Leone come Francesco: «Guerra mondiale a pezzi, è una deriva da fermare»

L’arrivo di Leone XIV ad Ankara segna l’inizio del suo primo viaggio apostolico, di circa una settimana tra Turchia e Libano. Due immagini s’imprimono nella mente: quella del papa che scende le scale del mausoleo di Atatürk, fondatore della repubblica, e quella della stretta di mano con il presidente Recep Tayyip Erdoğan. Dopo i saluti ufficiali, il pontefice e il capo di Stato turco hanno discusso, privatamente, delle questioni internazionali, trattando anche la questione palestinese. «Un incontro positivo e costruttivo», ha riconosciuto Erdogan, che ha aggiunto come lui e Prevost siano «pronti ad agire per la pace, la giustizia e la stabilita». Poco dopo, al cospetto del corpo diplomatico e dei rappresentati della società civile, Leone ha pronunciato il suo primo discorso, richiamando il legame della Turchia con le tre fedi monoteiste e il ruolo dei cristiani in Turchia, come componente attiva della società. Il papa ha scelto di usare parole forti a difesa della pace e di un ordine globale multilaterale: «Dopo la stagione della costruzione delle grandi organizzazioni internazionali, seguita alle tragedie delle due guerre mondiali, stiamo attraversando una fase fortemente conflittuale a livello globale, in cui si alimentano quella che papa Francesco chiamava la terza guerra mondiale a pezzi», ha scandito Prevost con forza. «Non bisogna cedere in alcun modo a questa deriva», insiste il papa, «ne va del futuro dell'umanità». Il ragionamento del pontefice americano è chiaro: «Le energie e le risorse assorbite da questa dinamica distruttiva sono sottratte alle vere sfide che la famiglia umana oggi dovrebbe affrontare invece unita, cioè la pace, la lotta contro la fame e la miseria, per la salute e l'educazione». Richiama anche la «globalizzazione dell’indifferenza», il papa, verso la quale già muoveva il suo monito Bergoglio, e non manca di inviare due messaggi piuttosto diretti allo stesso Erdogan. Il primo con evidente riferimenti ai conflitti di Ucraina e Gaza: «Possa la Turchia essere un fattore di stabilità e di avvicinamento fra i popoli, a servizio di una pace giusta e duratura». Il secondo è di fatto un appello alla tolleranza e alla libertà in Turchia: «In una società come quella turca dove la religione ha un ruolo visibile, è fondamentale onorare la dignità e la libertà di tutti i figli di Dio: uomini e donne, connazionali e stranieri, poveri e ricchi». Infine, presenti nel discorso del papa anche gli appelli all’unità della famiglia, ai rischi posti dall’intelligenza artificiale e dal consumismo. Ankara e Beirut: il senso del papa per la politica Cristiani in Turchia Secondo il report dell’Us Commission on International Religious Freedom, i cristiani rappresentano tra lo 0,1 e lo 0,2 per cento della popolazione turca e sono un insieme eterogeneo – prevalentemente presenti ad Istanbul, nella fascia costiera di Izmir o nel sud-est della Turchia - che include comunità storiche come gli armeni, gli ortodossi, i cattolici e i protestanti. «Il vicariato di Istanbul conta circa 40mila cattolici tra stranieri, che sono la maggior parte – almeno i due terzi - e un terzo, diciamo, costituito da cattolici locali. Poi abbiamo altre 10mila persone circa divise tra Izmir e la Anatolia. Quindi, diciamo, in totale 60mila cattolici vivono in Turchia, includendo gli stranieri che stabilmente vivono qui», spiega monsignor Massimiliano Palinuro, vicario apostolico d’Istanbul, intervistato nella cattedrale dello Spirito Santo ad Istanbul, che risale al 1846. Nel cortile della cattedrale c’è la statua di papa Benedetto, un omaggio al suo operato durante la Prima guerra mondiale. Così come nel cortile della chiesa di S. Antonio di Padova, c’è la statua di Papa Giovanni XXIII, considerato l’“amico dei turchi” per il lavoro svolto nei suoi anni da delegato apostolico in Turchia e Grecia, tra il 1935 e il 1945. La chiesa si trova in una delle vie più trafficate d’Istanbul ed è facile vedere cristiani e non entrare e, in questi giorni, per scattare una foto con lo striscione di benvenuto al papa. Cresce la paura della guerra nel Libano che attende la visita del papa Presenza discrete I fedeli cattolici, in Turchia, sono presenze discrete, raramente si lasciano intervistare, come Ali (nome di fantasia) che ha racconta: «Vengo da una famiglia ortodossa, ma ad un certo punto ho mollato tutto. Mi sembrava di vivere una doppia vita, da un lato la chiesa e i gruppi di discussione, dall’altra una vita dove fumavo, bevevo», aggiunge l’uomo, «però un sacerdote cattolico mi ha aiutato e oggi la mia fede è la mia forza». Per comprendere la situazione dei cristiani in Turchia oggi è necessario percorrere un rapido viaggio nella storia contemporanea turca, come quello che – metaforicamente - ha compiuto Leone XIV ad Ankara, tra la visita all’ Anıtkabir, il mausoleo di Atatürk e l’incontro con il presidente. Se il governo di Atatürk ha introdotto “laicismo alla turca”, con supervisione dello Stato sulla religione e ha ridefinito l’identità turca, il primo periodo di governo di Erdogan ha portato un maggior dialogo e, a fasi alterne, tentativi di apertura nei confronti delle minoranze. I traumi del passato come, ad esempio, lo scambio di popolazioni tra greci e turchi (1923), i pogrom contro i greci (1955) e, soprattutto, la questione del genocidio armeno (1915-1917) hanno segnato le relazioni tra i turchi e le minoranze. «Per quanto concerne i cattolici, ultimamente c'è maggiore rispetto, in generale, per il fatto religioso: il laicismo della Turchia di 20 anni fa è finito», racconta monsignor Palinuro. Nel corso degli anni ci sono stati episodi di violenza, come l’uccisione di Don Santoro (2006), Monsignor Padovese (2010). Per il vicario questi sono «episodi di intolleranza» che si sviluppano in «ambienti più emarginati culturalmente e non troppo elevati, in cui si possono riscontrare purtroppo episodi di intolleranza religiosa». Ma ad oggi, spiega sempre Palinuro, «il problema più grande che riscontriamo come chiesa è la mancanza del riconoscimento giuridico da parte dello Stato, anche se ultimamente c'è una disponibilità a prendere in considerazione il problema». L’ecumenico viaggio di Leone tra Turchia e Libano e i dilemmi del mondo ortodosso Ci sono stati altri segnali di apertura, come l’inaugurazione della prima chiesa costruita «in cento anni», Mor Ephrem, per la comunità siriaco-ortodossa a Yeşilköy (Istanbul), altra tappa prevista nel viaggio del Pontefice. Nel suo primo discorso ad Ankara, il Papa Leone XIV ha fatto riferimento al Ponte dei Dardanelli, presente anche nel logo scelto per il viaggio del pontefice, come metafora dell’unione tra Europa e Asia e, soprattutto, delle diverse componenti sociali e religiose turche. Dice ancora Palinuro che per quanto concerne le relazioni dei cattolici con le altre comunità «abbiamo relazioni fraterne, di reciproco sostegno». Le sue parole richiamano la collaborazione tra cattolici e ortodossi, ad Iskenderun, dopo il sisma del 2023. Per le comunità cristiane, l’arrivo del papa porta un messaggio di speranza: come ha affermato padre Mikael Uçar, della chiesa cattolica armena di Surp Levon, «è una luce nel dialogo e nelle relazioni tra le chiese».