Mentre la controffensiva ucraina nel Donbass prosegue, giungono notizie dell’arrivo dei primi droni di produzione iraniana in Russia. Secondo quanto riportato dal Washington Post, che cita fonti di intelligence Usa, Mosca avrebbe ricevuto la prima commessa di velivoli senza pilota da impiegare in Ucraina per compiere attacchi mirati contro l’esercito di Kiev, sopperendo così alla mancanza di droni russi capaci di trasportare munizioni. Ad oggi infatti Mosca dispone quasi esclusivamente di droni da sorveglianza e le sanzioni occidentali hanno ritardato la costruzione di nuovi velivoli offensivi da impiegare nel contesto bellico. Tutto ciò ha avvantaggiato il fronte ucraino, che può invece fare affidamento sui droni di produzione turca, i TB2, rivelatisi in più occasioni utili sistemi d’arma contro l’avanzata delle truppe russe.

Adesso però anche Mosca si appresta ad impiegare una nuova flotta di droni contro le linee ucraine, anche se non è ancora del tutto chiaro quali velivoli abbia ricevuto dall’Iran. Secondo gli analisti, Teheran avrebbe fornito alla Russia i suoi droni migliori, ossia i Mohajer-6 e i due modelli Shahed, nella versione Shahed-191 e Shahed-129. Quest’ultimo, realizzato sulla base del Reaper di produzione americana, rappresenta un’importante aggiunta all’arsenale russo, ma non è sufficiente per ribaltare le sorti del conflitto. Come ribadito più volte dagli esperti, i velivoli senza pilota da soli non rappresentano un game changer nei teatri bellici e non è nemmeno scontato che gli Shahed-129 siano più efficienti del Tb2. Rispetto a quest’ultimo, il drone iraniano vanta un maggior raggio d’azione (2mila chilometri contro i 300 del modello turco) e può trasportare un carico superiore rispetto al Bayraktar (400 chili contro 150), ma vola a una velocità e ad un’altezza inferiori e per meno tempo (24 ore anziché 27). Va inoltre considerato che mentre gli operatori ucraini hanno avuto tempo di addestrarsi all’uso dei Bayraktar già prima dello scoppio della guerra, per i russi sarà necessario un periodo di training con esperti iraniani prima di poter usare i droni forniti da Teheran. Tra l’altro l’Iran dovrà fornire alla Russia anche le stazioni di comunicazione, comando e controllo, ma restano dei dubbi sulla capacità della Repubblica di produrne un numero sufficiente per accontentare la domanda russa. A peggiorare il quadro, la notizia riportata sempre dal Washington Post secondo cui i primi droni consegnati dall’Iran avrebbero dei difetti che ne ritarderanno l’impiego in Ucraina.

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Di certo il teatro di guerra ucraino si sta dimostrando un ottimo banco di prova per i droni turchi e una vetrina per la Baykar, l’azienda diretta dal genero del presidente Recep Tayyip Erdogan. I suoi velivoli senza pilota sono stati acquistati da almeno 24 paesi e sono tra i prodotti bellici turchi maggiormente esportati all’estero, Ucraina compresa. Di questo successo ha saputo approfittare lo stesso Erdogan, che usa la vendita dei TB2 e degli Akinci, un altro modello di velivolo senza pilota, per stringere alleanze e rafforzare la propria influenza in determinate aree del mondo. Prossimamente Erdogan potrà contare anche sul Kizilelma, un drone a bassa rilevabilità radar, in grado di raggiungere una velocità supersonica e di trasportare un carico utile di 1500 chili. Il Kizilelma inoltre è progettato per atterrare e decollare da navi con piste corte come la TCG Anadolu, la nave d’assalto della Marina turca.

Intanto gli occhi dei paesi coinvolti nella guerra in Ucraina sono puntati sui droni iraniani. Fino ad oggi i velivoli senza pilota di Teheran sono stati utilizzati in contesti bellici meno avanzati rispetto a quello ucraino, in cui sono attivi sistemi di guerra elettronica all’avanguardia in grado di compromettere le capacità operative dei droni. Grazie al loro impiego da parte dell’esercito russo, gli Usa (ma non solo) potranno valutare le reali capacità dei velivoli senza pilota iraniani e determinare quanto questi rappresentino una minaccia.

Al di là delle considerazioni prettamente tecniche, l’invio di droni alla Russia è un segnale del rafforzamento delle relazioni tra Mosca e Teheran in un momento particolarmente delicato per il futuro della Repubblica islamica. Gli Usa e l’Iran stanno ancora discutendo sulla ripresa dell’accordo sul nucleare e il Pentagono ha più volte espresso preoccupazione per il consolidamento dell’asse russo-iraniano. Questo dossier in realtà è visto come indipendente rispetto ad altri che pure determinano lo stato delle relazioni tra Usa e Iran, proprio per evitare che il tentativo di trovare un nuovo compromesso tra le parti naufraghi nuovamente, ma questa tensione tra Teheran e Washinton troverà presto nuovi teatri in cui esprimersi. Come ad esempio quello siriano, dove si assiste ad un aumento degli attacchi americani contro le milizie filo-iraniane legate al presidente Bashar al Assad.

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