Maduro sfida Trump: «Non me ne vado, il Cremlino è con me»

Nicolas Maduro alza la testa. Anzi, la voce. Lo fa sulla rete della televisione nazionale: dichiara che due aerei legati al traffico di droga sono stati abbattuti in Apure, al confine con la Colombia, dalle sue forze armate. Il suo paese, assicura, vuole solo la paz. La pace. Poi aggiunge: Mosca per noi c’è, siamo in aggiornamento costante. Quando lo dice, vuole farsi sentire anche (soprattutto) dal presidente americano Donald Trump. Il leader venezuelano – che ha ripetutamente accusato gli americani di volerlo defenestrare con il pretesto del traffico di droga, per promuovere “il cambio di regime” a Caracas e per appropriarsi delle risorse petrolifere nazionali – «ha i giorni contati»: così aveva detto Trump due giorni fa durante un’intervista concessa a 60 Minutes, sulla Cbs. E mentre la tensione aumenta, nella crisi dei Caraibi ieri è intervenuta anche Kaja Kallas, l’Alta rappresentante Ue, con un altolà agli statunitensi: «Noi rispettiamo il diritto internazionale. E il diritto internazionale prevede solo due ragioni per usare la forza contro un altro paese. Una è l’autodifesa e l’altra è la risoluzione del Consiglio di Sicurezza». Putin manda artiglieria e missili all’amico Maduro Giacca turchese In giacca turchese e camicia bianca, ieri, il presidente venezuelano camminava disinvolto guardando a tratti la telecamera del programma Con Maduro +, che non ha smesso nemmeno un attimo di riprenderlo, e a tratti il suo intervistatore, a cui ha spiegato che, da gennaio ad oggi, le autorità venezuelane hanno sequestrato 63 tonnellate di droga che transitavano lungo le rotte tracciate nel paese dai narcos colombiani. Tanti complimenti all’omologo di Bogotà per la lotta ai flussi criminali, invece accuse all’omologo in Ecuador che li facilita. Nell’operazione di ripulitura di Maduro rientra anche l’abbattimento degli ultimi due piccoli aerei, privi di transponder e in volo a bassa quota, che sono stati intercettati e neutralizzati per aver violato lo spazio aereo del paese la settimana scorsa, proprio «mentre gli Stati Uniti spostavano i loro aerei nella regione». Nel suo esercito, ha spiegato poi, c’è «una grandissima quantità di cadetti e ufficiali che si è formato in Russia», mentre moltissimi ufficiali russi frequentano il suo paese. Quella con Mosca è una «cooperación pacifica, serena y muy provechosa», una cooperazione tranquilla, serena e molto proficua e, ha dichiarato tirando dritto, senza retorica, che è una cooperazione che va avanti da anni: però solo adesso, per la congiuntura geopolitica (per l’assedio militare statunitense al largo dei Caraibi), tutto questo «è diventato una notizia». Caracas e Mosca hanno «una comunicazione quotidiana e permanente» su molti temi in corso e un rapporto «esemplare», ha ribadito rincarando la dose e gli omaggi: la Federazione è «una potenza mondiale, in grado di stabilire relazioni di uguaglianza», «i russi, con il presidente Putin in testa, hanno costruito un modello di rispetto del diritto internazionale e di cooperazione per lo sviluppo reciproco». Non esiste alcun pericolo: «Non hanno ambizioni imperialistiche», assicura Maduro. Portaerei ed esercitazioni: gli Usa si tengono pronti a colpire il Venezuela Gli amici di Mosca Il potere del venezuelano, picconato dall’assedio marino Usa (numerose le navi da guerra americane giunte nel Mar dei Caraibi), è certamente in sofferenza. L’argine che ad anello lo tiene in piedi, insieme al suo governo, è in parte anche russo, ma l’aiuto di Mosca non è così potente da raddrizzare l’obliquità del piano su cui sembra trovarsi il leader di Caracas. Comunque, alla tv nazionale ha detto il vero: le relazioni russo-venezuelane non sono nate oggi e neppure a maggio scorso, quando Maduro ha firmato l’accordo di partenariato con Putin durante la sua visita a Mosca. Il corteggiamento del Cremlino verso i sudamericani risale agli anni di Chavez: fu con lui che Putin siglò nel 2010 un’alleanza energetico-militare durante una visita a Caracas. Adesso, in difesa del presidente venezuelano assediato, da Mosca è partito non solo l’intervento del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ma anche quello della portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, che ha ribadito «fermo sostegno alla leadership venezuelana nella difesa della sua sovranità nazionale». Ha anche condannato «fermamente l’uso eccessivo della forza militare nelle operazioni antidroga», azioni che «violano sia la legislazione nazionale statunitense, sia le norme del diritto internazionale». Con aerei da combattimento, navi da guerra, la portaerei Ford e migliaia di soldati, gli Stati Uniti dalle coste caraibiche continuano a rimanere saldi tra le onde venezuelane, per spiare il potere del bolivariano, che al momento vacilla, però non si sgretola. Lo fanno al momento solo le cifre dell’export di petrolio, calato del 26 per cento rispetto a settembre. A riferirlo è stata la Pdvsa, la compagnia energetica statale di Caracas: l’80 per cento del greggio è stato spedito verso la Cina, l’altro gigante geopolitico a cui Maduro ha chiesto aiuto.