Il presidente Vladimir Putin non ha nessuna intenzione di fermare i combattimenti in Ucraina, anzi ribadisce di aver fatto la scelta giusta con l’invasione, ma, con un salto logico degno di un sofista greco, resta aperto ai colloqui diplomatici su una possibile soluzione del conflitto.

Lo ha detto ieri il Cremlino dopo che il presidente americano Joe Biden aveva suggerito di essere pronto a parlare con il leader russo se questi avesse mostrato la volontà di far cessare il conflitto. Insomma, dal Cremlino arriva la conferma dell’impasse negoziale tra Mosca e Washington.

Eppure qualche giornale italiano (ma nessun quotidiano internazionale) aveva dato l’impressione che ci fosse stato alla Casa Bianca una clamorosa apertura verso una soluzione diplomatica del conflitto su sollecitazione del presidente francese, Emmanuel Macron, da sempre sostenitore dell’apertura diplomatica con Mosca, senza peraltro aver mai portato a casa un risultato.

Biden, parlando appunto accanto al presidente francese Macron in visita a Washington, giovedì aveva affermato che l’unico modo per porre fine alla guerra in Ucraina era che Putin ritirasse le truppe e che se il presidente russo avesse cercato di porre fine al conflitto, solo allora sarebbe stato pronto a parlargli.

Una posizione in perfetta continuità con la politica sostenuta, fin dall’inizio del conflitto, dalla Casa Bianca.

Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha manifestato un tono apparentemente accomodante quando gli è stato chiesto delle osservazioni di Biden, dicendo che Putin è aperto ai negoziati ma, e qui sta il punto fondamentale su cui riflettere, che la Russia non si ritira dall’Ucraina.

«Il presidente della Federazione russa è sempre stato, è e rimane aperto ai negoziati per garantire i nostri interessi», ha detto Peskov ai giornalisti. Un modo un po’ originale di considerare l’apertura ai negoziati valida solo se favorevole alla propria causa.

Putin, per far capire meglio il suo pensiero a chi ancora non lo avesse compreso, ha affermato di non avere rimpianti di aver lanciato quella che si ostina a chiamare «operazione militare speciale» della Russia contro l’Ucraina, definendola un momento di svolta quando la Russia ha finalmente resistito all’arrogante egemonia occidentale dopo decenni di umiliazione negli anni successivi alla caduta del regime sovietico nel 1991.

L’equivoco della pace

Ma allora da dove è nata la convinzione, ripresa da alcune testate e agenzie italiane, che Biden avesse ammorbidito la sua posizione dopo l’incontro con Macron?

Se leggiamo, come si dovrebbe fare, il comunicato congiunto tra Biden e Macron emesso come di consueto al termine del summit tra i due presidenti alla Casa Bianca, sull’Ucraina troviamo la condanna dell’aggressione russa, dell’annessione illegittima di territori, dei crimini di guerra perpetrati da Mosca e l’annuncio di una conferenza internazionale che si terrà il 13 dicembre a Parigi.

E qui c’è stato l’inizio del corto circuito mediatico. L’abbaglio è stato di considerare quella data come una conferenza di pace mentre nel testo ufficiale, sia in inglese sia in francese, si parla solo di conferenza dei paesi donatori che dovrà coordinare gli impegni di assistenza militare e civile a Kiev, in particolare per superare la difficile stagione invernale.

Inoltre, nel comunicato si ricorda la necessità di ridurre i tempi per le forniture di sistemi di difesa aerea dopo la pioggia di missili alle infrastrutture ucraine lanciate da Mosca dopo il ritiro da Kherson.

Dunque, il problema è quello di aver “aggiunto” a completamento della frase relativa al “convegno internazionale di Parigi per il coordinamento dell’assistenza”, la parola pace, di cui purtroppo non c’è alcuna traccia nel comunicato finale.

Una svista che ha conseguenze potenzialmente disastrose nel dibattito politico interno perché parla di ipotesi che non trovano (ancora) fondamento.

Macron è andato a Washington per cercare di ammorbidire la posizione americana sull’Ucraina e poi intestarsene il merito nei confronti del cancelliere tedesco Olaf Scholz.

È probabile che nel vertice si sia anche discusso dell’Inflation Reduction Act di Biden che penalizza le imprese europee.

Bruxelles sta chiedendo da tempo esenzioni agli effetti negativi contro le imprese europee della normativa americana. Perché se Washington vuole rinsaldare l’alleanza atlantica in funzione anti russa, allora deve evitare di minarla con provvedimenti sanzionatori verso le imprese europee che sono quelle che pagano di più i costi della crisi energetica.

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