Oggi voglio scrivere di quello che abbiamo imparato mercoledì, giovedì e venerdì della settimana scorsa. Andiamo con ordine: mercoledì è stato il giorno della storica audizione del Congresso al potere monopolistico della grande tecnologia. Giovedì le compagnie chiamate a deporre hanno annunciato guadagni oltre ogni previsione anche nel mezzo del collasso dell’economia, mentre venerdì Donald Trump ha detto che potrebbe bandire il social media TikTok. Si tratta, in sequenza, di questioni di democrazia, monopolio e sicurezza nazionale.

“La democrazia riafferma sé stessa”

Mercoledì, il capo della sottocommissione antitrust della Camera, David Cicilline,ha aperto una audizione sulle grandi piattaforme tecnologiche che è la più grande inchiesta del Congresso sul potere delle corporation negli ultimi decenni. Nel suo discorso di apertura, Cicilline ha chiarito cosa c’è in gioco e ha spiegato il contesto storico.

“La democrazia americana è sempre stata in guerra con il potere monopolistico”, ha detto. “Nel corso della nostra storia, abbiamo riconosciuto che la concentrazione dei mercati e dei controlli politici sono incompatibili con gli ideali democratici. La loro capacità di dettare i termini, prendere le decisioni, controllare interi settori e incutere paura rappresenta il potere di un governo privato”. Poi ha chiuso con una battuta finale: “I nostri fondatori non si sono inchinati davanti a un re. Nemmeno noi dovremmo inchinarci davanti agli imperatori dell’economia online”.

Questa formulazione è molto significativa, è la stessa cosa che ho scritto nel mio libro Goliath: The 100-Year War Between Monopoly Power and Democracy. Una delle cose principali che ho notato è stato il ruolo critico del Congresso e delle indagini nel potere delle aziende, che gli americani hanno sempre visto come governi privati che rivaleggiano con il nostro governo democratico. Fino alla settimana scorsa avevo letto di queste idee soltanto in trascrizioni di vecchie audizioni, negli archivi e in interviste con anziani che mi parlavano di quand’erano giovani.

E infine è arrivato mercoledì scorso. Cicilline ha dato un tocco di sensibilità da New Deal a queste interrogazioni, agendo come un moderno Wright Patman e offrendo al pubblico quel momento magico in cui i servitori dello stato arrivano a confrontarsi con un potere che elude le responsabilità, e mostrano la promessa e la possibilità di un governo del popolo. Alcuni dei testimoni delle piccole imprese che sono stati sentiti dal Congresso in precedenza, come David Heinemeier Hansson di Basecamp, erano “sconvolti” da questa performance, una reazione non particolarmente comune di questi tempi al Congresso.

Sono state cinque ore e mezzo davvero straordinarie, in cui questi potenti amministratori delegati hanno dovuto rispondere delle loro malefatte. Ho scritto una sintesi dell’audizione per il Guardian la mattina successiva. Quasi ogni singolo istante dell’interrogazione ha dato un’incredibile illustrazione della portata dei comportamenti negativi di queste compagnie.

Prendiamo Amazon, il cui amministratore delegato, Jeff Bezos, è spesso sembrato fuori fase e ignaro delle stesse pratiche della sua azienda. La deputata Lucy McBath ha fatto ascoltare in aula un audio di un venditore su Amazon che in lacrime descrive il modo in cui i suoi affari e la sua vita sono stati arbitrariamente distrutti dalle restrizioni alle vendite dei suoi prodotti, per ragioni a lui oscure.

Bezos si è mostrato sorpreso, come spesso gli capita. Il deputato Jamie Raskin ha presentato una email di Bezos in cui scrive, a proposito di un’acquisizione: “Stiamo comprendo aree di mercato, non tecnologia”. Bezos ha allora ammesso che Amazon acquista compagnie soltanto per la loro “posizione di mercato”, dimostrando che molte delle centinaia di acquisizioni che questi gruppi hanno fatto erano probabilmente illegali.

Mark Zuckerberg si è dovuto confrontare con le sue email nelle quali notava che l’acquisto di Instagram è stato fatto per assorbire un competitor. Ha risposto che non si ricordava, ma immaginava che probabilmente scherzasse quando ha scritto quelle cose.

