La pandemia ha segnato New York in maniera indelebile. Ma il prossimo sindaco potrebbe cambiare la città in modo ancora più radicale. L’imprenditore Andrew Yang pensa in grande. Vuole trasformare una delle metropoli con il costo della vita più alto al mondo in una capitale “anti-povertà”, dando un salario minimo ad almeno mezzo milione di persone con scarse possibilità economiche, creando una rete di banche pubbliche chiamata People’s Bank e riconvertendo hotel in abitazioni a basso costo.

Vuole anche trasformare New York in un polo per le criptovalute, aprire un casinò su Governors Island, riformare il corpo di polizia per garantire un maggiore controllo sulla condotta degli agenti, anticipare la conversione di tutti i mezzi pubblici in veicoli elettrici, ed assumere 10mila neolaureati per aiutare 100mila bambini a rimettersi in carreggiata dopo un traumatico anno scolastico.

In vista delle primarie del Partito democratico che si terranno il 22 giugno, Yang è in vantaggio sui suoi avversari in quasi tutti i sondaggi, cosa che, in una città a grande predominanza democratica, lo rende il candidato favorito in assoluto. Tuttavia c’è chi teme che sia un “empty vessel”, un contenitore vuoto, e che le sue idee funzionino meglio nella teoria che nella pratica. 

Un outsider

Nato 46 anni fa a Schenectady, 250 chilometri a nord di New York, da genitori taiwanesi, Yang non ha mai assunto una carica politica, né ha fatto esperienza della macchina burocratica di una metropoli. Non ha mai neppure votato per eleggere il sindaco di New York. Il suo unico trascorso politico è un azzardo da outsider che ha lo ha reso celebre.

Yang era infatti tra i candidati alle primarie democratiche nelle ultime elezioni presidenziali, tra quelli che si buttano nella campagna cercando di farsi strada nella folla consapevoli di avere poche speranze. Molti di loro cadono nel dimenticatoio. Non Yang.

Parlando di un’idea infattibile – un salario minimo di 1.000 dollari al mese per tutti gli americani – e giustificandola con un imminente tsunami nel mondo del lavoro causato dalla robotizzazione, Yang è rimasto impresso nella mente degli americani e ha conquistato una base di sostenitori, la cosiddetta “Yang Gang”.

La sua corsa si è conclusa nel febbraio del 2020, dopo le primarie del New Hampshire. Ma ora che il traguardo si è spostato dalla Casa Bianca a Gracie Mansion, la storica residenza dei sindaci di New York, la sua vittoria è decisamente più plausibile. 

La sua proposta di un salario minimo universale – un’idea semplice e diretta – ha cambiato scala ma non nome. Ora il programma punta ad aiutare 500mila newyorkesi con un contributo medio di 2.000 dollari annui, per un massimo di 5.000 dollari.

Un tipo di iniziativa che in questo momento storico altri avrebbero forse definito come un sostegno per la ripresa, ma che Yang ha difeso al di là della pandemia. In origine pensava ai lavoratori soppiantati dall’automazione, agli americani le cui economie vengono sopraffatte dall’avanzamento della tecnologia nel campo della produzione.

Durante la campagna per le presidenziali, tra i suoi fan più entusiasti comparivano anche alcuni blue collar, operai che in precedenza avevano visto in Donald Trump un leader in grado di proteggere il loro lavoro.

In un video pubblicato su Twitter nel settembre 2019, il giornalista di Cnn Jon Sarlin intervistava un uomo del North Carolina che, deluso da Trump, aveva deciso di votare Yang proprio per i suoi discorsi sull’automazione.

Invece di indossare un cappellino MAGA (Make America Great Again), aveva un berretto con la scritta MATH, ovvero Make America Think Harder, fai che l’America pensi di più, uno degli slogan della campagna di Yang. 

Ossessione imprenditoriale

La visione di Yang si discosta in modo netto da quella pateticamente nostalgica di Trump. Lungi dal promettere di rivitalizzare l’attività delle miniere di carbone, Yang è ossessionato dall’imprenditorialità. La sua idea per gli Stati Uniti – e adesso per New York – è di mettere tutti in condizione di potersi attivare per far girare l’economia valorizzando le proprie risorse con ingegno, in un sistema che Yang ha definito “human centered capitalism”, capitalismo umano.

Per questo non parla solo all’elettorato di sinistra vicino a Bernie Sanders, ma anche a quello affine all’approccio liberale – a tratti quasi libertario – di Silicon Valley. Soprattutto parla a una New York che sta facendo i conti con una delle più grandi crisi della sua storia e che per proiettarsi nel futuro ha bisogno di pensare in grande. E di specchiarsi negli occhi di un leader politico che stravede per lei.

Uno dei tratti più evidenti di Yang è il suo smisurato entusiasmo per New York. Sul suo feed di Twitter i messaggi più strettamente politici sono intervallati da immagini di panini, tacos e altre delizie servite dai piccoli ristoranti di quartiere di cui si rende promotore, mentre i giornalisti americani che lo stanno seguendo nella campagna elettorale hanno notato come non risparmi complimenti a nessuno.

«You look so cool», sei davvero figo, è una delle esclamazioni che rivolge continuamente a passanti e potenziali elettori, con riferimenti specifici a scarpe, magliette e a tutto ciò che li rende emblemi dello stile newyorkese. 

Yang è infatti cresciuto con il mito di New York, da outsider anche in questo caso. Fino al 1996, anno in cui si è trasferito nella metropoli, ha vissuto con la sua famiglia in diverse cittadine di Upstate New York, la zona a nord della città.

