Mentre l'insorgenza della pandemia Covid-19 ha fatto sprofondare il nostro pianeta in uno stato di immobilità senza precedenti, stiamo ora invece assistendo a una graduale riapertura. La profonda recessione economica che ne è seguita può innescare nuove forme di migrazione, cambiare le rotte, pur limitando ogni altro tipo di movimento. Quali sono le prime indicazioni sui motori della migrazione in un mondo post-pandemico? L'Europa è pronta ad affrontare una nuova ondata migratoria?

Il blocco della mobilità nel 2020

Nel marzo 2020, la mobilità umana, uno dei tratti distintivi del ventunesimo secolo, è quasi completamente venuta meno. Mentre i governi correvano ai ripari per bloccare la diffusione del virus, ogni singolo paese del mondo imponeva restrizioni all'ingresso nei propri confini, e molti imponevano forti limitazioni al movimento dei cittadini all’interno del paese.

I movimenti transfrontalieri sono scesi a una frazione del loro precedente numero; i divieti di spostamento hanno impedito a milioni di persone che si trattasse di migranti per motivi di lavoro, familiari che rientravano a casa, o di richiedenti asilo, di recarsi nei luoghi che desideravano raggiungere.

Quasi tre milioni di migranti, compresi quelli che hanno perso il lavoro da un giorno all'altro a causa della chiusura dell’impresa in cui erano occupati, sono rimasti bloccati, impossibilitati a rientrare a casa.

L'estate del 2020 ha visto una debole ripresa della mobilità, per lo più interregionale e per i viaggiatori come uomini d'affari e turisti, a seguito dell’allentamento di alcune restrizioni da parte dei governi dopo aver rilevato un barlume di speranza dai grafici su contagi e mortalità da Covid-19.

In Europa, le domande di asilo sono lentamente passate da un minimo storico di nove ad aprile a 42mila a settembre, con una riduzione dell'87 per cento rispetto a gennaio 2020; anche quando i numeri sono rimasti relativamente piccoli, la precarietà di questi viaggi è stata oggetto di particolare attenzione.

Police officers walk by migrants as they leave to be relocated from the Lipa camp northwestern Bosnia, near the border with Croatia, Bosnia, Tuesday, Dec. 29, 2020. The European Union on Monday warned Bosnia that thousands of migrants face a winter without shelter, and it urged the country's bickering political authorities to set aside their differences and take action. (AP Photo/Kemal Softic)

Nonostante la riduzione a 116mila dei passaggi irregolari di frontiera nell'UE nei primi 11 mesi del 2020, un dato molto vicino al livello minimo registrato da Frontex nel 2009 (104mila), la pericolosità delle imbarcazioni su cui viaggiano migranti in partenza per le Isole Canarie, la Grecia, Malta, l'Italia o il Regno Unito è stata al centro dell'attenzione dei media.

I migranti da Covid

Ben presto sono arrivati i moniti sulla migrazione indotta dal Covid-19. L'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (Uesa), per esempio, ha pubblicato un rapporto speciale su Tendenze in materia di asilo e Covid-19, in cui si avverte che le crescenti preoccupazioni sulla sicurezza personale, unite all'insicurezza alimentare, possono fare da volano nell’incentivare gli spostamenti e i movimenti migratori in diretta correlazione con la pandemia da Covid-19.

Non sorprendono i timori legati al fatto che il Covid possa generare un aumento delle aspirazioni migratorie. La pandemia ha avuto un impatto profondo e dirompente sull'economia globale e sui mezzi di sussistenza di centinaia di milioni di persone, causando un forte aumento delle disuguaglianze, della povertà estrema e spesso aggravando fragilità preesistenti.

Secondo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil), nel secondo trimestre del 2020 si è registrato un calo del 14 per cento  delle ore lavorative, ovvero l'equivalente di 400 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Il turismo è tra i settori economici più colpiti dalla pandemia, le Nazioni Unite (Onu) prevedono una perdita potenziale di 1.000 miliardi di dollari di ricavi e 100 milioni di posti di lavoro a rischio.

In Tunisia, ad esempio sino ad ottobre, le entrate del turismo hanno subito un crollo del 61 per cento, lasciando incerto il futuro di 400.000 lavoratori del settore.

In alcuni Paesi l'ancora di salvezza offerta dalle rimesse degli emigrati si sta man mano indebolendo; la Banca Mondiale, ad esempio, prevede un calo dell'otto per cento delle rimesse inviate in Nord Africa e in Medio Oriente entro la fine del 2020. Senza un sistema di welfare sociale dignitoso su cui ripiegare, alcune famiglie potrebbero iniziare a considerare la possibilità di cercare opportunità di sostentamento altrove.

L’Europa è pronta?