Una deputata nella lista dei candidati per la vicepresidenza di Joe Biden, Val Demings, ha chiesto a Zuckerberg perché ha ristretto l’accesso agli strumenti di Facebook per competitor come Pinterest, ma non per altre aziende, come Netflix. Non ha saputo cosa rispondere. Cicilline ha chiesto conto della promozione di parole incendiario e del trarre profitto dalla pubblicità messa accanto a quelle parole. Zuckerberg si è spostato sul discorso della libertà di parola, e Cicilline lo ha interrotto: “Non è una questione di libertà di parola, ma del vostro modello di business”.

La performance di Cicilline e dei suoi colleghi come Pramila Jayapal e Joe Neguse ha mostrato che la “democrazia che riafferma sé stessa”, come ha detto l’ex capo della sezione etica di Google, Tristan Harris. L’audizione era la sesta di una serie iniziata un anno fa, ed è stato il culmine di un’indagine nella quale gli staffer hanno esaminato milioni di documenti e hanno scoperto prove di un comportamento anticompetitivo da parte di Google, Amazon, Apple e Facebook.

E’ stato anche un evento mediatico di proporzioni enormi. Ovviamente la stampa specializzata nella tecnologia si è occupata alla grande della cosa, ma è arrivata anche sulle prime pagine di tutti i principali giornali americani, il che è notevole se si considera che ad assorbire le attenzioni dei media ci sono una pandemia e le infinite controversie di Trump.

C’è stata anche un’importante copertura mediatica nel resto del mondo, dall’India al Brasile alla Germania. Il titolo migliore lo ha fatto il quotidiano spagnolo El Pais: “Il giorno in cui le compagnie tecnologiche hanno smesso di essere intoccabili”.

Che cosa potrebbe emergere? Cicilline ha detto che vuole un rapporto finale a settembre, che probabilmente conterrà delle proposte per aggiornare le leggi antitrust, fisserà regole per le piattaforme digitali e aumenterà i fondi per chi controlla. Il suo obiettivo è rendere queste proposte bipartisan. Mentre il repubblicano più alto in grado nella commissione giustizia, Jim Jordan, probabilmente rifiuterà di rafforzare le leggi antitrust, diversi repubblicani, come Ken Buck e Kelly Armstrong, hanno davvero capito i problemi generati dalle piattaforme tecnologiche dominanti, e potrebbero dare il loro appoggio.

Ma l’audizione non è stata soltanto importante perché potrebbe dare origine a nuove leggi. E’ possibile che porti a far rispettare leggi che esistono già. A destra crescono le voci sull’importanza della possibile azione antitrust del dipartimento di Giustizia contro Google.

Uno storico dirigente di Yelp che per quasi dieci anni ha fatto pressione per azioni antitrust contro Google, Luther Lowe, ha notato che le agenzie antitrust rispondono ai segnali del Congresso. Dai primi anni Ottanta agli anni Dieci, il Congresso ha generalmente indicato che voleva un rilassamento dei controlli, e le agenzie alla fine si sono adeguate. Questo è successo nell’era di Obama, quando i controllori tendevano a piegarsi a big tech. Cicilline ha spiegato questo punto parlando con Politico: “Penso che allora ci fosse l’idea che queste erano nuove aziende americane grandiose che offrivano servizi che piacevano alla gente”.

Dal 2015 quella dinamica è cambiata, e il Congresso è diventato sempre più aggressivo nei confronti delle agenzie. Questa audizione ha mostrato una profonda rabbia verso il modo in cui la commissione per il commercio e il dipartimento di Giustizia hanno operato, perché i documenti usati dai detective della sottocommissione erano a disposizione delle autorità di controllo anche quando approvavano acquisizione dopo acquisizione. Due giorni dopo l’audizione, Cicilline ha detto: “La commissione federale per il commercio non ha fatto un buon lavoro”.

Detto altrimenti, d’ora in poi sarà sempre meno probabile che i controllori godano del beneficio del dubbio quando approvano dei merger o non segnalano casi sospetti.

“Guadagni che hanno scioccato perfino Wall Street”

Il giorno dopo l’audizione, Google, Facebook, Amazon e Apple hanno tutte comunicato nuovi utili. Nel giorno in cui i dati hanno mostrato che l’economia americana sta crollando, su base annua, del 32 per cento, queste aziende “hanno visto il loro valore di mercato complessivo gonfiarsi di 250 miliardi di dollari grazie a guadagni che hanno scioccato perfino Wall Street”.

