Quando si diffondono i dati di sondaggi russi o, più in generale, dei regimi non democratici, vi è una naturale predisposizione a ritenere infondate le informazioni che rilevano le opinioni di un campione rappresentativo della popolazione.

È noto che le tecniche di costruzione del campione e le modalità con cui si formano le domande possono fuorviare, influenzare e, talvolta, manipolare le risposte degli intervistati.

Nel caso russo, vi sono diversi istituti di ricerca che da decenni forniscono analisi e database su diversi fenomeni politici, economici e sociali: il VTsIOM, Fom e il Levada Center.

Fom

Vediamoli nel dettaglio. La Fondazione per l’opinione pubblica (Fom) è stata istituita nel 1991 come agenzia indipendente e dal 1996 è diventata l’organizzazione sociologica di riferimento della campagna elettorale presidenziale di Boris Eltsin. Da allora, Fom ha svolto committenze per l’amministrazione del presidente della Federazione russa, soprattutto in occasioni elettorali, ma anche ricerche per il governo, la Banca centrale, Gazprom, Yukos e altre importanti imprese federali.

Nel sito ufficiale, www.fom.ru, è possibile scaricare il bollettino “Dominanty” dove vengono riportate le analisi più significative della settimana. Ad esempio, nell’ultimo numero i dati confermano un aumento della fiducia verso il presidente Vladimir Putin pari a 82 punti percentuali e un giudizio estremamente positivo sul governo che balza da 37 punti del 20 febbraio 2022 ai 57 punti percentuali del 3 marzo, con un apprezzamento nei confronti del capo del governo, Michail Mišustin pari a 57 punti percentuali.

Sulla guerra in Ucraina, il 71 per cento degli intervistati ritiene che il governo debba «garantire la sicurezza della Russia, ottenere il disarmo dell’Ucraina e impedire lo spiegamento di basi Nato sul suo territorio», il 52 per cento sostiene che bisogna «proteggere la popolazione della Dpr e della Lpr», il 21 opta per «cambiare il corso politico dell’Ucraina e rimuovere i nazionalisti dal potere», il 10 per cento dei rispondenti vuole «eliminare lo stato dell’Ucraina, annettere il suo territorio alla Russia». Inoltre, il 68 per cento approva «l’operazione militare speciale» contro il 12 per cento che è contrario e il 20 per cento non si esprime.

VTsIOM

Il centro russo di ricerca sull’opinione pubblica (VTsIOM) risale al 1987 e, dopo aver acquisito lo status di istituzione scientifica dal 1993, pubblica la rivista scientifica, Monitoring Public Opinion: Economic and Social Changes, disponibile anche online al sito www.wciom.ru. L’istituto svolge numerose attività di ricerca nel settore del marketing elettorale, nel sociale, nell’impresa (finanza e assicurazioni, mercato immobiliare, sviluppo della reputazione aziendale, mercato delle tecnologie dell’informazione, misurazioni dei media, mercato automobilistico) e, soprattutto, ha una collaborazione permanente con i principali mass media russi e stranieri come Reuters, Financial Times, Bbc, Kommersant, Vedomosti.

L’ultima rilevazione del 5 aprile scorso indica che il 74 per cento degli intervistati approva l’operazione militare, il 17 per cento non approva e, anche in questo caso, si segnala un incremento della fiducia in Putin pari al 78 per cento e all’89 per cento nei confronti dell’esercito.

Un dato interessante è che il 6 per cento dei rispondenti afferma di aver visto «materiali che dimostrano azioni negative in Ucraina», ma il 41 per cento le considera false. La maggior parte dei russi (90 per cento) ritiene, infatti, che sia attualmente in corso «una guerra dell’informazione contro la Russia in connessione con l’operazione militare speciale» in Ucraina.

Levada Center

Il Levada Center è un’organizzazione non governativa indipendente che è sorta nel 2003 dopo che alcuni sondaggisti e sociologi del VTsIOM non hanno gradito l’interferenza del Cremlino con la nomina a supervisori di alcuni funzionari statali, avviando un percorso autonomo di ricerca sociale e politica. Il nome dell’istituto deriva dal sociologo Yuri Levada (1930-2006) che lo ha coordinato sino al 2006 e, successivamente, sostituito da Lev Gudkov. Questo istituto conta una ramificata rete di uffici regionali e svolge attività di ricerca sull’opinione pubblica anche nel “vicino estero” russo.

Dal 2012 il Levada Center è stato inserito nella lista degli “agenti stranieri” per aver dichiarato un finanziamento estero dall’1,5 al 3 per cento del suo budget totale e, in diverse occasioni, come ha affermato il direttore Gudkov a Tv Dozhd, vi sono stati tentativi di bloccare i risultati dei sondaggi sfavorevoli al partito Russia unita, che indicano quanto sia presente «l’aumento delle repressioni interne attuate dalla leadership del paese».

Negli ultimi giorni il Levada Center (www.levada.ru) ha fornito una serie di sondaggi che fotografano l’atteggiamento dell’opinione pubblica verso le istituzioni e il conflitto russo-ucraino. In primo luogo, si conferma il trend positivo di fiducia a Putin che dal 69 dello scorso dicembre 2021 si attesta all’83 per cento dei primi di marzo.

Questo aumento è riscontrabile anche a favore del primo ministro (71 per cento), del governo (70 per cento), della Duma (59 per cento) e di Russia unita (54 per cento). La maggioranza degli intervistati (53 per cento) appoggia «decisamente» le azioni delle forze armate che per il 43 per cento dei rispondenti sono necessarie per proteggere la «popolazione di lingua russa» e i «civili delle due repubbliche del Donbass», per «impedire un attacco alla Russia» (25 per cento) e «sbarazzarsi dei nazionalisti e ripristinare l’ordine» (21 per cento).

I sentimenti dominanti scaturiti da questo conflitto sono: «Orgoglio per la Russia» (51 per cento), «ansia, paura, orrore» (31 per cento), «shock» (12 per cento). La frattura generazionale è, ancora una volta discriminante nell’analisi sociologica della popolazione russa, perché evidenzia 20 punti percentuali contro il conflitto tra i giovani (18-24 anni) che hanno provato prevalentemente «paura, shock, depressione e stupore».

Altra rilevazione interessante, condotta dal Levada Center, riguarda la percezione delle sanzioni occidentali. Rispetto allo scorso dicembre 2021, le sanzioni non infastidiscono il 23 per cento degli intervistati (a dicembre era il 35 per cento), il 27 per cento è «abbastanza preoccupato» (nel 2020 era il 19 per cento) e il 19 per cento «molto preoccupato» (nel 2020 era al 13 per cento).

In sintesi, il campione è spaccato in due ed è al livello del novembre 2018: il 46 per cento afferma che le sanzioni «danno fastidio» mentre il 53 per cento sostiene che «non danno fastidio». Infine, il 58 per cento dei russi non ha sentito parlare di proteste nelle varie città contro la guerra in Ucraina rispetto al 41 per cento che è a conoscenza dei fatti.

Sono solo sondaggi, ma che siano stati condotti da enti più indipendenti o filo-governativi i numeri non sono così discordanti. E, nel frattempo, la rivoluzione dal basso, il colpo di stato, l’economia in ginocchio in Russia tardano ad arrivare.

© Riproduzione riservata