Attualmente sono 877 le persone destinatarie di misure di congelamento di beni e risorse, «in quanto le loro azioni hanno compromesso l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina». Come vengono disposte queste misure restrittive? Cosa accade ai beni sottoposti a congelamento? Si tratta di vere sanzioni?

Le sanzioni

Le misure restrittive (sanzioni) dell’Unione europea (Ue) sono uno degli strumenti utilizzati nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione (PESC).

La loro base giuridica è nel Trattato sull’Unione europea secondo cui la competenza ad adottarle è del Consiglio Ue, e nel Trattato sul funzionamento dell’Unione ai sensi del quale possono essere oggetto delle misure anche le persone fisiche.

Se la decisione del Consiglio prevede il congelamento dei beni e/o altri tipi di sanzioni economiche e/o finanziarie, serve un regolamento attuativo.

Il Consiglio Ue segue alcuni principi di base, contenuti negli “Orientamenti sull’attuazione e la valutazione delle misure restrittive”. Tra gli altri, «la decisione di sottoporre una persona o entità a misure restrittive mirate richiede criteri chiari, adattati a ogni singolo caso, intesi a stabilire quali persone ed entità possano essere incluse nell’elenco. Le proposte di inserimento in elenco devono essere accompagnate da motivazioni precise, attuali e sostenibili».

Inoltre, i regolamenti con i quali si dà attuazione alle decisioni del Consiglio «sono vincolanti e direttamente applicabili in tutta l’Ue e sono soggetti al controllo giurisdizionale».

Gli oligarchi colpiti da misure restrittive, a seguito dell’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia, si aggiungono a quelli già oggetto di provvedimenti adottati nel 2014. La lista delle persone oggetto di sanzione si trova in vari numeri della Gazzetta ufficiale dell’UE.

A parte il presidente russo Vladimir Putin, il ministro degli Esteri Sergej Lavrov e i membri della Duma, si tratta – tra gli altri – di soggetti che forniscono un sostegno materiale o finanziario ai decisori russi o al governo della Federazione russa e di imprenditori di spicco in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo stesso.

Un esempio può aiutare a capire. Roman Abramovich, ex patron del Chelsea, è qualificato come «oligarca russo che ha stretti legami di lunga data con Vladimir Putin. Ha accesso privilegiato al presidente, con cui è ancora in ottimi rapporti. Grazie a tale legame con il leader russo è riuscito a preservare la sua considerevole ricchezza. È un importante azionista del gruppo dell’acciaio Evraz, uno dei principali contribuenti della Russia. Trae pertanto vantaggio dai decisori russi responsabili dell’annessione della Crimea o della destabilizzazione dell’Ucraina. È altresì uno degli imprenditori russi di spicco attivi in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo della Federazione russa».

Le autorità italiane per le sanzioni

La legge nazionale detta misure per il congelamento a fini di «contrasto del finanziamento del terrorismo e delle attività di paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale in base alle risoluzioni delle Nazioni unite o dell’Unione europea».

La competenza ad attuare il congelamento di beni e risorse – asset freeze –  deliberato dall’Ue è attribuita al Comitato di sicurezza finanziaria (Csf), istituito presso il ministero dell’Economia e delle finanze (Mef). Per congelamento delle risorse economiche si intende il divieto del loro «trasferimento, disposizione o, al fine di ottenere in qualsiasi modo fondi, beni o servizi, utilizzo».

Il Csf è composto dal direttore generale del Tesoro o da un suo delegato, che lo presiede, e da rappresentanti del ministero degli Affari esteri, del ministero dell’Interno, del ministero della Giustizia, della Banca d’Italia, della Commissione nazionale per le società e la Borsa, dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, dell’Unità di informazione finanziaria, della Guardia di finanza, della Direzione investigativa antimafia, dell’Arma dei carabinieri, della Direzione nazionale antimafia. Per i compiti riguardanti l’asset freeze, il Comitato è integrato da un rappresentante dell’Agenzia del demanio.

Il congelamento è disposto con decreto dal ministro dell’Economia, di concerto con quello degli Affari esteri, su proposta del Csf. «L’Agenzia del demanio provvede alla custodia, all’amministrazione e alla gestione delle risorse economiche oggetto di congelamento». Al Demanio competono le spese «necessarie o utili per la conservazione e l’amministrazione dei beni», sostenute «mediante prelevamento dalle somme riscosse a qualunque titolo».

Tuttavia, «se dalla gestione dei beni sottoposti a congelamento non è ricavabile denaro sufficiente per il pagamento delle spese» – come, ad esempio, nel caso in cui siano sottoposti a congelamento gli yacht degli oligarchi – il Demanio può attingere da un apposito fondo nel bilancio dello stato «con diritto di recupero nei confronti del titolare del bene in caso di cessazione della misura di congelamento».

In caso di cancellazione dalle liste, la persona i cui beni sono stati congelati viene invitata a prenderli in consegna entro centottanta giorni; se non si presenta, l’Agenzia del demanio provvede alla vendita e, decorsi tre mesi, le somme ricavate sono devolute all’erario.

Profili giuridici

Il congelamento non è una sanzione penale, pur producendone gli effetti nella sostanza, e non potrebbe essere diversamente. I beni congelati, infatti, non sono pertinenti a un reato, né è contestato un reato al soggetto che ne è destinatario.

La misura restrittiva è irrogata per i legami del destinatario stesso con il governo di uno stato o con il suo vertice, indipendentemente dall’apertura di una indagine o di un procedimento penale nei suoi riguardi.

Nei citati Orientamenti sulle misure restrittive si afferma che le decisioni del Consiglio Ue «devono rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali, in particolare il diritto a un giusto processo e il diritto a un ricorso effettivo».

Trattandosi di provvedimenti non adottati a esito di un procedimento giurisdizionale, c’è comunque un affievolimento delle garanzie processuali di cui alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Ma i soggetti che ne sono destinatari possono ricorrere alla Corte di giustizia, la quale non valuta l’opportunità delle sanzioni comminate dal Consiglio, ma si limita a verificare che quest’ultimo non abbia manifestamente ecceduto i limiti della sua discrezione nell’adottarle – cioè che non si tratti di provvedimenti contrari ai princìpi dell’Unione, sproporzionati o diretti a soggetti estranei al governo interessato – e valuta il giusto equilibrio tra la preservazione della pace e della sicurezza internazionali e la tutela dei diritti fondamentali della persona interessata.

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