturalmente, la situazione determinatasi con il conflitto scatenato dal 7 ottobre. «Durante il cordiale colloquio – informa una nota – è stata constatata l’urgenza di prestare soccorso alla popolazione civile a Gaza e di porre termine al conflitto, perseguendo la prospettiva della soluzione a due Stati». Migliaia di orfani vagano a Gaza, la sfida di chi prova a salvarli Poche parole stringate per riaffermare la posizione della Santa Sede in merito al conflitto israelo-palestinese, ovvero la forte preoccupazione per i civili travolti dalla reazione militare dell’esercito di Tel Aviv e l’orizzonte inevitabile verso il quale bisogna alzare il livello diplomatico per dare una soluzione alla guerra: ovvero quello di due Stati distinti e indipendenti. In tal senso, appare rilevante quanto si legge sulla Civiltà Cattolica di oggi, la rivista dei gesuiti che riceve il “visto” della segreteria di Stato per ogni numero, in merito all’accordo di pace raggiunto in Israele. «Netanyahu preferisce trattare con Hamas – afferma la rivista – screditato dalla violenza, e molto meno con Mahmoud Abbas, conosciuto anche come Abu Mazen. È il modo migliore per bloccare qualsiasi velleità di una soluzione a due Stati. Nel piano di pace, inoltre, non si fa riferimento alla Cisgiordania e alle colonie, compreso il piano E1, che taglia in due il territorio palestinese e che è stato approvato dal governo israeliano. Anche in questo caso, l’obiettivo di Israele è bloccare la nascita di uno Stato palestinese». Va detto che il clima dell’incontro con il leader palestinese è stato ben diverso da quello che ha caratterizzato la visita del presidente israeliano Isaac Herzog dello scorso 4 settembre. Allora i rispettivi comunicati – di parte vaticana e israeliana – sul contenuto dei colloqui furono assai differenti, testimoniando così una tensione fra le due parti che non si era sciolta. «Un comitato palestinese per Gaza»: al via i colloqui tra Hamas e l’Anp L’omaggio a Francesco L’incontro è stato preceduto mercoledì da una visita compiuta da Abu Mazen a Santa Maria Maggiore per rendere omaggio alla tomba di Bergoglio: «Sono venuto da Papa Francesco perché non posso dimenticare cosa ha fatto per la Palestina e per il popolo palestinese e non posso dimenticare che lui ha riconosciuto la Palestina senza che nessuno abbia dovuto chiedergli di farlo», ha detto uscendo dalla basilica. Ancora, fra i precedenti rilevanti, va ricordato l’incontro fra Bergoglio, Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli, l’allora capo di Stato israeliano Shimon Peres e il presidente palestinese, avvenuto in Vaticano l’8 giugno del 2014, per piantare insieme l’ulivo della pace. Solo un mese prima, a maggio, Abbas aveva accolto Bergoglio a Betlemme nel corso del suo viaggio in Terra Santa. Sono stati diversi poi gli incontri con il papa argentino, e successivamente i colloqui telefonici durante gli ultimi due anni di conflitto; l’ultima udienza tra il presidente palestinese e Francesco si era svolta, poco meno di un anno fa, il 12 dicembre 2024: durante l’incontro era stato riaffermato «l’importante contribuito della Chiesa cattolica nella società palestinese, anche nel soccorrere la gravissima situazione umanitaria a Gaza, dove ci si auspica che quanto prima vi sia il cessate il fuoco e la liberazione di tutti gli ostaggi». Non solo: il comunicato diffuso dal Vaticano nell’occasione ribadiva «la condanna ad ogni forma di terrorismo» e, al medesimo tempo, sottolineava «l’importanza di raggiungere la soluzione per i due Stati solo attraverso il dialogo e la diplomazia, assicurando che Gerusalemme, protetta da uno statuto speciale, possa essere un luogo d’incontro e amicizia tra le tre grandi religioni monoteiste». Quello dello status di Gerusalemme è uno storico punto proposto dalla Santa Sede in ambito diplomatico, mai condiviso da Israele. Cosa prevede la bozza del piano sulla governance di Gaza: dal Board of peace al ruolo del contingente internazionale L’intesa con Leone Con Leone XIV, poi, Abbas aveva avuto un colloquio telefonico il 21 luglio scorso incentrato sugli sviluppi nel conflitto nella Striscia e sulle violenze in Cisgiordania. Nel corso della conversazione – riferiva una nota della sala stampa vaticana – il papa aveva rinnovato l’appello al pieno rispetto del diritto internazionale umanitario, rimarcando l’obbligo di proteggere i civili e i luoghi sacri e il divieto dell’uso indiscriminato della forza e del trasferimento forzato della popolazione. Sempre nello stesso colloquio, Leone aveva ricordato la «ricorrenza del decimo anniversario dell’Accordo globale tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina», firmato il 26 giugno 2015 ed entrato in vigore il 2 gennaio 2016. Non va infine sottovalutato il breve commento fatto da Prevost incontrando i giornalisti all’uscita dal palazzo apostolico di Castel Gandolfo martedì sera: «Il tema della Cisgiordania con i coloni è veramente complesso: Israele aveva detto una cosa, poi qualche volta ne fa un’altra. Dobbiamo cercare di lavorare insieme per la giustizia e per tutti i popoli». Cessate il fuoco a Gaza: solo la continuazione della guerra con altre parole