Ci sono esponenti politici le cui convinzioni personali trascendono le epoche. Prendete Ron Paul. Deputato del Texas per decenni per il Partito repubblicano e raramente in linea con la politica nazionale del suo partito, ha propugnato sempre un isolazionismo post Guerra fredda da abbinare a una demolizione del welfare state, insieme alla chiusura dei confini e a restrizioni rigide sull’aborto.

Sopra ogni cosa ha messo la promozione di un neoliberismo commerciale non temperato. Fino all’alba dell’epoca di Donald Trump, la linea era sposata con entusiasmo dal figlio Rand, senatore del Kentucky.

Nel caso di Mitt Romney, invece, è diverso. Per molti anni è stato in linea con il Partito repubblicano, tanto da diventarne il candidato alle presidenziali del 2012. Gradualmente, però, è stata la base ad allontanarsi da quelle posizioni.

Addio al ruolo dell’America come tutore dell’ordine mondiale. Via il totem del libero commercio, che toglie il lavoro agli operai americani (sottinteso: bianchi). E anche il deficit di bilancio si può sfondare. Coi dittatori, infine, non solo si possono fare affari, ma bisogna vantarsi delle relazioni

Una reliquia

Così Romney è divenuto quello che era Herbert Hoover dopo che venne approvato il New Deal: una reliquia di un passato fastidioso da ricordare, sia per avversari sia per gli alleati.

Tutto questo era vero fino al ritiro pasticciato dell’esercito americano dall’Afghanistan, attuato dall’amministrazione di Joe Biden in ossequio ad un accordo fatto dall’amministrazione Trump con i Talebani, alle spalle del legittimo governo di Kabul.

In quel momento Romney ha fatto valere tutta la sua adamantina coerenza. Ora, a buon diritto, può assumere quel ruolo di coscienza della nazione che John McCain aveva prima di lui.

Eletto senatore dello Utah nel 2018, dopo essere stato il candidato presidente, il governatore del Massachusetts è stato  anche l’avversario più serio nella carriera politica di Ted Kennedy, quando lo ha sfidato per strappargli il seggio senatorio nel 1994 dopo una lunga carriera nel mondo della finanza e degli affari che ora molti suoi attuali colleghi vedono come un simbolo di quel “globalismo senza Patria” che viene incarnato da uno degli spauracchi massimi della destra di ogni dove, George Soros.

Romney non ha temuto le difficoltà e le discriminazioni. Il suo credo di mormone non piace a tutti, anche se Mitt all’apparenza è un bianco ricco come tanti, e qualcuno si ricorda anche la temerarietà con cui in occasione dell’uragano Sandy del 2012, consigliò ai newyorchesi di raggiungere le loro seconde case, in un paese dove soltanto una ristretta fetta di proprietari possiede un secondo immobile.

A discriminare la chiesa di Gesù Cristo e dei Santi degli ultimi giorni però non sono gli elettori comuni, quanto piuttosto quella comunità di evangelici bianchi che vedono nel culto fondato da Joseph Smith e Brigham Young una “setta non cristiana”.

Per questo motivo molti elettori repubblicani mal digerirono la sua nomination, ma la accettarono in nome del bene superiore: sconfiggere Barack Obama, il “socialista musulmano”.

Gli impeachment

Ma torniamo alle vicende odierne, dove il suo ruolo è riemerso prepotente, non solo come memoria vestigiale del partito repubblicano che fu, votando per condannare Donald Trump in entrambi i processi di impeachment. È stato il primo senatore a condannare un presidente appartenente al proprio schieramento.

Adesso può vantare di essere anche l’unico senatore che non ha mai abdicato al ruolo degli Stati Uniti come difensori dell’ordine mondiale liberaldemocratico. Non da oggi: quando Barack Obama stava per ritirarsi dall’Iraq, lui fieramente difendeva la scelta di abbattere il regime di Saddam e diceva che le truppe dovevano rimanere nel paese.

Sempre in quell’anno affermava con forza quella che sarebbe diventata una verità indiscutibile, soprattutto per i democratici: la Russia è il nostro principale avversario geopolitico. Obama, l’avversario che era certo di poter afre un “reset” con la Russia, aveva sghignazzato di fronte alla presa di posizione.

Sull’Afghanistan ha detto in un’intervista alla Cnn che la guerra finisce quando «entrambe le parti lo decidono». Con ogni evidenza, l’estremismo islamico non ha cessato di attaccare l’America e lo ha dimostrato l’attacco del 26 agosto all’aeroporto di Kabul che tra gli altri ha ucciso anche 13 soldati americani.

La retorica del ritiro, che sia per prendere una posizione “America First” o per ricostruire i redditi della classe media, secondo Romney ha ormai plagiato entrambi gli schieramenti, che ora si attaccano pur condividendo l’assunto che gli Stati Uniti devono cominciare a ridimensionare il proprio potere globale.

L’alternativa

Secondo Romney si poteva rimanere in loco con una presenza ridotta di 5.000 uomini, mantenendo una base nell’Asia centrale con un rischio relativamente basso: prima dell’ultimo attentato, erano morti 2 soldati americani l’8 febbraio 2020. Invece si è scelto retoricamente di chiudere la fase delle “guerre infinite” in modo unilaterale.

Perché Romney tiene questa posizione che gli porta così poco beneficio, anche nel suo stato, dove nel 2024 rischia di non essere rieletto per essere percepito come un centrista che odia Trump?

C’è una vecchia profezia che circola tra i mormoni, la cosiddetta “profezia del cavallo bianco”. Si dice che «quando la Costituzione sarà a rischio, un mormone anziano la salverà».

Gli è stato chiesto se quando ha votato per l’impeachment di Trump si sentiva lui quella persona. Disse: «Io sono qui per applicare una giustizia imparziale, al di là delle mie convinzioni politiche e dei miei pregiudizi personali».

In quanti però sono disposti a seguire come lui la propria coscienza? Nel secondo impeachment di Trump, i senatori del Gop che hanno votato per condannare il presidente uscente sono aumentati a sette.

In Texas, alle suppletive per rimpiazzare un deputato scomparso lo scorso luglio, la candidata Suzanne Wright, appoggiata da Trump, è stata battuta da un conservatore tradizionale come Jake Ellzey.

L’anziano Mitt Romney, senza più ambizioni personali verso la Casa Bianca, ha aperto uno spiraglio per interrompere il controllo soffocante del partito da parte del leader che non ne vuole sapere di fare l’ex presidente. Se non ci riuscirà, potrà comunque affermare che, a differenza di altri, ci ha provato fino in fondo.

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