Sono almeno 17 le persone che sono state uccise in nuovi scontri tra manifestanti e forze dell’ordine in Perù a seguito delle proteste scoppiate dopo la destituzione e l’arresto dell’ex presidente Pedro Castillo un mese fa. I manifestanti chiedono le dimissioni del presidente Dina Boluarte, la chiusura del Congresso e la liberazione di Castillo, arrestato con l’accusa di aver compiuto un colpo di stato dopo che aveva provato a chiudere il parlamento e a governare tramite decreti presidenziali lo scorso 7 dicembre.

Gli scontri mortali sono avvenuti nei pressi dell’aeroporto di Juliaca, nella regione di Puno. I tafferugli sono stati molto violenti, la polizia ha usato fumogeni e armi da fuoco mentre i manifestanti hanno risposto con una sassaiola.

Il primo ministro Alberto Otárola ha detto: «Non smetteremo di difendere lo stato di diritto». Otárola ha anche attaccato i manifestanti dicendo che sono finanziati da forze straniere e dai boss della droga con l’obiettivo di «distruggere il paese».

Per uscire dallo stallo si pensa a un incontro di transizione politica tra i vertici del governo e della presidenza con i rappresentanti delle varie regioni del paese. L’obiettivo è arrivare a una mediazione e cessare le proteste, ma Castillo rimarrà in carcere per aver tentato di organizzare quello che le autorità peruviane definiscono come un colpo di stato.

Le preoccupazioni

Il difensore civico del Perù è intervenuto su Twitter: «Chiediamo alle forze dell'ordine di fare un uso legale, necessario e proporzionale della forza e sollecitiamo l'ufficio del procuratore di Stato a svolgere una rapida indagine per chiarire i fatti», ha detto. Mentre il Comitato internazionale della Croce Rossa si dice allarmato dalla situaizone. «Siamo molto preoccupati per la continua escalation di violenza nelle proteste in Perù, che ha portato alla perdita di decine di vite». Dall’inizio delle proteste sono 46 i manifestanti uccisi negli scontri con le forze dell’ordine.

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