Il missile nucleare di Kim Jong-un “parla” a Donald Trump

Shanghai – Kim Jong-un ha accolto l’arrivo di Donald Trump in Corea del Sud con un lancio di missili da crociera Bulhwasal (Freccia infuocata), capaci di trasportare testate atomiche. I razzi – ha riferito l’agenzia sudcoreana Yonhap – hanno volato per oltre due ore prima di colpire un bersaglio al suolo in Corea del Nord. L’esercitazione è stata calibrata per mandare un messaggio agli Stati Uniti, che a Sud del 38° parallelo hanno 28mila militari. Da un lato, l’assenza di Kim dal luogo delle operazioni – sostituito da Pak Jong-chon, vicepresidente della Commissione militare centrale – e l’impiego di un vettore non proibito a Pyongyang dall’Onu (non intercontinentale), che avrebbe irritato sia Washington che Pechino, hanno evitato di farla apparire come una provocazione. Tanto che il tycoon (che oggi a Busan incontra Xi Jinping) ha potuto minimizzare l’episodio ricordando che «Kim spara missili da decenni». Tokyo s’inchina a Trump. La strategia anticinese su terre rare e riarmo Vettori ipersonici & co Tuttavia quest’ultimo test si inserisce in una sequenza che ha visto Pyongyang impiegare anche vettori ipersonici, droni subacquei a capacità nucleare e satelliti militari. La Corea del Nord sta irrobustendo la sua deterrenza mentre Washington rafforza la cooperazione militare col Giappone e la Corea del Sud. Ma sta anche avvertendo Trump, che Kim vuole vedere faccia a faccia come nel 2019, quando i due s’incontrarono nella zona demilitarizzata al confine tra le due Coree. A una condizione però: la denuclearizzazione, per Kim, non è sul tavolo, le trattative dovranno partire da altro. Ieri Trump era a colloquio col presidente sudcoreano Lee Jae-myung. «Sebbene Kim Jong-un non abbia ancora pienamente accettato le sincere intenzioni del presidente Trump e l’incontro sia sfumato, il solo fatto che lei si sia fatto avanti e abbia espresso la disponibilità a vederlo in qualsiasi momento contribuisce a creare una calda corrente di pace nella penisola coreana», ha detto Lee a Trump. E il presidente Usa ha ribadito a modo suo di vedere una soluzione positiva e pacifica per le due Coree: «Dirò questo: la penisola coreana, e so che siete ufficialmente in guerra, ma vedremo cosa possiamo fare per sistemare la situazione». Agli Stati Uniti di Trump i missili di Kim – che dimostrano la capacità di colpire obiettivi strategici, come le portaerei americane – ricordano però anche che la questione coreana e la competizione con la Cina li terranno sempre più impegnati nel Pacifico. Tra terre rare, soia e dazi: braccio di ferro Trump-Xi Parallelamente, la Corea del Nord continua ad avvicinarsi a Mosca. Nei giorni scorsi, a Pyongyang è stata avviata la costruzione di un memoriale dedicato ai soldati nordcoreani caduti combattendo contro gli ucraini nella regione russa del Kursk. Alla cerimonia dell’avvio dei lavori erano presenti Kim e l’ambasciatore russo Alexander Matsegora. Kim ha definito il memoriale un «santuario» e un «momento storico» nei rapporti bilaterali, sottolineando che la Corea del Nord «sarà sempre al fianco di Mosca». Sarebbero almeno 600 i soldati nordcoreani morti combattendo in Russia. L’edificazione del “santuario” è un simbolo della volontà dei due paesi di consolidare la loro alleanza, in un momento in cui entrambi sono sottoposti a pressioni e sanzioni da parte dell’Occidente. Per Pyongyang, l’asse con Mosca è un modo per aggirare l’isolamento internazionale, ottenere risorse energetiche e rafforzare la propria posizione diplomatica. Resta il nodo centrale del rapporto con Washington: cosa vuole ottenere Kim? In primo luogo, il riconoscimento implicito del suo arsenale atomico come elemento permanente. Inoltre, un allentamento delle sanzioni che strangolano l’economia nordcoreana. Infine, la possibilità di sedersi a un tavolo negoziale da pari a pari, come nei tre precedenti incontri con Trump, che Pyongyang continua a evocare come modello di dialogo diretto. Gioco di alleanze Tuttavia i test missilistici rendono politicamente difficile per Washington fare concessioni senza apparire debole. E il rapporto sempre più stretto tra Pyongyang e Mosca complica ulteriormente il quadro, inserendo la Corea del Nord in un gioco di alleanze da nuova Guerra fredda. In questo scenario, ogni lancio non è un semplice war game, ma un tassello di una strategia più ampia: mantenere alta la tensione, rafforzare i legami con la Russia, e costringere gli Stati Uniti a considerare Kim non come un interlocutore da contenere, ma come un leader con cui, prima o poi, sarà necessario negoziare. E Trump, fautore ufficialmente della pace reaganiana, attraverso la fermezza (“Peace through strength”), sembra già aver abboccato.