Liz Truss ha assunto la guida del Regno Unito e c’è una promessa che sicuramente manterrà: non sarà la premier di tutti. Lo aveva preannunciato durante la contesa per la leadership conservatrice, «governerò da conservatrice». Sforbiciare tasse ai più ricchi era il simbolo di questa impronta di destra. Ma anche come destra, quella di Truss guarda a un circolo particolarmente oltranzista. Questo martedì, dopo aver ricevuto l’investitura dalla regina, la successora di Boris Johnson ha subito fatto intendere di volere un governo di fedelissimi. Oltre a non unire i britannici, verosimilmente non riuscirà a serrare i ranghi neppure del suo partito.

Il passaggio di consegne

Quando Truss arriva a Balmoral, in Scozia, per ricevere l’incarico da Elisabetta II – bloccata nella sua residenza estiva per ragioni di salute – il termometro del suo consenso politico è già freddo. Le rilevazioni di YouGov dicono che solo un britannico su tre si aspetta dalla nuova premier un governo buono, o anche solo passabile, e soprattutto che non basta vincere la competizione tra conservatori per restare avanti agli altri. Gli intervistati le preferirebbero un laburista – se dovessero votare adesso, vincerebbe l’opposizione – e tra gli stessi elettori conservatori c’è chi già rimpiange Boris Johnson. Lui in mattinata ha lasciato Downing Street con la sua tipica baldanza: ha sciorinato tutti i suoi «successi» veri o presunti, poi ha fatto i suoi giochi da illusionista sostenendo di voler fare «come Cincinnato che poi torna al suo aratro»; ha omesso di precisare, BoJo, che a un certo punto della storia Cincinnato abbandona l'aratro e torna a Roma da dittatore.

Clima di retroguardia

Arrivata a Downing Street, Truss ha fatto un «tributo a Johnson», citandone tre temi e tre «meriti» sui quali si pone in continuità: «Brexit, l’impegno per l’Ucraina, le vaccinazioni» e quindi la sanità. Ma la nuova premier ha anche dato la sua impronta distintiva: «Siamo una nazione fondata sulla libera impresa», e «alla crescita arriveremo coi tagli delle tasse». I piani della premier sono di retroguardia su tre fronti: uno è il ricorso alle vecchie ricette di thatcheriana memoria, l’altro è la scelta della squadra e il terzo è il modo di affrontare la crisi climatica. Truss non ricuce con le altre fazioni del partito, a cominciare dallo sfidante (e perdente) Rishi Sunak, ma al contempo recupera gli esponenti più oltranzisti e destrorsi del partito. Il caso esemplare è quello di Jacob Rees-Mogg. Il suo nome evoca lo European research group, la fronda più euroscettica del partito conservatore, nata nel 1993 contro l’integrazione europea: questo influente gruppo di pressione ha voluto il referendum sull’uscita dall’Ue e poi – con esponenti come Rees-Mogg – ha lottato per una Brexit senza compromessi. Questo martedì il nome di Rees-Mogg è circolato per le deleghe di energia e clima nel governo Truss. E pensare che proprio lui aveva sostenuto che fosse «l’allarmismo climatico» ad aver fatto impennare i prezzi dell’energia; del resto Truss stessa è nota per aver attaccato «i pannelli solari che disturbano la visuale».

Gas, elezioni e opposizioni

«La mia priorità è anche la crisi energetica», ha detto nel suo primo discorso da premier Liz Truss. Questa settimana i programmi tv come This Morning hanno offerto tra i premi in palio ai telespettatori “energy bills”, bollette pagate; il che ha fatto scandalo ma mostra qual è il grande nodo da affrontare per la nuova premier, che si insedia a ridosso della finestra elettorale del 2024. Il piano che è circolato in questo inizio di settimana consiste in un tetto ai costi delle bollette la cui differenza viene coperta dallo stato ma – come spiega l’editorialista Sean O'Grady – l’operazione «funziona come una sorta di mutuo per il gas e l’elettricità che non riusciamo a pagare oggi, ma che dovremo comunque pagare, con un debito spalmato nel corso di anni se non decenni». In tutto questo gli extraprofitti delle società energetiche restano intonsi, e nel breve termine Truss alimenta il consenso in vista di un voto nel 2024. Il modo in cui la premier gestirà la crisi in corso sarà il principale fronte di scontro politico, non solo coi laburisti ma anche coi nazionalisti scozzesi. Dopo che Truss è andata a dire che la prima ministra scozzese Nicola Sturgeon, e la causa indipendentista, vanno «ignorate», Sturgeon è passata al contrattacco pretendendo «azioni immediate» in quella che lei chiama «una crisi umanitaria». È lei, ancor più del laburista Keir Starmer, la vera nemesi della premier britannica: se Liz Truss è ammiratrice e emulatrice di Margaret Thatcher, Sturgeon ha il percorso politico inverso. «Da adolescente ho visto gli effetti delle politiche di Thatcher, il che ha sollecitato il mio senso di giustizia sociale», ha raccontato in passato Sturgeon. La vena indipendentista si origina proprio da lì, da «quanto fosse ingiusto per la Scozia farsi governare dai conservatori».

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