Per qualche ora nella serata di martedì si è temuta un’escalation tra Nato e Russia a causa dell’incidente nel villaggio polacco di Przewodow, al confine ucraino.

Le forze armate russe hanno lanciato oltre 100 missili su infrastrutture critiche per Kiev come centrali elettriche, dighe e altri siti civili.

Si è trattato di una rappresaglia rabbiosa e disperata per la perdita di Kherson, ma anche di strategia di logoramento simile a quella applicata con successo su scala più piccola dagli ucraini, colpendo la catena logistica in Crimea e nel Donbass.

Mosca tuttavia sta esaurendo i missili più moderni a sua disposizione e non ha le risorse industriali ed economiche per produrne di nuovi in numero sufficiente.

Il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, si è congratulato con l’Aeronautica militare per aver intercettato e abbattuto ben 73 missili russi sui 90 lanciati, oltre a 10 droni kamikaze iraniani Shahed-136.

La località di Przewodow, una manciata di fattorie, si trova vicino alla centrale termoelettrica di Dobrotvirska, sul lato ucraino, che garantisce approvvigionamento energetico ed era un probabile obiettivo del bombardamento russo.

Per la difesa aerea di Kiev era quasi impossibile prevedere che la sua interdizione provocasse la morte di contadini polacchi innocenti.

Il precedente

Già il 10 marzo scorso si era verificato un altro incidente, quando un vecchio drone da ricognizione TU-141 era precipitato a Zagabria, in Croazia, mentre trasportava un ordigno aereo destinato ad essere sganciato sulle posizioni russe.

Per qualche ragione il Tupolev, con i colori giallo e azzurro dipinti sopra la stella rossa sovietica, aveva assunto una rotta sbagliata e dopo aver sorvolato Romania e Ungheria aveva finito il carburante, cadendo in un parco della capitale croata a poca distanza da un dormitorio universitario.

Anche in quell’episodio, inizialmente, si era temuto un attacco russo e l’invocazione di un intervento Nato da parte della Croazia, poi scongiurato.

L’ufficio del primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, ha fornito questa ricostruzione dell’incidente di martedì sera: a causa degli attacchi missilistici russi su tutta l’Ucraina, la difesa aerea ha attivato i propri sistemi d’arma e un missile è caduto provocando la morte di due contadini.

Il presidente Duda ha riunito il Consiglio di sicurezza nazionale che ha concordato con questa versione dei fatti. Il Consiglio è un organo consultivo del presidente ed è composto dai vertici ministeriali e dei servizi di intelligence, oltre che dall’Ufficio di sicurezza nazionale (Bbn).

Subito dopo l’incidente di martedì sera si è iniziato a discutere di una possibile attivazione del Trattato nord atlantico da parte della Polonia.

In base all’articolo 5, le nazioni dell’Alleanza atlantica «convengono che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in nord America, sarà considerato un attacco diretto contro tutte le parti», prevedono quindi la possibilità di assistere militarmente il paese attaccato.

È prevista anche l’immediata informazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, che dovrebbe prendere «misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionale».

Tuttavia, il potere di veto della Russia in seno al Consiglio di sicurezza può frustrare qualsiasi tentativo di intervento di questo organo.

L’articolo 5, sino ad oggi, è stato invocato solo una volta nella storia e non per una minaccia convenzionale russa, bensì dopo l’attentato dell’11 settembre 2001. Ad ogni modo, il meccanismo dell’articolo 5 non è un automatismo e i singoli stati membri possono decidere in che modo assistere l’aggredito.

Articolo 4

L’articolo 4, invece, prevede che «le parti si consulteranno ogni volta che l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata».

Il governo polacco ha fatto sapere di aver preso in considerazione di invocare l’articolo 4, ma non ha mai citato l’articolo 5 sulla difesa collettiva.

Naturalmente, la Polonia non ha neanche invocato la clausola di mutua difesa dell’Ue all’articolo 42.7 del Trattato di Lisbona, perché ragiona quasi esclusivamente in un’ottica atlantista in tandem con gli Stati Uniti.

