Arrestato senza prove, torturato e deportato. La storia del palestinese Mourad in Israele

La settimana scorsa Aida e la sua famiglia sono andati al Palazzo della Cultura di Ramallah, in attesa del rilascio di suo fratello, Mourad Abu Al Rob, dopo 19 anni di carcere. Per l’occasione, Aida aveva deciso di portare anche la madre, paralizzata e costretta su una sedia a rotelle. Quel giorno era anche il compleanno del padre, morto appena due mesi fa. Il fatto è che due giorni prima Aida aveva ricevuto una telefonata dal fratello, dal carcere. Le aveva detto che sarebbe stato rilasciato presto, ma di non organizzare alcuna celebrazione, né invitare persone a casa. L’esercito israeliano avrebbe potuto distruggere l’abitazione della famiglia e arrestarlo nuovamente. Non solo. Da un vicino avevano saputo che che l’Idf aveva fatto irruzione nella vecchia abitazione di famiglia a Jenin, dove non vivevano da tempo, attaccando ai muri volantini che esplicitavano il divieto di qualsiasi forma di festeggiamento. Mondo Maga vs Israele, tra deliri digitali e complottismi mistici Brutte sorprese La mattina prevista per la liberazione dei prigionieri palestinesi il nome di Mourad compare sulla lista ufficiale, il rilascio previsto in Cisgiordania. Quel giorno Aida e la madre attendono a lungo: il primo bus di prigionieri, poi il secondo, e così via. Tra la folla, cercano il volto di Mourad senza trovarlo. Finché un altro ex detenuto palestinese si avvicina spiegando alla famiglia che Mourad non era su quei pullman: era stato prelevato durante la notte, dalla sua cella, insieme ad altri compagni. Probabilmente era stato deportato in Egitto. «Solo lunedì sera, verso mezzanotte, ci hanno chiamato dall’Egitto dicendoci che Mourad era arrivato al Cairo passando per il valico di Rafah. Si trovava con gli altri detenuti palestinesi in un hotel, senza possibilità di uscire e senza nessun documento», racconta Aida. Mourad Abu Al Rob aveva 26 anni quando venne arrestato e condannato all’ergastolo da un tribunale militare israeliano con l'accusa di aver partecipato a un attentato terroristico in cui morirono quattro israeliani. Non ha mai avuto un vero processo, né la possibilità di difendersi. Durante tutti gli anni di detenzione ha potuto contattare il suo avvocato solo in rare occasioni. Per la sua famiglia, Mourad è sempre stato innocente. Non ha mai avuto legami con gruppi armati. Ancora raid in Cisgiordania, dove la pace non è mai stata così lontana Nei primi cinque anni di detenzione, la famiglia non l’ha potuto visitare. «Non sapevamo mai dove si trovasse. L’esercito israeliano continuava a trasferirlo da una prigione all’altra. In 19 anni lo abbiamo visto solo poche volte, sempre attraverso un vetro, parlando al telefono del carcere. Non lo abbiamo mai potuto toccare. L’ultima volta che l’abbiamo visto è stata prima della pandemia». Dei 1.950 prigionieri palestinesi rilasciati nei giorni scorsi da Israele in cambio di 40 ostaggi israeliani — 20 vivi e i corpi degli altri — 154 sono stati deportati in Egitto. Tra loro anche due scrittori riconosciuti a livello internazionale: Bassem Kandaqji e Nasser Abu Srour. Nel piano di pace non c’è la Cisgiordania, dove i minori palestinesi continuano a essere uccisi Appena ha potuto chiamare Aida, Mourad ha raccontato le torture subite in carcere. «Gli agenti israeliani lo picchiavano tutti i giorni. Un’ora di botte, una breve tregua, e poi ricominciavano. Le luci della cella erano sempre accese, anche di notte. Le cure mediche gli venivano negate e gli abusi psicologici erano all’ordine del giorno. Mourad amava allenarsi in palestra, ma durante la detenzione è arrivato a perdere fino a 30 chili. Il cibo era sempre insufficiente». Nonostante le violenze, Mourad è riuscito a laurearsi in Scienze Politiche, con una specializzazione sulla politica israeliana. «Quando è stato rilasciato, ha dovuto riabituarsi ai colori. In cella c’erano solo grigio, bianco e nero. Così come alla tecnologia. Non aveva mai visto uno smartphone prima d’ora e non sa come utilizzarlo. Non conosceva il mondo esterno», racconta la sorella. La pace che non c’è. Israele e Hamas ricominciano a sparare Diritti violati Secondo Naji Abbas, direttore del Dipartimento per i prigionieri e detenuti presso Physicians for Human Rights Israel, «negli ultimi due anni le carceri israeliane sono diventate veri e propri campi di tortura. Ogni singolo diritto fondamentale viene violato. Oggi ci sono ancora quasi 9.000 palestinesi detenuti, di cui circa 4.000 senza alcuna accusa formale. Più di 1.000 sono morti per mancanza di cure o a causa delle torture subite in carcere. Inoltre, quasi tutti i palestinesi rilasciati da Gaza non erano accusati di alcun reato». Delle torture è tornato a parlare anche il Guardian, secondo il quale almeno 135 corpi mutilati di palestinesi poi restituiti da Israele a Gaza erano stati trattenuti in un centro di detenzione già oggetto di accuse di tortura e morti illegali durante la custodia. A quanto scrive il quotidiano britannico, un documento trovato all'interno di ogni sacco per cadaveri indicava che i corpi provenivano tutti da Sde Teiman, una base militare nel deserto del Negev dove, secondo le foto e le testimonianze pubblicate dal Guardian l’anno scorso, i detenuti palestinesi venivano tenuti in gabbie, bendati e ammanettati, incatenati a letti d'ospedale e costretti a indossare pannolini. Il portavoce Unrwa: «Israele non ci fa consegnare gli aiuti. La Ghf è stata un fallimento» Per quanto riguarda ,a deportazione forzata, aggiunge Abbas, è una violazione del diritto internazionale. «Questi prigionieri sono cittadini palestinesi. Non hanno altre cittadinanze. In Egitto affronteranno nuove pressioni e le loro famiglie non potranno mai visitarli». E aggiunge: «Questo è l’obiettivo israeliano: obbligare i palestinesi ad abbandonare la loro terra. Ed è stato anche l’annuncio esplicito di vari politici israeliani». Mourad non potrà più tornare nei territori palestinesi. «Proveremo ad andare a trovarlo», dice Aida. «Ma probabilmente ci fermeranno alla frontiera. È difficile che riusciremo a vederlo ancora. L’esercito israeliano ce lo impedirà sicuramente».