L’offensiva russa di primavera è sostanzialmente fallita. L’esercito di Mosca ha applicato la classica dottrina militare che prevede la suddivisione delle forze di solito in tre gruppi o scaglioni. Il primo è incaricato di saggiare il terreno del proprio settore del fronte, sia esso Vuhledar, Kupiansk o Avdiivka, in cerca di un punto debole su cui concentrare il volume di fuoco e far avanzare il secondo scaglione, che tenta di aprire un varco e sfondare la linea nemica.

Il terzo gruppo delle forze viene mantenuto in riserva e può andare ad alimentare il precedente se subisce troppe perdite nel tentativo di sfondamento, ma può anche intervenire contro eventuali contrattacchi dei difensori. Nella migliore delle ipotesi però dovrebbe essere impiegato per sfruttare il successo dello sfondamento per perseguire il cosiddetto obiettivo ulteriore (nel caso di Bakhmut, ad esempio, lo snodo logistico di Kostiantynivka o addirittura la città di Kramatorsk), per penetrare in profondità e spaccare il fronte avversario.

La dottrina, tuttavia, si distanzia molto dalla realtà di quanto avvenuto negli ultimi mesi. L’esercito russo ha messo da parte i Gruppi tattici di battaglione per emulare le tattiche di Wagner, con ondate di mobilitati lanciate all’assalto delle linee ucraine nel vano tentativo di conquistarle.

Si stima che dei circa cinquantamila prigionieri reclutati dal gruppo mercenario di Evgeny Prigozhin, quasi quarantamila siano fuori combattimento. Normalmente le perdite di chi attacca posizioni fortificate o trincerate si attestano ad almeno 4 a 1, ma nel caso di Bakhmut sono arrivate forse a 9 a 1.

È vero che la cittadina del Donbass è ormai in buona parte occupata dai russi, ma si tratta di un cumulo di macerie in cui gli ucraini sono stati in grado di tenere inchiodati gli aggressori per mesi, in un’estenuante guerriglia urbana.

La battaglia di Bakhmut

A febbraio sembrava che l’accerchiamento fosse ormai inevitabile e in molti, compreso il sottoscritto, ritenevano probabile un ripiegamento su Časiv Jar per evitare l’accerchiamento. La scommessa rischiosa del generale ucraino Oleksandr Syrskyi, abbracciata dal presidente Volodymyr Zelensky, è stata invece quella di tenere la “città-fortezza”, che ha ispirato anche una canzone, e arginare i salienti offensivi laterali fino al collasso logistico e operativo delle forze russe in quel settore del fronte. Non è avvenuto un crollo netto perché è intervenuto l’esercito a sostituire gli uomini di Wagner con paracadutisti e altre unità, ma le truppe russe sono esauste, demoralizzate e difficilmente capaci di un’offensiva su larga scala.

Alcuni si aspettano adesso una mossa da Kiev, con una controffensiva simile a quella che nel 2022 portò alla liberazione di intere regioni negli oblast di Kharkiv e Kherson. Per un’operazione del genere è inevitabile parlare di due elementi imprescindibili: uomini e mezzi.

È noto che per entrambe le parti non sia facile reperire nuove reclute e sostituire le perdite sul campo. Una seconda mobilitazione russa rischia di esacerbare sentimenti negativi nella popolazione, sia che vada a colpire le minoranze etniche della federazione sia che inizi a intaccare la borghesia delle grandi città, per adesso solo sfiorata dalla chiamata alle armi.

Uno spot appena lanciato dalla Difesa russa invita i cittadini a firmare volontariamente un contratto, con lo slogan «sii un uomo», che rispecchia la cultura machista e militarista in cui è precipitata la società russa. Per quanto concerne la mobilitazione, è fuorviante considerare i reclutati come pronti al combattimento. Affinché un mobilitato possa considerarsi un soldato deve essere addestrato, equipaggiato, motivato, inquadrato e comandato da ufficiali capaci. Passaggi ormai non scontati in un apparato militare devastato da un anno di conflitto. Quindi i numeri sulla carta non corrispondono alla forza di manovra effettiva di cui dispone Mosca.

L’esercito russo

Buona parte dell’esercito russo professionale è stato quasi spazzato via nel 2022 dal fallimento della prima offensiva. Sembra che il Cremlino fatichi a sostenere logisticamente e operativamente più di 300mila uomini in teatro operativo. Per questo, nonostante la superiorità numerica virtuale, non si è venuta mai a creare una situazione concreta, ad esempio di 5 a 1, rispetto agli ucraini.

Tornando alla possibile controffensiva ucraina, per quanto concerne le truppe a disposizione, lo stato maggiore di Kiev ha messo da parte una serie di brigate e ne ha create di nuove, tra cui almeno otto brigate meccanizzate e due d’assalto, equipaggiate con i numerosissimi mezzi blindati e corazzati donati dai paesi Nato negli ultimi mesi.

Queste formazioni hanno ricevuto addestramento all’estero, in particolare in Regno Unito, Polonia e Scandinavia, mentre ora si stanno organizzando nella regione occidentale di Leopoli in vista di future manovre.

