Pensare che i sovranismi europei possano sconfiggere o lottare ad armi pari con il sovranismo di Vladimir Putin e Donald Trump è illusorio. Il modo migliore di opporsi e di tenere aperti i canali di comunicazione è rendere l’Unione europea più coesa, con politiche condivise e unità d’intenti
Anche se troppi saccenti commentatori non se ne sono accorti, quasi quarant’anni fa è effettivamente finita una storia, quella della guerra fra le democrazie liberali e i regimi comunisti reali, realmente e malamente realizzati. Solo in piccola parte prevista da Francis Fukuyama, ha fatto la sua (ri)comparsa un’altra brutta storia, quella dei conflitti fra i nazionalismi, fra le nazioni.
Sembrano conflitti irreprimibili e incurabili che non possono venire abbelliti e nobilitati facendo ricorso al sovranismo. Né è possibile rassicurarsi affermando che nel mondo della globalizzazione è diventato sempre più evidente che il tema dominante è l’interdipendenza alla quale non sfuggono neppure alcuni, pochi, regimi autoritari che cercano rifugio in impossibili autarchie.
«No man is an island», scriveva il grande poeta inglese John Donne (1572 1631). Nell’interdipendenza nessuno stato, neanche quelli circondati dal mare, è in grado di isolarsi. Anzi, tutti rischiano di diventare preda di stati più grandi e più forti. Quegli stati, inesorabilmente bellicosi, continueranno a cercare prosperità e prestigio con politiche espansive e dove non si rivela sufficiente il soft power delle idee e degli esempi, faranno uso dello hard power, quello della forza che si esprime in guerre, anche commerciali, per contenere e ridimensionare il poter degli altri.
Battaglia di retroguardia
Che la probabilità delle guerre potesse essere ridotta fino a renderla nulla grazie alla formazione di entità sovranazionali federali fu già la risposta di Immanuel Kant e divenne la proposta, il progetto degli Stati Uniti d’Europa formulato nel Manifesto di Ventotene.
I sovranismi europei sono espressione di una battaglia di retroguardia contro un’Unione europea in espansione e in crescita. Non causalmente, gli altri due sovranismi preoccupanti guardano entrambi al passato. Quello russo di Vladimir Putin, nient’affatto raffinato, non conosce altro strumento che l’uso delle armi, la guerra e, in subordine, la russificazione sociale forzata.
Quello americano, culminato nella presidenza Trump e da lui totalmente rappresentato, ha una pluralità di obiettivi. La guerra dei dazi è la sua arma per convincere a pagare un conto salato a tutti coloro che per decenni avrebbero depredato gli Usa. Ad altri viene lanciato il monito che gli Usa potrebbero impadronirsi del loro territorio se contiene risorse preziose: imperialismo di ritorno.
Europa nel mirino
Parassiti tutti, secondo l’elegante espressione del vicepresidente americano J.D. Vance, gli stati europei sono nel mirino non solo perché non pagano il costo dell’ombrello difensivo che grava sulle spalle Usa, ma anche perché il progetto europeo costruisce uno sfidante economico e forse anche culturale molto dotato e attraente.
Comunque, indebolire l’Unione fino a smembrarla, ridurrebbe le pretese e le possibilità di tutti gli stati-membri. Nelle fantasie trumpiane farebbe l’America Ancora Grande. La Cina sta a guardare. La grandezza di un passato lontano può sempre vantarla. Che qualcuno oggi parli di un suo probabile declino non può impensierire più di tanto governanti che hanno fatto registrare enormi successi nei trent’anni passati e che sono sostanzialmente diventati il fratello maggiore della Russia. Taiwan appare il prossimo obiettivo per fare la Cina ancora più grande.
Quando i sovranismi si incontrano/scontrano, il sovranismo con il fucile sconfigge facilmente i sovranismi con la pistola. A ogni buon conto sarà sempre il sovranismo con il fucile, magari sostenuto da migliaia di droni e da una possente rete satellitare, a neutralizzare senza colpo ferire i sovranisti underdog.
Trattare, il racconto prosegue con metafore belliche, ad armi pari, è non solo illusorio, ma anche velleitario. Inevitabile è lo scivolamento da sovranisti a vassalli ad libitum del mega/magasovrano che ne potrà revocare i vantaggi tutte le volte che lo riterrà utile per il suo paese, per la sua politica. Al sovranismo russo di Putin e a quello americano di Trump il modo migliore di opporsi e di tenere aperti i canali di comunicazione è rendere l’Unione europea più coesa, con politiche condivise e unità d’intenti. No state is an island.
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