Come ha scritto Cristiano Lima, questi guadagni hanno legittimato l’audizione. Cicilline ha detto: “Hanno corroborato il nostro punto…quei guadagni sono ulteriori prove del fatto che sono troppo grossi, hanno un potere monopolistico e impongono affitti da monopolio. Stiamo assistendo alle conseguenze del potere economiche delle corporation”.

A Wall Street non si aspettano che i regolatori facciano qualcosa a queste aziende. All’amministratore delegato di Apple, Tim Cook, e a quello di Amazon, Jeff Bezos, non hanno nemmeno chiesto delle audizioni sull’antitrust, e Sundar Pichai ha detto che ha fiducia nel modello di business di Google.

Zuckerberg si è spinto anche oltre, e ha quasi formulato delle minacce sulla possibilità di restringere le pubblicità profilate (da parte dei legislatori oppure di Apple che impone nuovi termini all’app store). Ecco quello che ha detto Zuckerberg nella sua dichiarazione iniziale su questa possibilità:

“E’ vero che rendere più difficile profilare gli annunci ha un impatto sui ricavi di compagnie come Facebook, ma i costi molto più alti di una manovra del genere sarebbero quelli di ridurre l’efficacia degli annunci e le opportunità di crescita per le piccole imprese. Ciò ridurrebbe le opportunità per i piccolo imprenditori a tal punto da rendere l’impatto apprezzabile a livello macroeconomico. E’ davvero questo che i legislatori vogliono nel mezzo di una pandemia e una recessione?”

Dunque Zuckerberg non solo non si è scusato, ma probabilmente non cambierà il suo comportamento. Perché vediamo una tale fiducia nel potere dei monopoli proprio il giorno dopo una performance così forte del Congresso?

In parte perché Wall Street crede che le leggi contro i potenti siano collassate in America. E con tempismo perfetto, una serie di gruppi legali ed economici conservatori, probabilmente finanziati da big tech, hanno messo in piedi una nuova coalizione per difendere l’allentamento dei controlli, cosa che ha fatto anche la Chamber of commerce. Non è chiaro tuttavia come la reazione di big tech sarà diversa dopo l’audizione: hanno già comprato tutti quelli che potevano comprare.

Ma la visione di Wall Street non è solo basata sulla fede convinta nella mano che guida la corruzione; l’inerzia è reale e potente. Per esempio, Amazon ha annunciato nel suo comunicato stampa sui ricavi, il giorno dopo un’audizione che ha mostrato che la compagnia ha troppo potere, che l’azienda ha ottenuto approvazione unanime da parte della Federal communications commission per costruire un network da dieci miliardi di euro di 3.236 satelliti per fornire la banda larga globale.

Le ambizioni di Amazon sono senza fine, e i legislatori non hanno afferrato il significato di queste ambizioni. Ma lo faranno. Perché poi è arrivato venerdì.

La cacciata di TikTok?

Venerdì Donald Trump ha detto che vorrebbe forse bandire TikTok, il solo vero competitor di Facebook, per via del timore che il governo cinese possa manipolare gli americani usando una combinazione di architetture per la sorveglianza e un’ampia piattaforma di social media.

Lo scopo finale di tutto questo non è chiaro. Ci sono un sacco di indizi sul fatto che Microsoft voglia comprarsi il ramo americano di TikTok, cosa che potrebbe avvenire, oppure no. Microsoft è il solo monopolista della tecnologia che non è sotto torchio, perciò suppongo che sembri che una acquisizione del genere non riduca la competizione. Ma non è questo il punto.

A prescindere da un eventuale bando o spin-off di TikTok, o se una delle due opzioni abbia senso in termini di policy, è evidente che questa è l’era della regolamentazione delle piattaforme tecnologiche.

Le sparate di Trump, e il sostegno di fondo che riceve nella sua azione contro TikTok, riflette una vasto consenso sul fatto che le piattaforme di comunicazione devono a qualche livello essere strutturate dall’azione del governo, anche solo per renderle sicure dal punto di vista della sicurezza nazionale.

Le implicazioni vanno molto oltre TikTok, ma coinvolgono Google, Facebook, Amazon, Twitter e Microsoft. Questa compagnie producono infrastrutture critiche, e la società, attraverso le istituzioni pubbliche, giocherà un ruolo decisivo nello strutturarle.

Ecco perciò quello che abbiamo imparato mercoledì, giovedì e venerdì: saremo noi a governare big tech, non il contrario.

© Riproduzione riservata