Decine di migliaia di persone sono scese per le strade della capitale nepalese, Kathmandu per protestare contro la decisione del premier e leader del partito comunista, Khadga Prasad Sharma Oli, di sciogliere il parlamento e andare a elezioni anticipate. La decisione è stata comunicata la settimana scorsa dal presidente del paese e ha fin da subito scatenato le proteste all’interno del partito stesso di Oli. Secondo gli oppositori, la scelta del capo del governo viola la costituzione del paese.

Un accordo non rispettato

In occasione delle elezioni che lo avevano visto vincitore nel 2018 il premier Oli si era alleato con l’ex leader dei ribelli maoisti Pushpa Kamal Dahal fondando il partito comunista nato dalla fusione delle due formazioni politiche guidate dai due leader. Il patto tra i due politici prevedeva la divisione il mandato a capo del governo della durata di cinque anni. Gli oppositori accusano il premier di avere anticipato la fine della legislatura per conservare il potere. Un’accusa simile è stata recentemente lanciata anche contro il premier israeliano, Benjamin Netanyahu che ha deciso il 23 dicembre di sciogliere le camere del paese per evitare che al potere andasse il suo alleato-nemico, Benny Gantz. 

«Corrotto e filocinese»

Le accuse contro Oli non sono solo di  essere stato “egoista” decidendo di sciogliere le camere. Sono in molti a rimproverare al premier nepalese di essersi avvicinato troppo alla Cina in questi anni trascurando la storica alleanza con l’India. Non a caso in questi giorni una delegazione cinese sta incontrando diversi esponenti di spicco della politica locale. Oli è inoltre accusato di avere gestito male la crisi dovuta alla pandemia causata dal Covid-19 e di essere coinvolto in diversi episodi di corruzione. Il premier ha respinto le accuse dei suoi oppositori e ha invece incolpato i membri del suo partito di “remare contro” e di bloccare l’azione del governo.

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