Agitazione in Sicilia, il ministero dello Sviluppo economico fa sapere che «la nazionalizzazione della raffineria Isab di Priolo non è all’ordine del giorno», tuttavia aggiunge che «la preoccupazione per i risvolti sociali sull’area però esiste e la situazione è all’attenzione del Mise». Oggi Reuters ha riportato che il governo sarebbe già stato pronto a varare un provvedimento per far passare la raffineria nelle mani dello stato. Il dicastero retto da Giancarlo Giorgetti ha tentato di placare i rumors, tuttavia ha confermato che la situazione è all’attenzione del governo.

L’Italia, ha riportato l’agenzia di stampa britannica, starebbe valutando la nazionalizzazione temporanea. La compagnia russa Lukoil, infatti, tramite la società svizzera Litasco, che non è oggetto di sanzioni, è proprietaria della raffineria Isab, la più grande raffineria di petrolio d'Italia per capacità. Il 30-40 per cento del greggio raffinato nell’impianto proviene dalla Russia, mentre il resto proveniva dai mercati internazionali.

Dall'invasione russa, spiega Reuters, non è stata in grado di ottenere credito internazionale e ha acquistato quasi tutto il suo petrolio greggio da Mosca mentre i leader europei stanno discutendo se imporre un embargo sul petrolio russo.

Il direttore della raffineria

Il direttore della raffineria Claudio Geraci non ha voluto commentare: «Per ora l’operatività continua come prima, la notizia della nazionalizzazione non viene da noi», ha detto a Domani.

Nelle scorse settimane aveva raccontato delle difficoltà anche in ambito commerciale: i prodotti raffinati di origine russa, aveva spiegato, al momento non vengono acquistati come prima. Una situazione che ha messo in allarme tutta l’area.

Già un mese fa, Confindustria Siracusa, in particolare il presidente Diego Bivona, aveva spiegato i risvolti dei problemi economici della raffineria: «Siamo molto preoccupati per ciò che riguarda Isab Lukoil che, pur non essendo interessata dalle sanzioni imposte nei confronti della Russia, vede minacciato il regolare svolgimento della propria attività imprenditoriale con ingiustificate interruzioni delle operazioni commerciali». Non solo, la prevalenza del volume d’affari di Lukoil nel Polo siracusano «e la sua stretta interconnessione con le altre primarie aziende committenti del sito comportano il rischio di un effetto a catena che può compromettere l’operatività e la stabilità economica di tutte le aziende, grandi e piccole». 

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