Il governo italiano ha fatto trapelare un piano per la pace, presentato all’Onu e ai partner del G20, E subito rimandato al mittente dall’Ucraina. Intanto, però, la narrazione di una svolta italiana etichettata come “pacifista”, in contrapposizione alla supposta linea degli Stati Uniti di Biden, già ventilata dopo la visita del premier Mario Draghi a Washington, viene rafforzata e servita in pasto al dibattito nostrano.

In realtà per smentire questa narrazione, l’ennesima che accompagna il conflitto russo – ucraino, e capire il punto di vista e soprattutto le preoccupazioni degli Stati Uniti, basta ascoltare una delle più influenti ed esperte conoscitrici della Russia di Washington. Fiona Hill ha servito tre presidenti americani, è stata una analista di intelligence per George W. Bush e Barack Obama e senior director per gli affari russi ed europe nel National Security Council di Donald Trump, contro cui pure ha testimoniato durante il secondo tentativo di impeachment, attualmente è senior fellow del Brookings institute di Washington.

Alla ricerca di un mediatore

Invitata dal Chicago Council on Global Affairs dell’università di Chicago a discutere della guerra e dell’invasione russa dell’Ucraina, Hill ha spiegato bene uno dei nodi del conflitto: «Abbiamo un problema: chi può essere l’interlocutore per avviare negoziati?».

Al contrario di quello che in molti hanno sostenuto in Italia, Hill afferma che non possono essere gli Stati Uniti a gestire una interlocuzione con la Russia. Anche per le affermazioni di Biden, rettificate fuori tempo massimo, sul cambio di regime a Mosca, ma non solo per quello. Al momento ci sono molti paesi, dall’India al Medio Oriente, che hanno una posizione molto ambigua sul confilitto. «Putin vuole che il mondo guardi a questa guerra tra la Nato e la Russia» e in molti paesi sta riuscendo a fare in modo che questa sia la cornice narrativa. Gli Stati uniti invece hanno tutto l’interesse che il conflitto non sia letto su questo piano, anche perché secondo Hill è una guerra molto diversa: «Sotto molti aspetti, questa è una guerra alla storia: Putin ha invaso l’Ucraina perché non si comportava nel modo in cui lui guardava la storia».

Negoziare con la storia

Nella sua lunga carriera l’analista è stata diverse volte al Cremlino, ha potuto vedere quanto il presidente russo fosse ossessionato dalla storia russa, di cui è un lettore allo stesso tempo affamato e autodidatta, come molte delegazioni è stata accolta dal presidente russo nella reception con le statue degli ex imperatori, Pietro il Grande, con le mire espansionistiche sul Mar Nero, Caterina la Grande, che conquistò il Donbass e Nicola I, l’imperatore che legò il nazionalismo autocratico  alla chiesa ortodossa. Quella di Putin è una idea di nazionalismo collettivo in cui non ci sono scelte individuali, men che meno una società multireligiosa e che è evoluta in maniera differente come quella ucraina. Questa non è una guerra Nato – Russia, secondo Hill ma assomiglia di più a una guerra post coloniale, tanto che secondo l’ex consigliera della Casa Bianca Putin si è fatto informare dai servizi interni russi e non da quelli esteri, compiendo un grande errore. Il problema è che se è difficile lottare contro la storia, anche negoziare la storia è difficile, e lo è sia sul fronte ucraino che su quello russo. 
Guerra

La posizione degli Stati Uniti vista da Hill è complessa: «Putin sta usando i passati errori dei presidenti americani a suo favore. Ci sta, insomma, trollando. Dobbiamo essere creativi, flessibili, e molto attenti. Putin ci mette sempre di fronte alle nostre colpe e ai nostri errori e quindi noi dobbiamo fare molto lavoro per convincere il resto del mondo che questa è una battaglia tra democrazia e autocrazia. Dobbiamo anche essere più critici nei confronti di noi stessi, gli Stati Uniti per esempio non hanno mai riconosciuto la Corte penale internazionale e questo è un altro problema».

Complicato, secondo lei, è anche discutere in pubblico come è normale – e doveroso, ndr – in una democrazia del ruolo da tenere nel conflitto, perché può essere usato proprio per incorniciare la guerra in maniera differente. Biden è arrivato al punto di criticare i media statunitensi che informavano sulle scelte del Pentagono.

Biden ha accolto l’adesione alla Nato di Finlandia e Svezia, scelta sovrana di due paesi con cui gli Stati Uniti hanno già diversi accordi di cooperazione in materia difesa. Allo stesso tempo gli Usa non hanno interesse che il conflitto duri a lungo: per Hill il fatto che la guerra possa estendersi al periodo delle elezioni di Midterm, quando l’amministrazione americana sarà concentrata su tutt’altro è una preoccupazione ulteriore. 

Altro che tensione tra Italia e Stati Uniti. Al momento le diplomazie devono comporre una formula difficilissima. Primo: un interlocutore possibile per un negoziato tra Russia e Ucraina. Secondo: una sede sensata per questo negoziato. Il piano di Di Maio è stato presentato all’Onu, ma come Hill ricorda il presidente ucraino Vladimir Zelensky è il primo a non accreditare le Nazioni Unite come istituzione credibile. 

«Abbiamo istituzioni inadeguate a un mondo multipolare», dice Hill. E questa volta questo assetto si ritorce anche contro gli stessi interessi degli Stati Uniti. 

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