- Profetico, il “discepolo dei forzati” presentiva già la matrice carceraria dell’universo totalitario che si rivelò nella Shoah e nel gulag, e che oggi minaccia attraverso l’onnipresenza della Tecnica.
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«Il nichilismo è apparso da noi perché siamo tutti nichilisti. […] I nichilisti non sono venuti da nessun luogo, sono sempre stati con noi, in noi, presso di noi», scrive Dostoevskij nei Quaderni di appunti (1881).
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Gli sprofondamenti delle democrazie nel totalitarismo, pesti nere o rosse, ma anche le derive sovraniste, ultraliberali con le loro finanze, mercificazione dei corpi, automatizzazione globalizzata degli spiriti o di quel che ne resta, trovano i loro antenati nel programma di Chigaliov. Stepane Trofimovich Verkhovenskij si diverte a canzonare la felicità utilitarista, aggiungendo al “chigaliovismo” la “profondità” della società dei consumi a venire: «Shakespeare o un paio di stivali, Raffaello o il petrolio?» (I Demoni, 1872).
Con la sua straordinaria proniknovenie (penetranza, enfasi, previsione, visione: le traduzioni sono deboli), Dostoevskij lancia una doppia sfida alla modernità globalizzata e s’impone come il profeta della nostra modernità nella quale “tutto è permesso”: compresi nichilismo e guerre sante, femminicidi e pedofilia. Sfida, anche e soprattutto perché queste rivelazioni sono possibili solo attraverso la lettura, una pratica oggi in difficoltà da parte dell’umanità digitalizzata e virale, che sta



