Maggiori investimenti in difesa e revisione della postura della Francia nello scacchiere europeo e internazionale rappresentano i due pilastri su cui si regge la risposta di Parigi alla guerra in Ucraina.

A dare avvio a questa fase di rafforzamento delle capacità militari francesi e della proiezione del paese transalpino all’estero è stato il presidente Emmanuel Macron nel discorso pronunciato a inizio novembre a Tolone, a bordo della portaerei Dixmude, di fronte a una platea costituita per lo più da militari.

Il capo di Stato ha illustrato la strategia che dovrà guidare il paese nei prossimi anni e grazie alla quale la Francia sarà in grado di presentarsi come una nazione forte, indipendente e rispettabile – in virtù anche delle sue capacità nucleari – e adatta a guidare l’Europa verso l’autonomia strategica, restando allo stesso tempo un partner di rilievo all’interno della Nato. Un progetto che va di pari passo con il consolidamento e la promozione del settore industriale nazionale della difesa, utile non solo per rafforzare le proprie forze armate ma anche per continuare a primeggiare in Europa.

Per raggiungere tutti questi obiettivi, Macron ha prima di tutto previsto un aumento delle spese dedicate alla difesa, che nel 2023 dovrebbero arrivare alla cifra record di 43,9 miliardi, la più alta mai raggiunta negli ultimi quindici anni. Con questa manovra la Francia si avvicina ancora di più al traguardo del 2 per cento richiesto dalla Nato già dal 2014, sulla scia di un aumento delle spese per la difesa che ha caratterizzato fin dall’inizio la presidenza Macron.

Più armi e uomini

L’importanza dello stanziamento previsto per il 2023 non è solo nei numeri, ma anche nel modo in cui verranno allocate le risorse. Almeno 30 dei quasi 44 miliardi sono destinati all’acquisizione di nuovi armamenti e alle spese di mantenimento in operatività del materiale già in dotazione alle forze armate. In questo modo il governo punta a evitare che armi e armamenti finiti nei magazzini e sostituiti con versioni più moderne si deteriorino al punto da non poter più essere impiegati. Questa considerazione nasce dalle lezioni apprese dalla guerra in Ucraina, a cui gli stati europei hanno inviato materiale militare considerato spesso obsoleto ma che si è rivelato invece utile per contrastare l’avanzata della Russia.

Altri 2 miliardi andrebbero invece all’acquisto di nuove munizioni per arricchire l’arsenale francese e sostituire quelle che sono state inviate in Ucraina, mentre altri 5,6 miliardi saranno dedicati al rafforzamento della deterrenza nucleare della Francia, unico paese dell’Ue ad avere capacità atomiche. L’interesse del ministero si è diretto anche sul dominio spaziale, a cui andranno 702 milioni, e a quello cyber, il cui budget sarà di 288 milioni, con l’obiettivo anche di reclutare 1.900 persone da impiegare per il contrasto alle minacce ibride. Altri 3,5 milioni saranno invece investiti per proteggere gli asset statali presenti sui fondali marini, come i cavi o i giacimenti energetici.

Ma il capitolo “investimenti” non è l’unico su cui il governo francese ha deciso di puntare. Altra questione da affrontare è quella relativa al personale e in particolare all’aggiornamento degli stipendi, obiettivo raggiungibile grazie a un aumento di 669 milioni. In questo modo si punta non solo a rafforzare il potere di acquisto dei militari e delle loro famiglie, ma anche a incentivare l’interesse verso alcuni incarichi maggiormente trascurati in quanto più pericolosi ma necessari per lo sviluppo delle capacità militari del paese.

Ma il ministero punta anche a un aumento degli effettivi e al ricambio generazionale. Con 29.700 militari prossimi alla pensione e almeno 1.500 nuove assunzioni, l’85 per cento delle nuove forze dovrebbe avere meno di 25 anni.

Industria nazionale

A beneficiare dell’aumento delle spese in difesa e in particolare in procurement saranno in buona parte le aziende francesi, secondo uno schema che punta proprio a rafforzare il sistema industriale nazionale e la sua competitività.

