Ricorderemo la conferenza sulla sicurezza di Monaco come il summit delle rimozioni collettive? Un anno fa è andata così con la Russia, nonostante l’invasione fosse imminente. Nel 2023 è la contrapposizione con la Cina a finire velata dietro l’apparenza degli inviti e degli incontri.

Sottostimare il rischio

Sembra incredibile, visto che la conferenza organizzata in Baviera ha tra i punti forti dichiarati proprio la prevenzione delle minacce, ma Monaco un anno fa ha messo in scena tutte le contraddizioni e le rimozioni della comunità internazionale. La conferenza si era svolta tra il 18 e il 20 febbraio, neanche una settimana prima della effettiva invasione dell’Ucraina, eppure la Russia figurava ancora nella lista degli invitati.

Non si può dire che il Cremlino i suoi segnali a Monaco non li avesse dati: aveva disertato gli appuntamenti all’hotel Bayerischer Hof; e soprattutto, proprio alla conferenza sulla sicurezza, già nel 2007, aveva fatto intendere i contrasti latenti con l’occidente e quindi una probabile apertura delle ostilità. «L’espansione della Nato rappresenta una seria provocazione», dichiarava Putin ormai 16 anni fa.

Lo scorso febbraio, quando il summit ha avuto luogo, molti leader europei avevano già tentato di disinnescare il conflitto con le loro visite a Mosca: all’inizio di febbraio si era presentato all’altra sponda del lungo tavolo di marmo di Putin il suo sodale Viktor Orbán; poi circa una settimana dopo era andato Emmanuel Macron, e infine Olaf Scholz. Il cancelliere tedesco si era seduto al tavolo con Putin, sostenendo che «la sicurezza si raggiunge con la Russia, non contro», quasi alla vigilia della conferenza di Monaco. Quando poi era intervenuto in quella sede, pur ricordando le truppe russe assiepate e pur dicendo di «non voler apparire un illuso né un ingenuo», Scholz continuava a vedere e perorare canali diplomatici. E il 19 febbraio – cinque giorni prima dell’aggressione russa – sul palco di Monaco dichiarava: «Ci sono importanti segnali» che ancora sia possibile una risoluzione diplomatica del conflitto.

Volodymyr Zelensky, che un anno fa si era recato in giacca e cravatta a Monaco nonostante gli Usa glielo avessero sconsigliato – «l’invasione potrebbe avvenire mentre è via» – questo venerdì era in felpa militare e in collegamento video a chiedere più armi all’occidente.

Dalla Russia alla Cina

In questa edizione della conferenza, Russia e Iran sono stati esclusi sin dagli inviti. I leader europei – il presidente francese, il cancelliere tedesco – si sono esibiti in dichiarazioni di sostegno all’Ucraina, pur non perdendo ciascuno la sua sfumatura: Scholz invita alla prudenza; «la cautela dev’essere prioritaria» dice sottolineando che la guerra con una potenza nucleare è «assai pericolosa». E dopo le polemiche sulle lentezze tedesche nel dare il via libera all’invio di carrarmati a Kiev, il cancelliere chiede che anche gli altri paesi «che possono spedirne lo facciano».

Macron e Scholz hanno adattato i toni al nuovo contesto, ma la comunità di Monaco pare spaesata nei rapporti con la Cina. Gli Stati Uniti sono già disposti in postura di scontro: la diffidenza dell’opinione pubblica verso Pechino è cresciuta negli ultimi due anni come fotografa il Pew Reseach Center, e anche le attività istituzionali a Washington sono sempre più orientate su una Cina antagonista. La sfida già da un po’ sta tutta nella costruzione del proprio fronte amico, e di un patto di sicurezza nell’indopacifico.

Eppure i riflessi a Monaco – come pure in molte capitali europee – sembrano ancora rallentati.

Lentezza di riflessi

Wang Yi, che è il responsabile diplomatico del Partito comunista cinese, è nel pieno del suo tour europeo, al lavoro per la riabilitazione economica oltre che politica di Pechino come partner dell’Ue; e non si può dire che non trovi terreno fertile, viste le titubanze della Germania su un disaccoppiamento dalla Cina, e vista l’accoglienza cordiale anche a Roma.

Questo venerdì Wang Yi è stato ricevuto al Quirinale da Sergio Mattarella, col ministro degli Esteri Antonio Tajani che parla persino di rilancio dei rapporti con Pechino: «L'Italia vuole rilanciare il dialogo bilaterale con la Cina, sia in campo economico-commerciale sia su temi globali, inclusi i diritti umani».

Il clima è questo, e non c’è quindi troppo da stupirsi che a dispetto della “crisi dei palloni spia” a Monaco siano lievitate le speranze di un faccia a faccia Cina-Usa, in particolare tra Wang Yi e Antony Blinken. Il segretario di stato statunitense è anche lui in Baviera, assieme alla vicepresidente Kamala Harris.

All’inizio della prossima settimana il presidente Usa Joe Biden sbarcherà in Polonia; pure Zelensky qui è stato già a dicembre, sul tragitto per Washington. Monaco resta nel passato, Washington decide le priorità future.

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