All’apertura di uno dei consigli europei più complessi degli ultimi anni, il premier olandese, Mark Rutte, ha detto: “La possibilità di trovare un accordo è più bassa del 50 per cento”.

Il vertice in corso è delicato: i leader Ue trattano sul bilancio 2021-2027 da quasi 1.100 miliardi di euro e sul Recovery Fund da 750 miliardi di euro. I nodi di scontro, dalla politica agricola alla portata del budget, sono talmente tanti che il summit potrebbe durare giorni o essere sospeso e rinviato. Il conflitto sullo sfondo è l’idea di Europa dei singoli paesi.

L’uscita di Londra dall’Europa, nel momento in cui per la prima volta l’Olanda ha bisogno di una Ue geopolitica, cambia tutti gli equilibri. Significa perdere un alleato che contrastava l’integrazione politica e di bilancio europea e che spingeva per la liberalizzazione del mercato unico.

Rutte avrebbe potuto rispondere meno nettamente, con il linguaggio sfuggente della politica o sviando la questione, e invece ha usato la chiarezza dei numeri. Ma se c’è un tratto distintivo del leader olandese, da dieci anni alla guida dei Paesi Bassi, è proprio questo: sotto il suo governo, la strategia dell’Olanda è stata a suo modo scientifica e coerente.

A capo della coalizione dei quattro frugali (l’alleanza fondata con Austria, Svezia e Danimarca) che si è opposta in questi mesi all’idea di un fondo che includa trasferimenti di risorse, che rifiuta gli aumenti del bilancio e la revisione degli sconti al centro delle trattative, il governo olandese con la Brexit si è trovato con un alleato in meno a Bruxelles.

L’arrivo di Emmanuel Macron all’Eliseo ha riavvicinato Germania e Francia, rendendo più forte l’asse franco-tedesco. “Con le richieste di Macron e la volontà di Merkel, l’unione politica ed economica europea, quella che l’Olanda non ha mai voluto, si sta avvicinando”, spiegava Adriaan Schout, membro del consiglio di esperti diplomatici del governo olandese. Per questo l’esecutivo de L’Aia ha deciso di imprimere una svolta diplomatica alla sua azione europea.

Dopo la Brexit infatti il “consiglio consultivo per gli affari internazionali” in cui siede anche Schout aveva suggerito di usare la strategia delle coalizioni per cercare di fare valere i propri interessi in Europa. E su richiesta di tre parlamentari il consiglio ha elaborato un corposo documento per indirizzare le politiche Ue.

L’idea di base è semplice: “Per esercitare influenza, i Paesi Bassi dovranno forgiare attivamente coalizioni. Innanzitutto perché il numero di stati membri dell’Ue è aumentato, rendendo necessario negoziare più potenziali partner, ciascuno con meno potere di voto”, si legge nella relazione.

Il rapporto spiega il modo in cui l’Olanda vede il progetto europeo senza il Regno Unito e nell’era di Donald Trump: “Questo disastroso scenario transatlantico sta certamente costringendo i Paesi Bassi a riorientarsi in Europa. Ci siamo sempre sentiti a nostro agio con l'integrazione economica del mercato e successivamente della moneta, sulla base del progetto interno di garantire la pace in Europa”. D’altra parte, “siamo sempre stati titubanti nel dare alle strutture politiche europee qualsiasi forma di compito o sostanza geopolitica, internazionale, dato che - diversamente dalla Francia, per esempio - abbiamo sempre fatto affidamento esclusivamente sull'America per la nostra sicurezza. È stato proprio in questa ‘divisione del lavoro’ che i Paesi Bassi hanno trovato il Regno Unito dalla nostra parte nell’Ue”.

