Quando la scorsa settimana ha avuto luogo il vertice Stati Uniti-Russia alla maggior parte dei commentatori occidentali è sfuggita la risposta che il presidente Vladimir Putin ha dato a Keir Simmons durante l’intervista alla Nbc americana: «Sulla scena politica diverse persone possono emergere, bene! Ho legato la mia intera vita alla fede nella patria (…) non c’è stato nessun altro scopo nella mia vita se non quello di rafforzare la Russia. Se vedrò un individuo, anche se sarà critico nei confronti di alcune mie attività, ma riterrò che lui o lei s’impegnerà per il paese e sarà pronto a sacrificare la vita per il paese, farò di tutto perché venga sostenuto. (…) È un processo naturale e biologico per cui ciascuno di noi a un certo punto è sostituito».

In queste frasi si possono scorgere alcuni elementi utili per capire l’intenzione di Putin sulla questione della successione alla carica presidenziale. In primo luogo, ritroviamo un aspetto ricorrente della sua comunicazione politica: il richiamo alla figura del presidente che deve essere al “servizio della patria”, pronto a sacrificarsi quotidianamente per garantire la stabilità politica e la prosperità economica. È un’attività che richiede impegno, dedizione, prontezza nelle decisioni e un buono stato di salute su cui Putin ha costruito l’immagine del “machismo” politico.

In secondo luogo, Putin lascia intendere che sarà il garante di una transizione “pilotata” al potere, una decisione che avverrà nei tempi e nei modi da lui stabiliti. Terzo aspetto: il successore, che potrebbe anche essere una donna, non deve aver necessariamente dimostrato una lealtà indiscussa a Putin, ma potrebbe provenire anche da una di quelle fazioni – che compongono il sistema di potere putiniano –, non totalmente allineata sul piano ideologico e programmatico al presidente in carica. Chi potrebbe essere, quindi, il successore di Putin? Diversi nomi e profili circolano già dai tempi delle ultime elezioni presidenziali del 2018, ma è Vladimir Zhirinovskij che, in una trasmissione sul Primo canale russo, qualche tempo fa ha fornito alcune interessanti ipotesi dopo essersi autoproclamato come «il candidato che tutti i russi aspettano da 34 anni».

I nomi in corsa

Il primo nominativo è Michail Mischustin (55 anni), sconosciuto ai più al momento della sua nomina nel gennaio 2020 e definito «un intelligente silovik nei panni di un civile», l’attuale capo del governo ha saputo conquistare la fiducia dei russi, posizionandosi, dopo Putin, al secondo posto con il 59 per cento di gradimento in base al rating dell’Istituto di ricerca Levada Center. Tra i nominativi più ricorrenti in ogni campagna presidenziale troviamo l’amico fidato di Putin, il ministro della Difesa Sergej Shoigu (66 anni), uno dei pochi rappresentanti delle minoranze etniche proveniente dalla Repubblica di Tuva e l’ex presidente della Federazione russa (2008-2012) e capo del governo (2013-2020), Dmitrii Medvedev (55 anni).

Quest’ultimo è stato oggetto di numerose inchieste della Fondazione per la lotta della corruzione di Aleksej Navalnyj e non gode della fiducia dei cittadini russi che giudicano la sue dimissioni come il migliore evento politico del 2020. Seguono l’ex presidente della Duma e direttore dell’intelligence russa, Sergej Narjshkin (66 anni), l’attuale presidente della Duma, Vjaceslav Volodin (57 anni), che non nasconde ambizioni presidenziali, il governatore della repubblica di Tula, Aleksej Dyumin (48 anni), che ha avuto un ruolo decisivo nella riunificazione della Russia con la Crimea e, infine, l’unica donna citata è l’ex governatrice di San Pietroburgo, Valentina Matvivjenko (72 anni), senatrice e presidente della camera alta del parlamento.

Ma c’è un nominativo che suscita una particolare attenzione, anche per il ruolo che ha avuto nella gestione pandemica e ha tuttora con l’arrivo della terza ondata del Covid-19: Sergej Sobyanin, il sindaco di Mosca. Politico di lungo corso Sobyanin ha ricoperto diversi incarichi (governatore della regione di Tjumen, vice primo ministro del governo di Mikhail Fradkov e capo dell’amministrazione presidenziale) che gli hanno consentito di diventare un punto di riferimento nel partito Russia unita e acquisire la conoscenza dei meccanismi di potere del Cremlino.

Considerato un “pragmatico moderato”, equidistante dai liberali e nazionalisti, Sobyanin è stato nominato coordinatore dell’unità di crisi pandemica e non ha esitato a prendere provvedimenti anche contrari alla volontà presidenziale.

Oltre a questi politici la sociologa e studiosa dell’élite russa, Olga Kryshtanovskaja, non esclude che il “delfino” di Putin possa provenire dalle file dei burocrati e delle guardie del corpo. Tra i funzionari i nomi più accreditati sono Andrei Belousov (62 anni), con un passato nel Kgb che ritiene che la Russia sia circondata da «un anello di nemici», Dmitrij Kozak (62 anni), san pietroburghese come Putin che è stato responsabile dell’organizzazione delle Olimpiadi a Sochi e ha ricoperto numerosi incarichi politici, e l’ex ministro della Cultura, ultraconservatore, Vladimir Medinsky (50 anni). Infine, la guardia del corpo di Eltsin e Putin, Aleksej Dyumin, e Dmitrij Mironov, Sergej Morozov e Evgenij Zinichev nominati governatori rispettivamente di Jaroslav, Astrachan e Kaliningrad.

Scelta tricologica

Un sondaggio dello scorso aprile, condotto dall’istituto indipendente Levada Center, sull’intenzione di voto alle elezioni presidenziali, fotografa una situazione di «congelamento della scelta di voto»: Putin ottiene il 56 per cento delle preferenze dei rispondenti, seguito da Vladimir Zhirinovskij al 6 per cento, Gennadij Zjuganov e Aleksej Navalnyj al 2 per cento mentre gli incerti si attestano al 18 per cento e l’astensione al 23. Fatta eccezione per il nominativo di Navalnyj, che nei sondaggi non ottiene mai un grande consenso degli intervistati, gli altri leader sono candidati presidenziali o leader presenti nel panorama politico da trent’anni.

I tempi non sono ancora maturi per parlare di successione alle prossime elezioni presidenziali del 2024, ma una eventuale crisi economica, gli effetti sociali della pandemia e le “critiche” elezioni parlamentari del prossimo 19 settembre potrebbero incidere sull’accelerazione della scelta di Putin.

Come ha affermato il portavoce presidenziale Dmitrij Peskov: «Il tema dei successori da sempre attrae grande interesse sulla scena politica russa e tra gli osservatori e circoli affini. È sempre stato così e probabilmente così sarà sempre. Il più delle volte, naturalmente, questi ragionamenti non hanno alcuna base concreta e non sono altro che speculazioni». Se di un mero passatempo si tratta, allora possiamo anche prendere in considerazione la suggestiva storiella diffusa nell’Urss degli anni Settanta e Ottanta che individua nella tricologia l’infallibile criterio di individuazione del successore: dal 1825 al potere in Russia si alternano, infatti, sempre un leader con i capelli e uno (quasi) calvo.

 

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