La Cina ha ripreso a crescere proprio mentre a Shanghai si registrano le prime morti per Covid-19 dall’esplosione dell’epidemia a Wuhan all’inizio del 2020. I dati pubblicati dall’ufficio nazionale di statistica (Nbs) dicono che nel primo trimestre del 2022 il prodotto interno lordo cinese è aumentato del 4,8 per cento, più del quarto trimestre dell’anno precedente (più 4 per cento). Il mese scorso l’incremento della produzione industriale è stato del 5 per cento (più 7,5 per cento sia a gennaio sia a febbraio) e gli investimenti in capitale fisso hanno fatto registrare un più 9,3 per centro nel primo trimestre.

Le cifre ufficiali segnalano due fatti importanti. Da un lato le ripercussioni del lockdown di Shanghai (diventato generalizzato dal primo aprile) non si sono ancora tradotte in un rallentamento del Pil, atteso per il periodo aprile-giugno. Dall’altro lato, dopo l’eccezionale rimbalzo dei primi due trimestri del 2021 (più 18,3 e più 7,9 per cento rispettivamente), dovuto soprattutto al boom dell’export in una fase in cui i concorrenti internazionali erano bloccati dal Covid, quella cinese nei prossimi mesi e anni sarà una crescita “lenta” rispetto all’iper-crescita pre-Xi Jinping.

Già a partire da quest’anno sarà difficile centrare l’obiettivo («intorno al 5 per cento») indicato dal premier Li Keqiang. «Dobbiamo essere consapevoli che il contesto nazionale e globale sta diventando sempre più complicato e incerto e che lo sviluppo economico sta affrontando difficoltà e sfide significative», ha dichiarato ieri il portavoce del Nbs, Fu Linghui.

Venerdì scorso la Banca centrale (Pboc) aveva annunciato una riduzione del tasso di riserva obbligatoria di un quarto di punto, mentre il premier Li ha convocato un vertice d’emergenza per esortare le maggiori economie provinciali (Guangdong, Zhejiang, Sichuan e Liaoning) a ridurre le tasse e ad emettere bond locali, per finanziare opere infrastrutturali.

Nelle prossime settimane la leadership potrebbe essere costretta a varare un più massiccio piano di stimolo. In una fase di doloroso ammodernamento del suo sistema economico e di crescente competizione con l’occidente, la Cina non può permettersi di rallentare troppo, anche perché continuano ad aumentare i neolaureati alla ricerca di un posto di lavoro.

Quest’anno raggiungeranno la cifra record di 10,76 milioni. Come farà nei prossimi mesi il governo a bilanciare l’imperativo della crescita economica con il dogma della strategia “contagi-zero”, che Xi ha ribadito come via maestra per combattere il nuovo coronavirus?

«Contro il virus nessuna tregua»

A Shanghai si contano le prime tre morti, tutte persone ultra ottantenni con gravi comorbilità, che per questo motivo non era stato possibile vaccinare. La metropoli ha registrato ieri 22.248 nuovi casi, dei quali 2.417 sintomatici. La situazione nella megalopoli degli affari resta tesa, perché i contagi sono tanti e una parte della popolazione manifesta, con proteste online e in strada, evidenti segnali d’insofferenza per i lockdown.

Il ministro della Sanità ha però ribadito ieri la linea più dura, per scongiurare l’idea «erronea di poter convivere col virus, che non è un’influenza». «La grande prova continua. Non ci deve essere il minimo rilassamento. I sistemi sanitari in tutto il paese devono rimanere in uno stato di emergenza – ha dichiarato Ma Xiaowei –. Siamo lontani dal poter tirare un sospiro di sollievo e prenderci una pausa». Ma ha promesso «le misure più rigorose, più complete, più risolute e decisive».

Sun Chunlan staziona a Shanghai da oltre due settimane, inviata da Pechino a vigilare sulle mosse delle autorità locali, finite sotto accusa per l’iniziale gestione eterodossa dell’epidemia. Costruire altri ospedali da campo dove isolare i paucisintomatici e continuare a testare a oltranza milioni di persone (200 milioni i tamponi nucleici effettuati dal 10 marzo) sono gli ordini che la vicepremier ha impartito ai funzionari della municipalità.

