Dopo sette giorni dalla pubblicazione del responsum con cui la Congregazione per la dottrina della fede ha vietato le benedizioni alle coppie omosessuali, la rivista dei gesuiti statunitensi America magazine ridimensiona le responsabilità del papa. Secondo fonti attendibili «ma che non desiderano essere identificate», nelle parole dell’ultimo Angelus papa Francesco avrebbe implicitamente preso le distanze dal documento.

Angelus in codice

Stando alla ricostruzione, due giorni fa il papa avrebbe puntato il dito contro le rigidità della Congregazione parlando della responsabilità dei cristiani nella fede. Citando la parabola evangelica del seme che dà frutto, il pontefice ha parlato a braccio delle «difficoltà, o persecuzioni o pretese di legalismi o moralismi clericali» che creano aridità. Per la rivista gesuita si tratta di un chiaro monito alla Congregazione guidata dal confratello Luis Ladaria Ferrer. Oggi, però, nessuna versione ufficiale ha confermato tale interpretazione né smentito il rifiuto pontificio a presunti schemi dottrinari, finora da lui stesso avvallati.

Il responsum è stato visionato da papa Francesco: «Il Sommo Pontefice Francesco, nel corso di un’Udienza concessa al sottoscritto Segretario di questa Congregazione, è stato informato e ha dato il suo assenso alla pubblicazione» recita la formula introdotta da Paolo VI per ribadire l’avvallo papale nei documenti. Il papa avrebbe avuto tutto il tempo per prendere le distanze. Nel 2017, infatti, non aveva esitato a correggere la lettera dell’allora prefetto della Congregazione per il culto divino, il cardinale Robert Sarah, che aveva suggerito una comprensione del suo motu proprio sull’approvazione delle traduzioni dal latino dei testi liturgici. A oggi, però, il papa ha solo ricevuto in udienza il prefetto Ladaria e non ha rilasciato dichiarazioni.

I delusi

Eppure, è significativo che a smentire la rigidità di papa Francesco sia stata proprio la rivista dei gesuiti statunitensi. Negli Usa, l’ordine di Bergoglio è tra i più attivi nella pastorale Lgbt. Figura centrale è padre James Martin, editorialista di America magazine e in buoni rapporti con il papa: da lui è stato scelto per tenere l’incontro mondiale delle famiglie a Dublino nel 2018 e un anno dopo lo ha incontrato in udienza privata. «Oggi ho ricevuto un centinaio di messaggi dalla comunità Lgbt, tanti si sentivano delusi e scoraggiati dalle dichiarazioni della Congregazione per la dottrina della fede», ha detto Martin in un video postato pochi giorni fa su Instagram, senza citare il papa: «Questo resta un cammino dove siamo pellegrini nella chiesa, e impariamo, cambiamo e cresciamo anche in mezzo a quello che può sembrare un guado doloroso», ha detto rivolgendosi ai cattolici delusi.

Dopo la diffusione del documento vaticano, l’associazione Trevor Project, che contrasta i suicidi con una linea telefonica dedicata, ha denunciato un aumento esponenziale delle richieste di aiuto da parte dei cattolici Lgbt. La notizia è stata confermata da Jason Steidl, professore di teologia al St. Joseph’s College di New York: «Anche se non avesse letto il testo, il papa è direttamente responsabile del male che ha fatto alla comunità Lgbt e questo documento lo conferma», ha detto via Zoom.

La visione gesuita

I gesuiti, invece, preferiscono leggere tra le righe. Un simile approccio era già stato adottato dopo le dichiarazioni del papa sulla legalità delle unioni civili: «Quando il papa parla di “convivencia civil” non intende semplicemente “convivenza civile” come altre fonti cattoliche stanno cercando di sostenere, ma “unione civile”», aveva rimarcato il gesuita Josef Rodriguez su The Jesuit Post. Il blog dei giovani gesuiti riflette la linea più progressista del cattolicesimo statunitense, opposto a quella conservatrice espressa dalla Conferenza episcopale americana. La frattura è emersa più chiaramente lo scorso febbraio, quando la Camera a maggioranza democratica ha approvato il disegno di legge dell’Equality act, che vieta la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere.

Una proposta discriminatoria secondo le gerarchie ecclesiastiche statunitensi, ma non per i gesuiti: «Forse l’Equality act può essere un riconoscimento da parte dei leader eletti delle lotte che i giovani gay e trans sostengono», ha scritto su The Jesuit Post il gesuita Nick Russell. Negli Usa, l’approccio pastorale della Compagnia di Gesù risente del ruolo predominante che ancora riveste nella formazione dell’intellighenzia: quando nel 2004 il Massachusetts era il solo stato ad aver legalizzato il matrimonio omosessuale negli Usa, la Gonzaga University istituiva un centro per gli studenti Lgbt, suscitando reazioni controverse. È con quest’approccio pioneristico che i gesuiti d’oltreoceano leggono gli ultimi fatti. Solo la storia dirà se la loro visione collima con quella del confratello Bergoglio.

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