Nel romanzo con tratti autobiografici dell’ex leader di Hamas Yahya Sinwar, Le spine e il garofano, il fratello Mohammed compare fin dalle primissime pagine: è con lui che nel libro andava a farsi regalare dolcetti al pistacchio dai soldati egiziani che occupavano Gaza alla vigilia della guerra del 1967, ed è con lui che assisteva agli sforzi del padre per scavare, nel cortile di casa, «una stanza buia nel sottosuolo» in cui ripararsi durante le ostilità.

Ironia della sorte, il vero Mohammed diversi decenni più tardi avrebbe acquisito la fama di essere proprio l’architetto dei labirinti sotterranei edificati da Hamas a Gaza: le immagini più famose, del 2023, lo ritraggono seduto in un’auto che avanza nel buio di un tunnel, abbastanza grande da consentire il passaggio di veicoli di taglia media.

Per tutta la giornata di mercoledì hanno continuato a inseguirsi voci sulla possibile scomparsa di Mohammed Sinwar in un omicidio mirato avuto luogo martedì nei pressi dell’Ospedale Europeo vicino a Khan Yunis. Nell’attacco, ripreso in un video in cui si vedono passanti volare in aria per la forza dell’esplosione, ci sono stati sei morti e 40 feriti.

L’esercito ha dichiarato di aver colpito una postazione sotterranea per eliminarlo ma non ha confermato di averlo ucciso. Mercoledì, secondo fonti palestinesi, la zona sarebbe stata nuovamente presa di mira mentre l’ospedale veniva evacuato e altri attacchi facevano oltre 70 morti nella zona di Jebalya. Se arrivassero conferme, Mohammed Sinwar sarebbe l’ultimo pezzo grosso dei quadri dirigenti di Hamas a essere assassinato da Israele durante quest’anno e mezzo di guerra.

A differenza del fratello Yahya, ucciso lo scorso ottobre da una pattuglia regolare dell’esercito che l’avrebbe riconosciuto soltanto dopo lo scontro a fuoco, Mohammed, come l’ex capo dell’ala militare Mohammed Deif, è stato preso di mira da un raid in cui l’Idf ha messo in conto di dover provocare un significativo “danno collaterale”, una volta in più nella forma di vite di civili innocenti. Ancora diverse le modalità di esecuzione di Ismail Haniyeh, l’ex capo dell’ufficio politico del movimento islamista, saltato in aria nella propria stanza lo scorso luglio durante una visita a Teheran, in Iran. In ogni caso la conferma dell’esito del raid, sia da parte israeliana che palestinese, potrebbe farsi attendere a lungo.

Non si sa moltissimo di questo militante vissuto a lungo in clandestinità. Nato nel 1975 nel campo profughi di Khan Younis, nel sud della Striscia, Mohammed Sinwar, come circa il 70 per cento della popolazione di Gaza, è originario “del 48”, una locuzione con cui i palestinesi chiamano i territori internazionalmente riconosciuti come Israele. Nello specifico, la sua famiglia proviene da una zona immediatamente limitrofa alla striscia, una caratteristica frequente ai vertici di Hamas, cioè da Majdal, l’odierna Ashqelon, conquistata da Israele durante la guerra d’indipendenza.

Mohammed Sinwar è entrato nel movimento Hamas pochi anni dopo la sua fondazione, avvenuta nel 1987, ed ha scontato pene sia nelle carceri israeliane che in quelle dell’Autorità Palestinese. Dopo la presa del potere di Hamas a Gaza è stato inquadrato fra i dirigenti del movimento armato.

Avrebbe comandato personalmente l’operazione di Hamas del 25 giugno 2006 quando, spuntando fuori da un tunnel dietro le linee nemiche, i militanti palestinesi uccisero due soldati israeliani e rapirono la giovane recluta israelo-francese Gilad Shalit. Seguì un’offensiva israeliana sulla Striscia e quell’incursione, forse, ispirò anche l’allora leader di Hezbollah Hassan Nasrallah: con un’azione simile nemmeno un mese più tardi scatenò la seconda guerra del Libano.

Proprio facendo leva su Shalit, Hamas ottenne la liberazione, cinque anni più tardi, del fratello di Mohammed, Yahya Sinwar, che era stato per oltre due decenni nelle prigioni israeliane. Oltre a lui il premier israeliano Benjamin Netanyahu accettò di liberare altri 1.026 prigionieri palestinesi, fra i quali molti di calibro elevato.

Da leader di Hamas Yahya Sinwar, coinvolgendo probabilmente anche lo stesso Mohammed, è stato fra gli ideatori del 7 ottobre. Un fattore che indubbiamente ha contribuito a rendere “Bibi” così restio a fare scambi durante la guerra in corso. Una linea dura che in Israele attribuiscono, dall’altra parte, anche al “radicale” Mohammed Sinwar.

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