I Padri fondatori degli Stati Uniti temevano solo una cosa più del ritorno dei britannici: la tirannia della maggioranza. Secondo un pensiero largamente condiviso, era da evitarsi la demagogia che avrebbe potuto condurre a una tirannide come quella inglese di Oliver Cromwell.

Per farlo, crearono un sistema di pesi e di contrappesi in modo che un’eventuale maggioranza parlamentare fosse controbilanciata da un veto presidenziale. Oppure, qualora ci fosse un presidente dello stesso partito maggioritario, c’era la revisione legislativa effettuata dalle Corti federali, se interpellate con adeguato ricorso.

Ma a partire dagli anni Trenta dell’Ottocento, gli schiavisti del sud divennero minoranza. Il senatore John Calhoun, della South Carolina, definito dallo storico Massimo Salvadori come una sorta di Marx della classe dei piantatori, inventò l’ostruzionismo parlamentare, il cosiddetto filibustering.

A suo dire avrebbe dovuto tutelare una «minoranza concorrente» senza la quale sarebbe crollato tutto l’edificio nazionale. Una raffinata espressione giuridica che in realtà nascondeva un dominio razziale definito come un bene “positivo”.

Il retaggio del sud

C’è anche questo elemento di retaggio culturale razzista nell’odierna difesa fatta dai repubblicani sul mantenimento di questo istituto legislativo, secondo lo storico del conservatorismo Kevin Kruse, che dice: «Certo i repubblicani attuali sono molto diversi dai democratici prima schiavisti e poi segregazionisti: ma non cambia l’assunto di fondo, ovvero che è molto utilizzato dai conservatori del sud in tutte le epoche».

Il presidente Joe Biden all’inizio del suo mandato aveva manifestato la volontà di mantenere intatta la regola come una mano tesa nei confronti del partito repubblicano. Ma come altre volte, Joe Biden ha cambiato idea e ha segnalato una disponibilità a cambiare questa regola che il suo predecessore Barack Obama ha definito «un relitto dell’epoca segregazionista» e che secondo il costituzionalista Dan Coenen della University of Georgia School of Law sarebbe in aperto contrasto con la sezione 7 dell’articolo 1 della Costituzione che parla di “passaggio”, senza dire con quali numeri.

Pertanto l’aspetto pratico è che il filibustering richiede 60 voti per andare a chiudere la discussione. Inoltre, secondo Kruse, i repubblicani già da tempo lo hanno reso inutile per i democratici: «Sia per quanto riguarda il taglio delle tasse che le nomine giudiziarie è stato eliminato, ergo quando si trovano al potere come nel biennio 2017-2018 non badano a input di alcun tipo».

Per Kruse poi, è «l'atmosfera elitaria» del Senato ad aver favorito il mantenimento del filibuster, mentre alla Camera è stato abolito nel lontano 1893. Ma soprattutto al Senato è stato usato per decenni in modo magistrale dal compatto blocco sudista per impedire che venissero approvate leggi federali contro il linciaggio degli afroamericani o per difendere il loro diritto di voto.

E lo stesso potrebbe accadere con il disegno di legge H.R. 1 che dovrebbe proteggere il diritto di voto contro le discriminazioni attuate ad esempio in Georgia, dove da qualche mese è illegale dare cibo e acqua alle persone in coda al seggio.

Per approvare questo provvedimento, già passato alla Camera, ci vorrebbero ben dieci senatori repubblicani. Per fare un esempio, nel secondo impeachment di Donald Trump in sette hanno votato per l’incriminazione dell’ex presidente. Difficile ottenerne tre in più.

Due democratici dissidenti

Per cambiare le regole però, basterebbe la maggioranza semplice che pure è difficile da raggiungere per via dei senatori Joe Manchin del West Virginia e Kyrsten Sinema dell’Arizona. Mentre Manchin è un politico vecchio stampo che viene da uno stato che con la crisi dell’industria mineraria è diventato sempre più conservatore e deve barcamenarsi con continui scontri, veri o presunti, con la leadership democratica per farsi rieleggere, il caso di Sinema è diverso.

Nativa dell’Arizona, avrebbe un background da progressista d’acciaio: eletta alla Camera statale nel 2004 nelle file dei democratici dopo una militanza giovanile nei Verdi, definita «la più liberal dei legislatori», agnostica dichiarata e bisessuale.

Dopo un matrimonio da giovane finito con un divorzio, ha sempre fatto politica da donna single. Ma dal 2012, anno in cui è stata eletta alla Camera, ha cambiato passo. Pur rimanendo estremamente progressista sulla libertà di scelta e sui temi legati al consumo di droghe leggere e ai diritti Lgbt, sull’economia si è mostrata centrista, tanto da indicare Manchin come il suo modello.

Da quando è stata eletta al Senato nel 2018, questa sua attitudine si è ancor più accentuata: è stata uno dei tre democratici al Senato a bocciare il Green New Deal proposto da Alexandria Ocasio-Cortez.

Ma anche, più di recente, quando ha bocciato l’aumento di salario minimo federale a 15 dollari proposto dal suo collega Bernie Sanders. E ha mostrato scetticismo riguardo al maxi piano per il lavoro e le infrastrutture lanciato dal presidente Joe Biden, tanto da prendersi l’accusa di essersi fatta «un tour privato alla Casa Bianca».

Ma lo scorso 5 maggio in una lunga intervista con Arizona Republic, Sinema ha spiegato qual è il suo fine: guadagnare sempre più un’influenza determinante sulla legislazione del Senato. E trova sia perfettamente coerente essere uno sponsor del disegno di legge For the People per proteggere il diritto di voto a livello statale e nel contempo opporsi all’abolizione del filibuster che porterebbe ad approvarlo con il tie break di Kamala Harris.

Il suo volersi porre come esponente della ragionevolezza centrista la porterà ad affrontare sia un avversario progressista alle primarie, sia un concorrente repubblicano acceso, nello stato che ha lanciato il moderno liberalismo conservatore di Barry Goldwater e che tuttora non vede di buon occhio un eccessivo intervento federale sulla vita quotidiana delle persone.

Così Kyrsten Sinema si trova a difendere lo strumento preferito di quei conservatori che disapprovano in pieno la sua condotta privata. Rendendo sempre maggiori le possibilità che il filibustering sopravviva anche stavolta.

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