«Se dovesse accadere si tratta di un furto in piena regola. È come se ti venissero a rubare in casa», dice Augusto Cosulich, amministratore delegato del gruppo Fratelli Cosulich che controlla la società armatoriale Vulcania proprietaria della nave Tzarevna.

La nave cargo, battente bandiera maltese, è ferma da tre mesi nel porto di Mariupol nel sud-est dell’Ucraina per via della guerra e ora rischia di essere nazionalizzata dai separatisti russi che controllano la città e il porto che si affaccia sul mare d’Azov.

La situazione

«Abbiamo poche informazioni non sappiamo nulla, d’altronde in tempi di guerra è così. La gente locale ci ha detto che altre due navi estere (che non sono né ucraine né russe) sono state nazionalizzate nei giorni scorsi e la nostra nave dovrebbe essere la prossima», dice Augusto Cosulich a Domani.

A bordo ci sono 15mila tonnellate di bramme d’acciaio dirette a Monfalcone. Un carico che vale 12 milioni di dollari. La nave, invece, ha un costo di nove milioni di dollari. Il danno ha un costo non indifferente. «Abbiamo già avvertito ieri il governo maltese e il governo italiano che ci hanno dato un grande supporto, ma nell’arco delle loro possibilità. In tempo di guerra non è facile gestire questo tipo di cose», dice Cosulich. Il governo italiano ha risposto che si attiverà per capire come agire e lo stesso faranno le istituzioni della piccola Isola europea visti gli ottimi rapporti con Cosulich che, tra le altre cose, è anche console di Malta per la Liguria.

Sulla questione è intervenuto anche il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti: «Esprimo tutta la mia solidarietà all’armatore genovese con cui sono in contatto e assicuro il mio impegno anche nei confronti del governo: sono in contatto anche con il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che ci ha già assicurato tutto l’impegno della Farnesina per evitare questo danno significativo nei confronti del nostro paese e di uno dei principali gruppi armatoriali italiani».

Mariupol

La città è ora sotto il controllo delle forze separatiste filorusse dopo circa tre mesi di combattimenti che hanno distrutto gran parte del centro urbano e, secondo le autorità ucraine, provocato oltre 22mila morti. Sul posto non ci sono più militari di Kiev, gli ultimi ad andarsene sono stati i combattenti del battaglione Azov e i marines ucraini che si trovavano all’interno dell’acciaieria Azovstal, ultimo baluardo di difesa della città.

Nei giorni scorsi i filorussi hanno annunciato di aver liberato il porto di Mariupol da circa 12mila ordigni esplosivi per far riprendere il traffico marittimo che dal mar d’Azov va verso il mar Nero. I separatisti hanno annunciato ieri di aver fatto salpare la prima nave da Mariupol in direzione del porto di Rostov in Russia, appropriandosi così del carico di acciaio presente a bordo.

Ma è incerto il futuro delle navi estere che da tre mesi sono ferme in mare in attesa della fine dell’assedio. «L’equipaggio sta lì da mesi, avevano da mangiare e bere ma non sono stati bombardati. Sono stati colpiti da qualche scheggia ma la nave è in ottime condizioni», ha detto Cosulich. Sul cargo non ci sono italiani ma solo cittadini di origine bulgara con cui ha mantenuti i contatti in tutte queste settimane.

«Non ho mai visto nulla di simile nella mia carriera» dice Cosulich, che ora spera di riavere al più presto la sua nave in Italia.

© Riproduzione riservata