Suo padre, arrivato negli Stati Uniti da Taiwan per studiare fisica a Berkeley, in California, ha lavorato per Ibm, mentre sua madre, laureata in statistica nella stessa università, è adesso un’artista. Il fratello maggiore Lawrence è ora professore di psicologia alla New York University.

Insieme alla sua famiglia, Yang incarna la possibilità per gli immigrati di prima e seconda generazione di farsi strada negli Stati Uniti, con determinazione e abilità. Come racconta il Washington Post, a partire dai 12 anni ha frequentato una scuola estiva della Johns Hopkins University per giovani studenti con particolare talento.

I risultati dei test a cui si è sottoposto in quei cinque anni gli avrebbero garantito l'ingresso nei migliori college quando ancora era un ragazzino. E infatti non ha poi avuto difficoltà a farsi ammettere in due università della Ivy League, prima alla Brown University e poi a Columbia University.

Appena laureato, a 24 anni, Yang è stato assunto in un importante studio legale, Davis Polk & Wardwell, con un salario annuo di circa 150mila dollari. È durato cinque mesi. Nonostante avesse più di 100mila dollari di debiti per l’università ancora da pagare, ha deciso di lasciare un posto di lavoro sicuro e ben pagato per dedicarsi a una sua impresa.

Insieme ad un collega ha fondato una start-up, Stargiving, che aveva l’obiettivo di aiutare personaggi famosi a raccogliere fondi per organizzazioni di beneficenza. La start-up è poi fallita, e Yang è passato a lavorare per una società di tutoraggio online per studenti di cui è diventato poi amministratore delegato.

Ma l’attività che lo ha avvicinato al mondo della politica e più in generale a quello che detiene il potere economico del paese, è quella con l’organizzazione non-profit da lui fondata, Venture for America.

Obiettivo della fondazione era di favorire l’assunzione di promettenti neolaureati nel campo della tecnologia in start-up con sedi in città che stavano cercando di reinventare la propria economia, come Detroit e Cleveland.

Grazie a questo suo impegno Yang ha creato una solida rete di contatti tra Wall Street e Silicon Valley, ed è anche stato nominato dall’allora presidente Barack Obama “Champion for Change”.

L’attività di Venture for America non ha avuto poi tutto il successo sperato, ma Yang ha continuato a lavorare nel campo del non profit con un'altra fondazione, Humanity Forward, con la quale ha recentemente sperimentato l'idea di concedere somme di denaro a fondo perduto a coloro che si trovano in difficoltà economiche. Il programma, lanciato la scorsa estate, si rivolgeva a mille residenti del Bronx, una zona di New York abitata in prevalenza da neri e ispanici. 

Il sindaco di tutti

Yang si propone infatti come il sindaco di tutti, attento alle minoranze più svantaggiate. In particolare il recente aumento di episodi di violenza contro americani di origine asiatica gli hanno offerto l’occasione per sottolineare la sua appartenenza ad una minoranza discriminata che merita più voce ed attenzione.

Tuttavia i suoi critici notano come nei suoi discorsi sia più volte caduto negli stereotipi razziali che dovrebbe proporsi di superare, come quando – nel corso di un dibattito – ha detto di essere «un asiatico che ama la matematica» o come quando ha incoraggiato gli asiatici a mostrare la loro «americanità».

Ha da poco perso anche il sostegno di un'importante organizzazione Lgbt di New York perché in un incontro online ha parlato della sua frequentazione di locali gay piuttosto che dei gravi problemi che la comunità deve affrontare, come il crescente numero di disoccupati e senzatetto. E questa non è la sola superficialità su cui è stato puntato il dito.

L’idea delle criptovalute per esempio. Yang non ha spiegato come concilia l’idea di trasformare New York nella capitale dei bitcoin con il suo piano per il risparmio energetico e l’ambiente, considerando che la produzione di criptovalute richiede un notevole dispendio di energia.

Il New York Times ha inoltre rivelato come nonostante Yang si presenti estraneo e incorrotto dal mondo della politica, sia fortemente appoggiato da un ricco imprenditore e lobbista nel campo della tecnologia, Bradley Tusk, che invece ha diverse esperienze nei palazzi del potere tra cui quella di consigliere dell'ex sindaco di New York Michael Bloomberg.

È Tusk, intervistato da un giornalista del Times, ad aver chiamato Yang “empty vessel”, usandolo però in senso positivo, riferendosi al fatto che si candida libero da pesanti fardelli e legami politici.

Il giornalista ha colto la palla al balzo per chiedersi se quel termine descriva piuttosto un candidato senza sostanza, che non sa cosa sta promettendo. Il suo piano più ambizioso –  quello di trasformare New York in un esperimento per il salario minimo universale da portare poi eventualmente a livello federale – può infatti risultare culturalmente scioccante e per ovvie ragioni di budget cittadino difficilmente realizzabile.

Al momento, per sostenere un sedicesimo della popolazione con poche migliaia di dollari l’anno, Yang ha preventivato l’uso di un miliardo di dollari sui circa 88 disponibili. 

A sei settimane dal voto, la gara per le primarie è ancora aperta, con candidati come il presidente del borough di Brooklyn ed ex poliziotto Eric Adams e l’avvocatessa ed ex consigliera del sindaco uscente Bill de Blasio, Maya Wiley, che mantengono una forte base di sostenitori in determinate fette di elettorato.

Wiley in particolare potrebbe diventare la prima donna a guidare la città di New York. Tuttavia, con il suo contagioso ottimismo, Yang continua ad essere il candidato più popolare e citato dai media. D'altronde, lo ricorda anche un detto, “empty vessels make the most noise”, i contenitori vuoti sono quelli che fanno più rumore.

© Riproduzione riservata