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Quei “turisti cecchini” a Sarajevo. Fantasmi della guerra più sporca

Un’inchiesta a Milano e un documentario rilanciano la storia di non meglio identificati “cittadini europei” che nel pieno delle guerre balcaniche attraverso un'agenzia di Vienna raggiungevano Belgrado, da qui la Bosnia e pagavano cifre favolose scegliendo à-la-carte il loro menu: uccidere a distanza un bambino costa tanto, una donna tanto, un uomo tanto. Voci concordi, prove nessuna. Ma gli indizi non mancano

Quando da un passato remoto che non passa mai è arrivata quella notizia, “italiani cecchini turisti a Sarajevo”, non è stata una sorpresa, ma un déjà vu o, per meglio dire, un “déjà écouté”. C’era in più quel dettaglio, “italiani”, assai più preciso del generico “europei” di cui eravamo a conoscenza, che ha scatenato l’ondata di telefonate ricevute sul mio cellulare da lunedì nel momento in cui si è diffusa l’informazione. «Gigi, tu che c’eri a Sarajevo, è vero?». Per evadere da subito la domand

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