Mentre gli Stati Uniti danno vita a un profondo cambio di rotta inviando armi pesanti a Kiev e spendendo nella capitale ucraina il segretario di stato Antony Blinken, Vladimir Putin ha gettato la maschera rivelando le sue mire espansionistiche. «Il pieno controllo» del Donbass e di tutta l'Ucraina meridionale fino a Odessa, prendendo non solo il corridoio di collegamento con la Crimea ma anche quello che conduce alla piccola Transnistria, una regione moldava controllata da 30 anni dai militari russi e bloccando così a Kiev lo sbocco al mare.

È il sogno di riconquista della Novorossija, storicamente il nome che definisce l'area a nord del Mar Nero che fu conquistata dall'Impero russo alla fine del XVIII secolo. Putin, in una febbre nazionalistica in un paese dove non c’è mai stata separazione tra trono e altare, è sempre più sulle orme della Russia zarista che fece dell'espansione territoriale a sud e ad ovest la sua principale ragion d’essere. Con la variante che Mosca, oggi, per giustificare i suoi piani di espansione di invasione, utilizza, con un secolo di ritardo, il pretesto, tutto novecentesco, di riunire popolazioni russofone.

La seconda fase

Mosca, annunciando la seconda fase del conflitto, iniziata con l'assalto alle regioni di Lugansk e Donetsk, ha svelato i suoi veri piani di conquista. Obiettivi che, secondo il comandante del distretto militare centrale, Rustam Minnekayev, saranno ancora più ampi.

«Il controllo sull'Ucraina meridionale è un'altra via d'accesso alla Transnistria, dove pure si evidenziano episodi di discriminazione contro i residenti russofoni», ha affermato l’ufficiale russo. Minnekayev ha aggiunto che il corridoio terrestre verso la Crimea «colpirebbe parti vitali dell'economia Ucraina». Piani ambiziosi, ricordando però che, come scriveva Shakespeare «la vera sostanza dell'ambizioso è semplicemente l'ombra di un sogno». Un pericoloso sogno revanscista.

La mossa dell’Onu

In questo quadro di escalation di nuove pretese imperiali russe il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, ha fatto sapere che sarà a Kiev il 28 aprile per incontrare il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, dopo aver visto il 26 l'omologo russo Vladimir Putin. Sarà utile? Sono in molti a essere scettici. Per ora Russia e l'Occidente proseguono da giorni un dialogo tra sordi e parlare di tregua, si conferma essere un’illusione

L’Unione europea si avvia verso il sesto pacchetto di sanzioni la prossima settimana, misure che potrebbero contenere lo stop all'import del petrolio russo, la mossa che potrebbe essere il preludio alle sanzioni “atomiche” al gas russo, lo scacco matto da 0,7 miliardi di euro al giorno di incassi per Mosca che potrebbe fermare i sogni imperiali di Putin. Superando la «vergognosa» opposizione tedesca alle sanzioni energetiche che ha fatto della Germania, nonostante le responsabilità della sua storia recente, il principale «sostenitore di Putin», come ha scritto il premio Nobel per l’economia, Paul Krugman sul New York Times.

Intanto il premier Mario Draghi prepara una visita a Kiev per poi recarsi in missione a Washington mentre l'ambasciatore russo in Italia, Serghei Razov, ritiene che i rapporti con il nostro Paese si siano fortemente degradati, e non si capisce come potrebbero essere diversamente dopo l’invasione russa di uno stato sovrano.

Telefonata di fuoco con Michel

Ci sono voluti novanta minuti di colloquio per certificare che l'Europa e la Russia, sono schierati su due fronti opposti. La telefonata tra il presidente del Consiglio Ue, il belga Charles Michel e Putin aumenta la certezza, a Bruxelles, che la fase due della guerra in Ucraina sarà lunga e probabilmente ancora più cruenta.

Le posizioni si stanno sempre più allontanando e nel corso del colloquio Michel ha ribadito al capo del Cremlino come l'Unione sia pronta a dare ogni sostegno possibile all'Ucraina. Scatenando l'ira del Cremlino: «Sulla necessità di una soluzione militare del conflitto, l'Europa è irresponsabile», è stato il commento di Putin.

Soddisfatto Zelensky

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha affermato che i partner occidentali hanno finalmente iniziato a fornire a Kiev le armi di cui ha davvero bisogno. «Siamo stati ascoltati finalmente» e l'Ucraina sta ricevendo «esattamente quello che abbiamo chiesto», ha detto in messaggio. Ora la palla passa a Bruxelles che deve fare l’ultimo sforzo per sanzionare il gas russo, un passo che potrebbe comportare una leggera e temporanea recessione all’Europa, ma colpirebbe al cuore le mire espansionistiche ed imperialiste del gruppo di potere oggi al Cremlino.

© Riproduzione riservata