Tutto il documento dei consiglieri di Rutte è percorso dalla preoccupazione che la relazione tra Francia e Germania possa diventare sempre più influente, che il quadro geopolitico possa influenzare quello dell’integrazione monetaria, che la linea rigorista della Germania possa indebolirsi, ma anche che gli stati più grandi possano ottenere maggiore protezionismo a favore delle loro industrie nazionali. “Dopo l’uscita della Gran Bretagna, Francia e Germania rappresenteranno il 33,2% della popolazione europea e insieme costituiranno una minoranza di blocco - Francia, Italia e Spagna insieme rappresenteranno il 39,24% della popolazione europea e potranno facilmente formare una minoranza di blocco”.

Nelle trattative sul bilancio pluriennale trovare un compromesso accettabile per tutti è ancora più complesso. Brexit significa un buco di bilancio da 12 miliardi da riempire e non avere più lo scudo di Londra sulla questione dei rebates, che per l’Olanda vale 1,5 miliardi. “Ora che lo sconto britannico - la ‘madre di tutte le riduzioni’ - sta per finire, la Commissione desidera infine eliminare gradualmente gli sconti”. Questo è uno degli elementi che potrebbero influenzare le trattative in corso. Infine, Brexit significa perdere anche il paese che aveva l’approccio “negativo” al mercato europeo e che si opponeva alla creazione di una tassazione Ue.

L’Olanda, ricorda il rapporto, è contraria alla creazione di imposte europee. In più, boccia seccamente anche la creazione di nuovi strumenti finanziari, basati su prestiti o garanzie o sull’intervento della Banca europea degli investimenti.

Sono tutti progetti tornati d’attualità in questi mesi e che potrebbero essere la base di quel nuovo bilancio europeo che Macron desidera da quando è diventato presidente, e che potrebbe rappresentare un passo avanti nel percorso di integrazione dell’Unione. Il documento li liquida in poche parole: sono “qualcosa che l’Olanda non sostiene”.

Le priorità de L’Aia, quelle in cui vuole guidare il dibattito in Europa, sono indicate altrettanto chiaramente: innovazione digitale, sviluppo sostenibile, difesa dello stato di diritto e qualità della spesa dei fondi europei. “I Paesi Bassi vogliono che i fondi assegnati dal bilancio dell’Ue siano collegati a riforme e responsabilità” e l’Olanda quindi dovrà trovare alleati, come Danimarca e Svezia, perché non sarà in grado di “evitare la discussione politica richiesta altri stati membri su stabilizzazione, solidarietà e condivisione dei rischi comuni”.

Il rapporto suggerisce che i Paesi Bassi dovrebbero presentarsi come un “ammodernatore prudente” in Europa e che dovranno usare una “stima realistica delle relazioni all'interno dell’Ue e potere persuasivo”.

In realtà la rigidità mostrata dall’esecutivo di fronte alla crisi provocata dalla pandemia ha intaccato l’immagine internazionale del paese al punto che il ministro delle Finanze, Wokpe Hoekstra, ha detto all’emittente Rtl Z di aver “mostrato troppa poca empatia”. Ed è cambiato anche il contesto.

Come temeva l’Olanda, la Germania ha ammorbidito le sue posizioni, assumendo finalmente la leadership europea, e lo ha fatto nella consapevolezza che le catene di produzione e le dinamiche del consumo sono integrate. E anche i paesi del sud hanno iniziato a sottolineare nella loro comunicazione il tasto dell’interesse, più che quello della solidarietà, convinti che l’argomento possa funzionare.

Stando ai dati del governo olandese, il mercato Ue assorbe il 71 per cento dell’export per un controvalore di 496 miliardi di euro. Ma i Paesi Bassi hanno un’altra visione dell’Europa.

Sullo sfondo di un consiglio come quello odierno le linee rosse diventano più difficilmente superabili. “La linea rossa dell’Italia è una risposta adeguata” ha detto il primo ministro italiano, Giuseppe Conte. Quella dell’Olanda era già scritta nel documento di due anni fa: “La necessità di una spesa migliore darà origine a diverse linee rosse nelle trattative in arrivo”.

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