Tra i progetti previsti dal ministero figurano l’acquisto di altri quarantadue nuovi velivoli Rafale del gruppo Dassault Aviation, il cui export nel 2021 ha superato il valore di 30 miliardi di euro grazie a contratti con Egitto, Grecia ed Emirati. Un successo che ha permesso a Parigi di classificarsi al primo posto nella lista dei paesi esportatori di armamenti in Europa e terzo al mondo con una quota di mercato dell’11 per cento. Altra azienda chiamata a contribuire all’ammodernamento delle forze armate francesi è Airbus helicopters, da cui saranno acquistati ventidue elicotteri, nonché Mbda, il consorzio missilistico europeo che dovrebbe fornire un lotto di missili a media gittata alle forze armate e un altro per le fregate Fremm, e il Naval group, che si occuperà di realizzare un secondo sottomarino nucleare classe Barracuda per la Marina.

Altro capitolo di spesa è poi quello dei veicoli blindati leggeri, che saranno comprati dalla francese Nexter insieme ai cannoni Caesar, già inviati in Ucraina.

La scelta di prediligere prodotti realizzati in Francia non è certo casuale. Per Macron è importante che le aziende nazionali siano in grado di sostenere lo sforzo bellico del paese nel lungo periodo attraverso la realizzazione di riserve strategiche, la ricollocazione delle linee di produzione più importanti e la diversificazione dei prodotti. Il tutto in linea con l’idea di “economia di guerra” già delineata a giugno in occasione della fiera degli armamenti Eurosatory.

Revisione strategica

Il rafforzamento delle industrie nazionali è solo uno dei punti che caratterizzano la revisione strategica annunciata da Macron e che punta a rendere la Francia forte, unita, autonoma nelle sue scelte, credibile, rispettata in quanto potenza nucleare e motore dell’autonomia strategica europea, restando al contempo un alleato imprescindibile della Nato. Il rafforzamento a livello sia militare che industriale dovrebbe consentire alla Francia di avere un ruolo più attivo nello scacchiere internazionale, permettendole di mantenere la capacità di guidare le operazioni militari da sola o all’interno di una coalizione. Parigi conta infatti di mantenere stabile la sua presenza all’estero con 30mila militari dislocati nei teatri di maggiore interesse, Africa compresa.

Per quanto riguarda invece il contesto europeo, Macron punta al rafforzamento della sovranità dell’Ue e allo sviluppo delle industrie della difesa, indispensabile per il raggiungimento di quell’autonomia strategica che la Francia è interessata a guidare. Da ciò deriva anche il sostegno di Macron al piano presentato dall’Alto rappresentante per gli Affari esteri, Josep Borrell, per l’acquisto congiunto di materiale militare. A trarne vantaggio saranno le aziende maggiormente in grado di rispondere in tempi rapidi alle esigenze degli eserciti nazionali, e Macron ha tutto l’interesse a promuovere l’industria nazionale francese e ad assumere un ruolo di leader nell’implementazione dell’autonomia strategica europea.

Unico ostacolo alle ambizioni del presidente e del ministro delle Forze armate, Sebastien Lecornu, è la cautela del dicastero delle Finanze. La Legge di programmazione militare di prossima approvazione punta al raggiungimento del 2 per cento del Pil in difesa entro il 2030, ma perché ciò sia possibile è necessario un investimento dal 2023 in poi di 400 miliardi. Numeri che secondo il ministro delle Finanze Bruno Le Maire non sono sostenibili e che potrebbero al massimo attestarsi intorno ai 377 miliardi.

Le perplessità di Le Maire non sembrano interessare Macron, intenzionato ad aumentare il protagonismo della Francia nello scacchiere internazionale a partire da un rafforzamento dell’esercito che va di pari passo con il sostegno alle imprese nazionali, verso cui potrebbero essere indirizzati anche gli acquisti congiunti dei paesi dell’Europa. Unione, quest’ultima, che nella visione del presidente francese rappresenta più un gruppo di stati da guidare che non un insieme di alleati con cui collaborare.

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