Da inizio ottobre migliaia di giovani nigeriani manifestano contro le violenze delle forze dell’ordine del paese e in particolare dal reparto speciale denominato Special Anti-Robbery Squad (Sars), la squadra speciale anti furto. Le proteste avrebbero già causato 15 vittime dal loro inizio, secondo i dati di Amnesty International. Isa Sanusi, portavoce di Amnesty in Nigeria, dice: «La situazione in Nigeria è molto tesa. Nonostante l’imposizione del coprifuoco in alcune città, l’attenzione nel paese è tutta concentrata sulla necessità che il governo intervenga per proteggere i cittadini dalle atrocità della polizia». 

La Sars

«Per molti anni i nigeriani hanno dovuto sopportare le violenze estreme delle forze dell’ordine»: spiega Sanusi. La Sars è nata nel 1992 come unità del Dipartimento di Intelligence e Investigazione Criminale della Nigeria ed è stata l’incubo dei cittadini nigeriani a causa delle frequenti violenze nei confronti di passanti inermi. I membri del reparto agiscono a volto coperto per fermare rapimenti e furti, ma sono stati accusati nel corso degli anni di furti, sequestri, torture e violenze sui civili.

Secondo un report pubblicato da Amnesty International, fra il 2017 e il 2020 82 persone vittime sono state vittime di tortura nei centri della Sars. Il movimento per porre fine all’esistenza di questo reparto delle forze dell’ordine aveva già iniziato il suo cammino nel 2017, ma è stato il filmato della morte di un giovane diffuso il 7 ottobre a causare l’esplosione delle proteste che da un mese ha investito il paese. 

La polizia cambia il nome, ma non il vizio

Il governo ha inizialmente annunciato lo scioglimento della Sars per provare a placare le proteste, ma ha mantenuto in organico tutti i poliziotti e creato un nuovo reparto delle forze dell’ordine, lo Special Weapons and Tactics (SWAT), che in molti temono sarà uguale al precedente.

Sanusi dice: «Negli ultimi quattro anni il governo  ha promesso per quattro volte la riforma della polizia, ma non lo ha mai fatto e anzi ogni volta che l’ha promesso la polizia ha aumentato la sua brutalità». Così i nigeriani hanno deciso di continuare le proteste nonostante le rassicurazioni del governo.

I manifestanti chiedono la fine delle violenze da parte della polizia (Copyright 2020 The Associated Press. All rights reserved)
I manifestanti chiedono la fine delle violenze da parte della polizia (Copyright 2020 The Associated Press. All rights reserved)

Le vittime

Se da una parte l’esecutivo nigeriano ha provato a usare in un primo momento la carota dello scioglimento della Sars, ultimamente la via intrapresa dalle autorità sembra essere più quella del bastone. Nella giornata di mercoledì la polizia ha sparato sui manifestanti che erano scesi per le strade della capitale, Lagos, uccidendo dodici persone.

L’azione è stata duramente condannata dalle organizzazioni per i diritti umani e il giudice della Corte criminale internazionale, Fatou Bensouda, ha definito «oltraggiose» le azioni delle forze dell’ordine. Dall’inizio delle proteste, secondo quanto riportato da Amnesty International, ci sono state quindici vittime. Il presidente nigeriano, Muhammadu Buhari, in un discorso alla nazione ha chiesto giovedì sera ai manifestanti di sospendere le proteste. L’invito è stato, per ora, raccolto dalla Femminist Coaliton che supporta il movimento e che ha invitato «i giovani nigeriani a stare a casa per proteggere le loro vite e i loro sogni».

Una protesta giovane

La protesta in atto in Nigeria va contestualizzata. Dopo essere progredito notevolmente negli ultimi vent’anni, oggi il paese è in un momento di arresto economico. Secondo i dati della Banca mondiale, nel 2019 il Pil pro capite dello stato africano ha superato 5mila dollari. Si tratta di un livello molto alto se si considera che nel 2000 lo stesso indicatore si attestava sui 2.300 dollari.

Le conquiste economiche hanno determinato una maggiore presa di coscienza da parte dei cittadini, specialmente fra i giovani, che rappresentano la maggioranza della popolazione. L’età media nel paese si aggira attorno ai 18 anni, complice anche un’aspettativa di vita bassa, attorno ai 54 anni. Che la protesta sia portata avanti dai giovani si vede anche nei mezzi utilizzati dai manifestanti per rivendicare le proprie ragioni: Instagram e Twitter.

I due social sono cruciali per veicolare i messaggi delle proteste e attirare l’attenzione mediatica internazionale. L’hastag #EndSars nell’ultimo mese ha imperversato su Twitter. Star della musica internazionale come Rihanna e Beyoncé hanno raccolto le istanze dei manifestanti. In Italia anche il giocatore nigeriano del Napoli, Victor Osimhen, ha voluto mostrare il proprio supporto ai suoi compatrioti mostrando in campo una maglietta bianca con la scritta «End police brutality in Nigeria» (basta brutalità della polizia in Nigeria). Contattato da Domani il calciatore non ha però voluto rilasciare dichiarazioni in merito. 

Come uscirne?

Per porre fine alle violenze secondo il portavoce di Amnesty, Sanusi: «il governo dovrebbe portare di fronte alla giustizia i membri delle forze dell’ordine accusati di avere violato i diritti umani. Tutte le vittime devono inoltre ricevere un adeguato risarcimento e il governo deve assicurarsi che la polizia cessi le sue violenze. Bisogna che la polizia sia responsabile dei propri comportamenti».

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