L’obiettivo è non deviare dalla strategia che potrà solo rallentare il contagio di Omicron, ma che per il partito ha la funzione ideologica di “dimostrare” la “superiorità” del sistema cinese nell’affrontare le crisi, come quella finanziaria globale del 2008 e il terremoto di Wenchuan nello stesso anno.

Delle cento maggiori città cinesi, in questo momento 73 sono sottoposte a forme di lockdown più o meno rigide per fronteggiare l’epidemia. Il Quotidiano del popolo non ha dubbi: l’approccio riconfermato dalla leadership resta «la scelta migliore in questa fase in base all’attuale situazione epidemica della Cina».

Per questo, nonostante l’epidemiologo Miao Xioahui abbia denunciato sui social media l’inutilità di tale approccio con Omicron – che produce continuamente varianti –, le squadre di soccorso sterilizzano di tutto: distributori automatici, corrimano delle scale condominiali e bottoni degli ascensori inclusi.

Oltre 700mila contagi, la popolazione rinchiusa in casa con preavvisi di poche ore, famiglie in difficoltà per la mancanza di approvvigionamenti non sono un bel biglietto da visita per la metropoli più cosmopolita del paese. L’altro vicepremier, Hu Chunhua, si è visto recapitare una lettera del presidente della Camera di commercio dell’Unione europea nella quale il suo presidente, Joerg Wuttke, ha rilevato che le attuali misure di contenimento stanno «causando interruzioni significative, che si estendono dalla logistica e dalla produzione lungo l’intera catena di approvvigionamento all’interno della Cina».

Al dipartimento di stato Usa, che ha invitato il personale non essenziale del consolato di Shanghai a rientrare in patria, il portavoce del ministero degli esteri, Zhao Lijian, ha replicato che quella di Washington è una mossa per «gettare fango sulla Cina».

Un caos che scuote il partito

Le autorità locali probabilmente pagheranno un prezzo. Forse non Li Qiang, il capo del partito della municipalità di Shanghai, tradizionale trampolino di lancio per entrare nel sancta sanctorum del Comitato permanente dell’Ufficio politico, il consesso dei sette leader che governa la Cina. Attualmente membro dell’Ufficio politico e numero 14 della nomenklatura del partito, la settimana scorsa, nel corso di un’ispezione nei quartieri della città, Li è stato sonoramente mandato a quel paese da un paio di anziane signore che gli hanno rinfacciato la difficoltà di molte famiglie a reperire cibo e le dure condizioni di vita alle quali sono costrette dal coprifuoco.

Il video della vivace contestazione a uno dei politici più potenti del paese ha fatto il giro dei social, rivelando l’imbarazzo delle autorità cittadine. Anche il vice di Li, il sindaco Gong Zheng, economista sessantenne ed ex capo dell’amministrazione generale delle dogane, è un astro nascente il cui cursus honorum nel partito rischia di essere intaccato.

Tuttavia è difficile che i pezzi da novanta di Shanghai possano essere sacrificati sull’altare della strategia “contagi zero”. La città è sempre stata rappresentata all’interno della cerchia ristretta della nomenklatura comunista: si pensi all’ex presidente Jiang Zemin, al suo efficientissimo premier Zhu Rongji, all’attuale vice premier e numero sette del Comitato permanente, Han Zheng.

Dal 1987, otto su nove dei segretari di partito di Shanghai sono ascesi al Comitato permanente dell’Ufficio politico. L’unica eccezione è stata rappresentata da Chen Liangyu, protégé di Jiang Zemin finito in galera nel 2008 con l’accusa di corruzione.

Inoltre, in una situazione che dal punto di vista economico e internazionale per Pechino si fa sempre più complicata, Xi potrebbe essere spinto ad allargare l’attuale vertice, aumentando il numero dei membri del Comitato permanente: una mossa inclusiva per fronteggiare l’emergenza rendendo maggiormente rappresentativa la leadership ristretta. In una tale prospettiva sarebbe davvero inspiegabile l’esclusione di un/a shanghaiese.

Non a caso è toccato al vice sindaco, figura gerarchicamente inferiore rispetto al segretario di partito, fare ammenda: «Quello che voglio dire è che ci sono molte carenze nel nostro lavoro e chiediamo umilmente supervisione e suggerimenti al pubblico. Posso assicurarvi che faremo del nostro meglio per migliorare», ha detto.

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