- Al colpo di stato militare del 1 febbraio, architettato dalle forze armate per porre un freno all’inarrestabile strapotere politico della Lega Nazionale per la Democrazia (NLD), ha fatto seguito una densa spirale di violenza, culminata nell’uccisione di almeno tre giovani manifestanti e il ferimento di moltissimi altri.
- Se nel 1988 i manifestanti chiedevano la trasformazione del regime politico e l’adozione della democrazia, allo stato attuale ciò a cui si anela è la piena osservanza del risultato elettorale.
- L’imperativo è quello di prendere le parti, tanto moralmente quanto materialmente, del governo democraticamente eletto e dei movimenti di disobbedienza civile.
La Birmania sta vivendo un periodo di enorme difficoltà: al colpo di stato militare del 1 febbraio, architettato dalle forze armate per porre un freno all’inarrestabile strapotere politico della Lega nazionale per la democrazia (Nld) – guidata dall’icona democratica Aung San Suu Kyi – ha fatto seguito una densa spirale di violenza, culminata nell’uccisione di almeno tre giovani manifestanti e il ferimento di moltissimi altri. Il parallelismo Ciò che spicca leggendo le analisi prodotte da