Tale clausola era invece stata chiamata in causa dalla Francia in occasione degli attentati di Parigi nel 2015, commessi dallo Stato islamico.

L’Alleanza atlantica, riunita a Bruxelles a livello di ambasciatori, ha dato un segnale di de-escalation, pur accusando la Russia di essere indirettamente responsabile dell’incidente in Polonia.

I leader del G7 riuniti a Bali, insieme a quelli di Unione europea, Paesi Bassi e Spagna, hanno confermato questa postura politica.  Il governo Morawiecki ha aggiornato il presidente Biden sull’incidente e agito in linea con quanto stabilito dagli alleati.

Le forze armate polacche hanno elevato la prontezza operativa ed è indubbio che l’incidente di Przewodow alzi la tensione in un paese che ha vissuto indirettamente gli effetti della guerra, con l’afflusso di oltre due milioni di rifugiati ucraini.

Già nel 2019, ospite dell’Ufficio di sicurezza nazionale, mi fu evidente che la Polonia si stesse preparando a una crisi strutturale con la Russia, dato che l’approccio di contrasto alla minaccia ibrida era prettamente militare e non politico.

A quell’equazione si è poi aggiunta la Bielorussia, attirata nella sfera di influenza moscovita dopo un periodo di relativa autonomia, con la crisi artificiale dei migranti mediorientali e la costruzione di barriere al confine.

Scommettere sulla caduta 

A ottobre di quest’anno, a Varsavia, ho avuto la conferma di quanto la Polonia scommetta sulla caduta del regime russo, avendo partecipato a colloqui con vari esponenti governativi, tra cui il segretario di Stato Jakub Kumoch, consigliere presidenziale per la sicurezza, il capo di gabinetto del presidente Duda Pawel Szrot, il segretario di stato Stanislaw Zaryn, coordinatore dei servizi, e il viceministro degli Esteri Marcin Przydacz.

Tutti hanno sottolineato l’imperativo di vincere la guerra in Ucraina per preservare l’equilibrio di sicurezza in Europa. Ad aprile avevo raccontato di quanto fosse forte la determinazione polacca nel dare una spallata definitiva al regime di Putin: in primavera non accontentarsi della pace poteva sembrare un azzardo, ora con la Russia in ritirata su tutti i fronti è un’ipotesi realistica.

Oggi suona emblematica la risposta che ottenni da Zbigniew Pisarski, presidente del Warsaw Security Forum, alla richiesta di commentare la situazione strategica: ne parliamo appena l’Ucraina avrà vinto la guerra.

Ma la minaccia posta dalla Russia alla Polonia non si limita a quella concreta dei missili caduti oltre confine. Da mesi il governo polacco, in particolare i servizi di controspionaggio e le unità di comunicazione strategica, sta analizzando le campagne di disinformazione che Mosca ha lanciato per indebolire la posizione di Varsavia.

Si tratta di un’azione asimmetrica per inquinare l’informazione con notizie false diffuse sui social, che riguardano casi di criminalità legati ai rifugiati, ucraini che ottengono assistenza ospedaliera o benefici economici al posto dei polacchi, episodi di arroganza e discriminazione, fino al tentativo di riaprire vecchie ferite con la storia degli insorti ucraini di Bandera, che nella Seconda guerra mondiale lottarono contro l’influenza polacca e si allearono con la Germania nazista per ottenere l’autonomia.

Questa strategia di propaganda è attentamente studiata con report periodici dall’Istituto nazionale di ricerca polacco (Nask), che monitora le notizie false pubblicate su Twitter e Facebook in Polonia, compresi documenti contraffatti dei governi ucraino e polacco, per scatenare animosità tra i due popoli. Fino ad ora con scarsi risultati.

Lo spettro dell’escalation nucleare, già agitato in occasione dell’attacco al ponte di Kerch da parte di chi consiglia di scendere a patti con la dittatura russa, è tornato ad aleggiare con l’incidente in Polonia.

Ma la realtà parla invece di un paese, la Russia, allo stremo delle forze militari ed economiche, mentre l’Ucraina, per quanto devastata, è sempre più decisa a vincere la guerra dopo i successi a nordest e nel sud.

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