A quasi un anno dall’inizio della guerra in Ucraina il presidente Volodymyr Zelensky ha già messo in moto il processo di ricostruzione del paese dando vita a una competizione tra le aziende europee e straniere.

Il governo italiano deve fare i conti con la concorrenza di Francia, Germania e Polonia. Intere città sono da ricostruire, altre hanno subito pesanti danni. Sul tavolo ci sono investimenti potenziali per circa mille miliardi di euro, mentre lo scorso autunno la banca mondiale stimava costi per le riparazioni intorno oltre i 600 miliardi di dollari.

I vertici delle istituzioni europee al momento stanno valutando se finanziare parte dei danni provocati dalla guerra con i beni congelati agli oligarchi russi colpiti dalle sanzioni. Ma oltre a come pagare i costi della ricostruzione, a Bruxelles i funzionari europei sono preoccupati dalla corruzione.

Francia e Germania

Ludovic Marin, Pool via AP

Lo scorso dicembre il presidente francese Emmanuel Macron ha organizzato a Parigi una conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina alla quale hanno partecipato circa 700 aziende nazionali. In un incontro privato con i rappresentanti delle imprese francesi ha chiesto di fare di più «senza aspettare la fine della guerra».

Durante l’evento sono state raccolte donazioni per oltre un miliardo di euro e sono stati siglati una serie di accordi commerciali come quello dal valore di quasi 38 milioni di euro tra la Saarstahl (gruppo tedesco in Francia) e l’Ukrzaliznytsia per la fornitura di rotaie per riparare le linee ferroviarie distrutte dalle bombe.

Sempre a Parigi è stato firmato un memorandum dal valore di 25 milioni di euro per la fornitura di materiale edile per la Ukravtodor che servirà alla ricostruzione di ponti e cavalcavia. Il 20 dicembre, invece, le aziende francesi Egis, Dassault Systèmes e B4 hanno annunciato che il governo ucraino ha scelto il loro know how per servirsi delle tecnologie virtuali 3D per ricostruire le aree urbane.

All’evento di Parigi la prima vice ministra dell’Economia, Yuliia Svyrydenko, ha illustrato alcuni piani di investimento come quello dell’International finance corporation che ha intenzione di attrarre due miliardi di dollari per il settore privato ucraino e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo che sta preparando un programma da 3 miliardi di dollari.

Il governo tedesco dopo aver organizzato a ottobre a Berlino la sua conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina sarà presente a quella che si terrà a Varsavia il prossimo 15 febbraio voluta dal governo polacco.

I ministri tedeschi saranno presenti al padiglione di circa 500 metri quadri riservato alle loro aziende nazionali che hanno l’obiettivo siglare accordi commerciali con i rappresentanti ucraini delle città bombardate presenti all’evento.

Al momento la Germania, secondo i dati di Bloomberg, è il secondo paese che fornisce maggiore aiuto finanziario all’Ucraina dopo gli Stati Uniti. Un credito da vantare negli affari post-guerra.

Oltre l’Europa

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Lo scorso 30 novembre il Regno Unito e l’Ucraina hanno siglato un accordo commerciale digitale, che servirà sia a sostenere il paese durante il conflitto – visti i continui attacchi russi alle infrastrutture elettriche e alle telecomunicazioni – sia nella fase di rilancio. Si tratta di un’opportunità anche per il Regno Unito, dato che sta facendo i conti con il costo salato della Brexit. Il documento, infatti, prevede un libero scambio tra i due paesi per una vasta serie di prodotti. Le relazioni bilaterali tra i due paesi saranno rafforzati il prossimo giugno, quando a Londra si terrà l’ennesima conferenza internazionale voluta dal governo britannico e durante la quale ci sarà molto spazio per le aziende nazionali.

La Turchia è stata tra i primi paesi a firmare un Memorandum per la ricostruzione. È avvenuto lo scorso 18 agosto con una visita a Leopoli del presidente turco Recep Tayyip Erdogan e del suo ministro del Commercio. Un risultato cercato da Erdogan sin da quando ha iniziato a fare da mediatore tra le delegazioni ucraine e russe nel processo di pace.

Tra i grandi stati per il momento c’è un grande assente: la Cina. Pechino ha cercato di esprimersi il meno possibile nel conflitto in corso non prendendo una posizione netta in favore dell’Ucraina e continuano a rispettare i suoi impegni commerciali con Vladimir Putin. Lo scorso 4 agosto Zelensky ha inviato un videomessaggio al presidente Xi Jinping al quale ha chiesto esplicitamente di entrare a fare parte del processo di ricostruzione del paese con le sue aziende statali.

Il rischio corruzione

In tutto questo processo c’è un’incognita che preoccupa Bruxelles: il problema della corruzione nel paese. Apprensioni che riguardano anche l’interno dell’Ue dopo lo scandalo corruzione che ha coinvolto Qatar e Marocco che ha coinvolto il parlamento europeo lo scorso dicembre.

Ai timori interni si sommano le notizie non rassicuranti che provengono da Kiev. Pochi giorni fa una mezza dozzina di alti funzionari, tra cui il vice capo dell’ufficio presidenziale di Zelensky, Kyrylo Timochev, e il viceministro della Difesa, Viaceslav Shapovalov, si sono dimessi o sono stati licenziati dopo accuse di corruzione da parte di alcune inchieste giornalistiche.

Il 1° febbraio le autorità ucraine hanno anche deposto la dirigenza dell’Agenzia delle dogane del paese e hanno eseguito una serie di perquisizioni. A capo dell’ente c’era Oksana Datiy accusata di aver eseguito operazioni illegali per un valore di oltre oltre 370 milioni di euro. Il quadro è preoccupante. Secondo Transparency International, l’Ucraina si colloca al 120esimo posto su 160 nella classifica sull’indice di percezione della corruzione.

Anche per questo quando il presidente Zelensky ha firmato a Kiev i moduli per aderire all’Unione europea i vertici di Bruxelles hanno chiesto l’implementazione di riforme che rinforzino non solo le istituzioni democratiche del paese ma contrastino anche la corruzione creando un sistema legale e investigativo in grado di perseguire questo tipo di crimini.

Al momento, per ridurre il rischio corruzione si discute di istituire delle gare di appalto per l’assegnazione dei progetti, oltre all’istituzione di alcuni organismi di controllo.

«Mi preoccupano i casi di corruzione ma è una cosa che sapevamo da anni. L’Ucraina è un paese che a corruzione se la gioca con l’Italia, siamo lì. Non è come altri paesi dove proprio è quasi una forma di governo, però è forte la corruzione. È un po’ come da noi quando ci fu mani pulite», dice Walter Togni presidente della Camera di commercio italiana per l’Ucraina.

Il prossimo 15 febbraio Togni sarà a Varsavia per il forum internazionale sulla ricostruzione al quale parteciperanno diversi rappresentanti delle autorità locali ucraine e membri del governo. In Polonia ci saranno 34 società italiane e centinaia di aziende europee e internazionali. Ma in Ucraina, la guerra non è ancora finita.

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