Dopo l’attacco russo in Ucraina, diversi stati hanno chiesto l’intervento della Nato. Il segretario generale Jens Stoltenberg ha detto che è stato attivato un piano di difesa per tutelare gli alleati che consiste nell’invio di più truppe nei paesi Baltici. È escluso come ribadito anche nella conferenza stampa di oggi un intervento diretto in Ucraina, anche perché non essendo un paese membro dell’Alleanza non si può applicare l’articolo 5 che prevede la difesa dell’intera Organizzazione in caso di un’aggressione nei confronti di un alleato.

Le relazioni tra Nato e Ucraina

Nel Donbass si combatte dal 2014 e inevitabilmente si sarebbe dovuti uscire dal pantano della guerra civile, che prima dell’invasione di Putin ha causato circa 14mila vittime tra i separatisti e gli ucraini. Ma la situazione è complicata, anche per la diplomazia, e un’ulteriore scontro armato non conviene a nessuna delle parti in gioco. Non si può scindere, però, la crisi militare del Donbass dall’allargamento a Est della Nato con l’annessione dell’Ucraina, la vera paura di Vladimir Putin.

I rapporti tra la Nato e l’Ucraina iniziano a intensificarsi dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, quando nel 1991 è entrata nel Consiglio di cooperazione nord-atlantica (1991) e tre anni più tardi il paese ha aderito al programma Partnership for Peace. Le relazioni sono state rafforzate con la firma della Carta del 1997 su un partenariato distintivo, che ha istituito la Commissione Nato-Ucraina (Nuc) per portare avanti la cooperazione. Ma la questione si è infiammata nel 2008, come ricordato nell’agosto del 2014 dall’ex Segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen: «Non voglio interferire con le discussioni politiche in Ucraina, ma permettetemi di ricordarvi la decisione della Nato presa al vertice di Bucarest nel 2008, secondo la quale l’Ucraina diventerà membro della Nato, a condizione, naturalmente, che l’Ucraina lo desideri e che soddisfi i criteri necessari».

Per questo, destabilizzare il paese con i separatisti nel Donbass è la strategia di Putin per avere un territorio franco in Ucraina e un’arma puntata contro Kiev e l’Europa.

L’Alleanza dal 2014 a oggi

AP Photo/Olivier Matthys

Negli ultimi otto anni la Nato ha tenuto un atteggiamento di “appeasement” nei confronti della crisi ucraina, lasciando scorrere il tempo. D’altronde non essendo Kiev un alleato, non c’è l’obbligo di intervento. E la strategia usata si è espressa con tante parole spese e pochi fatti. Anche i comunicati rilasciati negli anni sono sterili come quello del 2014 dopo l’annessione della Crimea alla Russia. La risposta ufficiale dell’Organizzazione atlantica appare sterile senza strategia diplomatica o militare: «I ministri degli Esteri della Nato hanno concordato misure per migliorare la capacità dell'Ucraina di provvedere alla propria sicurezza. Hanno anche deciso di sviluppare ulteriormente il loro sostegno pratico all'Ucraina, sulla base di un significativo rafforzamento dei programmi di cooperazione esistenti, nonché lo sviluppo di nuovi programmi sostanziali».

Due anni più tardi, nel vertice di Varsavia del 2016, le misure della Nato a sostegno dell’Ucraina sono rientrate nel Comprehensive assistance Package (Pac), un programma con cui gli alleati hanno fornito consulenza sulla riforma del settore della difesa e della sicurezza e sul rafforzamento delle istituzioni di Kiev.

Durante tutta la crisi, comunque, la Commissione Nato-Ucraina ha tenuto rapporti stretti riunendosi in sessioni straordinarie come quella del novembre 2018 quando la Russia ha usato la sua forza militare per sequestrare tre navi ucraine nello stretto di Kerch, il passaggio che unisce la Crimea al resto del territorio ucraino. Dopo quell’evento, la Nato ha tentato con la Russia la via del dialogo. Nel luglio del 2019 si è tenuto nella gigantesca sede dell’Organizzazione a Bruxelles, l’incontro del Consiglio Nato-Russia. Ma la riuscita fallimentare di quell’incontro si manifesta nel fatto che non ne sono seguiti altri per tre anni, quando la crisi tra Russia e Ucraina era a un passo da diventare guerra, come poi è accaduto. Con Zelensky la Nato ha trovato un amico fedele a Kiev: in piena pandemia nel settembre 2020 il presidente ucraino ha approvato la nuova strategia di sicurezza nazionale che prevede lo sviluppo del partenariato distintivo con la Nato con l’obiettivo dell’adesione.

L’ultimo incontro del Consiglio Nato-Russia si è tenuto nel gennaio 2022, ma anche questo non ha portato a nessuna intesa. Nell’ultimo mese Putin e gli alleati della Nato non hanno fatto altro che ammassare truppe e mezzi militari lungo il confine, interrompendo la cooperazione civile e militare con la Russia. E la diplomazia europea è rimasta a guardare.

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