Papa Francesco ha scelto il maestro delle “vie per spegnere il fuoco” per gettare acqua sull’incendio scatenato dal responsum della Congregazione per la dottrina della fede, con cui ha avvallato il divieto di benedire le coppie omosessuali.

A sette giorni di distanza, nonostante la mancanza di una replica ufficiale, la rivista gesuita America ha fatto menzione di un’implicita presa di distanza del pontefice dal documento. Oggi un nuovo documento da lui stesso firmato potrebbe confermare questa linea.

La lunga lettera del papa

Nelle ultime ore, la Santa sede ha divulgato il messaggio del papa in occasione del 150esimo anniversario della proclamazione di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori dottore della chiesa. Il padre di Tu scendi dalle stelle è patrono dei teologi moralisti: un’occasione propizia per mettere nero su bianco le nuove linee di una morale in sintonia con lo spirito della Evangelii Gaudium.

La lettera, incredibilmente lunga per essere un messaggio destinato a un ordine religioso, offre una lettura interessante dei tempi.

La reazione tedesca

Nel frattempo, negli ambienti delle chiese d’Oltralpe gira un altro tipo di documento. Obiettando al niet vaticano, oltre duecento professori di teologia morale hanno firmato un’obiezione alla linea dettata da Roma in materia di pastorale omosessuale.

Secondo i teologi tedeschi, la dichiarazione della Congregazione guidata dal gesuita Luis Ladaria Ferrer «è plasmata da un'idea paternalistica di superiorità» perché discrimina gli omosessuali e il loro stile di vita.

Il Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZdK), che già in passato non aveva lesinato critiche alla lettera del papa emerito Joseph Ratzinger sul “collasso morale” della chiesa tedesca, hanno percepito da Roma un freno alla riforma necessaria della chiesa.

Un messaggio di apertura?

Papa Francesco non scende direttamente in campo, ma nella sua lettera si rifà al patrono dei teologi moralisti per ribadire la linea missionaria «capace di prossimità con il popolo, di saperne accompagnare il passo, di condividerne concretamente la vita anche in mezzo a grandi limiti e sfide».

La morale di cui si fa portavoce de’ Liguori, «non si ferma a una formulazione teorica dei principi, ma preferisce la ragione all’autorità […] si lascia interpellare dalla vita stessa».

Il redentorista che amava citare santi immersi nel tessuto sociale, come Filippo Neri o Teresa d’Avila, è per papa Francesco un esempio anche perché cambia la sua idea di morale a contatto con l’umanità del tempo: «Inizialmente improntata ad un certo rigorismo, si trasformò poi in approccio misericordioso, dinamismo evangelizzatore capace di agire per attrazione».

L’evangelizzazione «per attrazione» è un’espressione cara a papa Francesco, mutuata dalle parole pronunciate da papa Benedetto XVI nel santuario mariano di Aparecida il 13 maggio 2007. È da quell’incontro storico per la chiesa latinoamericana che nasce la pastorale di Bergoglio fondata sul «dialogo costruttivo con tutte le istanze provenienti da ogni cultura, per ricercare risposte apostoliche, morali e spirituali a favore della fragilità umana».

La fragilità sociale diventa l’ago della bilancia tra «rigorismo» e «lassismo» della morale. Sant’Alfonso de’ Liguori, sottolinea il papa, porta «l’annuncio del Vangelo in una società che cambia rapidamente e che richiede il coraggio dell’ascolto della realtà, per «educare le coscienze a pensare in maniera differente, in discontinuità con il passato».

L’invito ai teologi

Da ciò, l’invito di Bergoglio a tutti i teologi moralisti a «farsi carico delle domande delle persone per indicare strade percorribili […] ad entrare in rapporto vivo con i membri popolo di Dio, e a guardare all’esistenza partendo dalla loro angolazione, per comprendere le difficoltà reali che incontrano ed aiutare a guarire le ferite, perché solo la vera fraternità a guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all’amore di Dio».

Una nuova morale

Nella lettera, il papa chiede una teologia morale che «non può riflettere solo sulla formulazione dei principi, delle norme, ma occorre che si faccia carico propositivamente della realtà che supera qualsiasi idea. Questa è una priorità perché la sola conoscenza dei principi teoretici, come ci ricorda lo stesso sant’Alfonso, non basta per accompagnare e sostenere le coscienze nel discernimento del bene da compiere.

È necessario che la conoscenza diventi pratica mediante l’ascolto e l’accoglienza degli ultimi, dei fragili e di chi è considerato scarto dalla società». Parole chiare, che fanno eco alle «pretese di legalismi o moralismi clericali» come aveva detto all’Angelus del 21 marzo.

Papa Francesco è ancora più esplicito quando scrive: «La radicalità evangelica non va contrapposta alla debolezza dell’uomo. È necessario sempre trovare la strada che non allontani, ma avvicini i cuori a Dio, così come fece Alfonso con il suo insegnamento spirituale e morale. Tutto ciò perché l’immensa maggioranza dei poveri possiede una speciale apertura alla fede; hanno bisogno di Dio e non possiamo tralasciare di offrire loro la sua amicizia, la sua benedizione, la sua Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la proposta di un cammino di crescita e di maturazione nella fede».

Immerse nel marasma suscitato dal documento della Congregazione per la dottrina della fede, la lettera del papa suona come l’ultima parola sulla vicenda. Ciononostante, finora la Santa sede non ha reso note sue esplicite prese di distanza. In questo senso, l’autorizzazione del pontefice al documento ricalca la linea del Magistero ecclesiale sulle unioni omosessuali.

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