Inoltre, anche la guardia nazionale ha formato sette nuove brigate, tra cui la brigata d’assalto Azov (ex reggimento). A questo proposito, è utile precisare che il movimento nazionalista Azov ha subito una frammentazione interna, con una parte dei suoi veterani che si sono arruolati nella 3a brigata d’assalto dell’esercito ucraino, mentre i restanti hanno trasformato il reggimento nella sopracitata brigata della guardia nazionale.

L’Ucraina ha volutamente mantenuto al fronte le brigate storiche che reggevano la linea del Donbass per non sprecare forze fresche. Questi uomini sono ormai esausti e molte delle loro unità schierano forse il 40 per cento degli effettivi iniziali. Ogni tre mesi avviene la rotazione fra i battaglioni di una brigata, con uno che difende la prima linea e gli altri tenuti nelle retrovie. Anche all’interno dei battaglioni avviene una rotazione tra compagnie ogni una o due settimane, per concedere qualche giorno di pausa dagli estenuanti bombardamenti dell’artiglieria russa.

Tuttavia, alcuni dei mezzi più moderni ceduti dall’occidente, come i carri armati Leopard 2 e il Challenger 2, sono stati assegnati proprio a queste brigate veterane, mentre a quelle in preparazione è stato dato per il momento equipaggiamento sovietico come i carri T-72. Questa situazione potrebbe cambiare con l’arrivo di nuovi mezzi pesanti.

Al momento dovrebbero essere già sul terreno circa 70 Leopard 2, una quindicina di Challenger 2, sessanta carri armati polacchi Pt-91 e 120 carri T-72 donati da altri paesi. A questi si devono aggiungere tra i 100 e i 230 carri Leopard 1 promessi da Germania, Olanda e Danimarca, che però arriveranno nella migliore delle ipotesi a fine anno, quindi non in tempo per un’eventuale offensiva di primavera o estate.

Più mezzi

Va però considerato che veicoli come il Leopard 2 richiedono un addestramento specifico per un uso corretto (si è già verificato un incidente in addestramento con danni seri a un carro), mentre i Leopard 1 hanno una corazzatura più leggera che li rende vulnerabili ai razzi controcarro russi e vanno usati da posizioni mimetizzate.

Con questi mezzi, comunque, Kiev può formare nuove brigate corazzate e meccanizzate, ma per rompere le difese fortificate costruite dai russi attorno alla Crimea e nel Donbass servono anche altri mezzi. Gli occupanti hanno organizzato campi minati seguiti da ostacoli di cemento e fossati, per i quali servono veicoli per lo sminamento e i Dachs tedeschi o gli equivalenti norvegesi usati dai genieri per riempire i fossati da cui far passare i mezzi successivi o aiutare nella costruzione di un ponte mobile. Ma gli ucraini hanno anche catturato ai russi centinaia di veicoli speciali tra cui almeno tre Bat-2 che svolgono compiti analoghi.

Kiev vorrebbe anche più caccia per rimpiazzare quelli abbattuti nel 2022 e alcuni paesi hanno iniziato a inviarne, come i 13 MiG-29 ceduti dalla Slovacchia e altri dalla Polonia. La copertura aerea può rivelarsi decisiva in una controffensiva. Nella dottrina Nato la velocità operativa è infatti garantita dalla superiorità aerea e dal concetto di shock and awe, anche noto come rapid dominance, che è stata messa in pratica in Libia e Iraq negli scorsi decenni.

Come hanno evidenziato anche i documenti di intelligence pubblicati su Discord dal giovane Jack Teixeira, addetto del Pentagono, l’Ucraina sta soffrendo una carenza di munizioni, sia per l’antiaerea che per i lanciamissili Himars, che si sono dimostrati decisivi nel colpire i depositi russi prima delle controffensive.

Se tutte queste condizioni saranno soddisfatte, le forze ucraine saranno in grado di lanciare un attacco decisivo a fine primavera o in estate. Gli obiettivi strategici primari dovrebbero comprendere la liberazione della zona sud fino alla Crimea, puntando a Melitopol e a Mariupol per spaccare in due la linea logistica russa.

Se questa offensiva dovesse fallire, l’Ucraina potrebbe trovarsi senza sufficienti risorse per proseguire nella guerra e si andrebbe a creare una situazione di stallo. Su questo scenario pesano anche fattori strategici esterni, come le elezioni di maggio in Turchia che potrebbero cambiare l’atteggiamento di Ankara se il leader dell’opposizione Kemal Kılıçdaroğlu batterà il presidente Erdogan, che mantiene il veto sull’ingresso della Svezia nella Nato.

Con l’approssimarsi del 2024 potrebbero pesare anche le elezioni americane dell’anno prossimo, nelle quali il partito repubblicano è diviso sul sostegno a Kiev. L’occidente ha giurato di aiutare l’Ucraina a difendersi «per tutto il tempo che sarà necessario», ma le condizioni politiche potrebbero mettere a rischio questa promessa.

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