Ciò solleva la questione se l'Europa sia pronta a individuare, mitigare e rispondere a un'impennata dei flussi migratori nel 2021 o oltre, qualora tali intenzioni migratorie si traducessero in reale migrazione. Con il ricordo ancora vivo di essere stata colta impreparata all'afflusso del 2015-2016, l'Unione europea è profondamente impegnata a investire nella previsione delle migrazioni e nei meccanismi di allarme rapido. I progetti guidati da vari organismi dell'Ue, tra cui DG HOME, EASO, Frontex e il Centro comune di ricerca (CCR) sembrano promettenti, ma faticano a manifestare il loro pieno potenziale a causa di domande rimaste senza risposta riguardo alla titolarità dei dati, alle basi giuridiche o su quale dovrebbe essere la risposta predefinita dell'Europa qualora determinate soglie di riferimento per gli arrivi irregolari fossero raggiunte nell’imminente.

Per quanto riguarda la sua strategia di mitigazione, l'Unione europea post-2015 è sempre più intenzionata a rafforzare la cooperazione con i Paesi non-Ue per meglio gestire - e ridurre - i flussi.

 Proprio su questo è incentrato il nuovo Patto Europeo su Migrazione e Asilo. Se questa strategia di apertura dovrà consentire a far fronte ai potenziali aumenti di flussi migratori legati al Covid-19, sarà fondamentale che l'UE e i suoi Stati membri si impegnino sin da ora a intrattenere un dialogo continuativo con questi paesi terzi, anziché attendere che suoni il campanello d'allarme.

Police officers stand by migrants as they leave to be relocated from the Lipa camp northwestern Bosnia, near the border with Croatia, Bosnia, Tuesday, Dec. 29, 2020. The European Union on Monday warned Bosnia that thousands of migrants face a winter without shelter, and it urged the country's bickering political authorities to set aside their differences and take action. (AP Photo/Kemal Softic)

Ciò significa che l'Ue non dovrà limitarsi a monitorare lo stato del mercato del lavoro o dell'assistenza sanitaria nei paesi d'origine e come ciò possa influire sul desiderio di migrare, ma essere anche pronta a sostenere quei governi che si trovano ad affrontare sfide in materia di migrazione, inclusa l’eventualità di migranti bloccati sul loro territorio. 

Come ha avvertito l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), se ai migranti bloccati nei paesi terzi viene impedito di tornare a casa, questi ultimi possono trovarsi in condizione di dover trovare una soluzione alternativa e dirigersi quindi verso nord. 

L'Oim e l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) saranno partner fondamentali per collaudare e realizzare questo piano, mentre l'Unione Europea cercherà di capire meglio come il bilancio UE 2021-2027 appena adottato possa essere indirizzato verso (migliori) partenariati con i paesi terzi.

Quando si parla, invece, della strategia europea per coloro che raggiungono le sue coste, il quadro si fa molto più cupo.

La presidenza tedesca del Consiglio dell'Unione Europea non ha raggiunto l'auspicato accordo politico sulle parti del Patto Europeo su Migrazione e Asilo.  

Tale patto determina ciò che, per esempio, deve accadere alle frontiere esterne del blocco Ue in termini di procedure di identificazione e controlli di sicurezza sui nuovi arrivi, di determinazione rapida di chi possa o meno rimanere e di rimpatrio per coloro che non hanno titolo per rimanere.

A migrant walks through the Lipa camp northwestern Bosnia, near the border with Croatia, Bosnia, Tuesday, Dec. 29, 2020. The European Union on Monday warned Bosnia that thousands of migrants face a winter without shelter, and it urged the country's bickering political authorities to set aside their differences and take action. (AP Photo/Kemal Softic)

In assenza di una risposta coordinata da parte degli Stati membri, le risposte specifiche e talvolta unilaterali da parte dei governi nazionali agli arrivi misti rischiano di continuare anche nel 2021 e di lasciare l’Unione Europea in uno stato di disordine o addirittura di caos qualora gli arrivi cominciassero a crescere veramente.

Uno spiraglio di luce potrebbe venire dalla Commissione europea impegnata parallelamente a investire in forme più concrete di cooperazione tra gli Stati membri, come l'imminente Strategia di Rimpatrio Volontario Assistito e Reintegrazione (prevista per la primavera del 2021).

La promessa degli stati membri di lavorare realmente insieme per promuovere l’adozione del rimpatrio volontario assistito si fonda, tuttavia, ancora su basi piuttosto fragili.  In ogni caso, l'UE entrerà nel 2021 con una strategia più forte per affrontare la migrazione al di fuori dei suoi confini e dovrà sperare che la sua strategia interna, relativamente più debole, non sia messa alla prova.

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