Gli Stati Uniti hanno approvato la vendita di 168 missili all’Egitto. Si tratta di un’operazione da quasi 200 milioni di dollari, volta, secondo quanto comunicato dal dipartimento di Stato americano, a rafforzare la guardia costiera egiziana. Il presidente americano, Joe Biden, ha comunque fatto sapere di volere esercitare un «pressing» sul regime del suo omologo, Abdel Fattah al Sisi affinché il Cairo rispetti i diritti umani. L’amministrazione democratica ha inoltre detto di ritenere l’Egitto un alleato strategico.

Il riferimento ai diritti è comunque una novità rispetto al precedente governo guidato da Donald Trump che aveva definito al Sisi «il mio dittatore preferito». Dal giorno del suo insediamento avvenuto il 20 gennaio, il presidente Biden è intervenuto più volte contro i paesi accusati di violenze sui civili. Il suo governo ha ritirato l’appoggio militare all’Arabia Saudita accusata di commettere atrocità nella guerra in Yemen e ha, inoltre, messo in discussione un accordo sulla vendita di jet agli Emirati Arabi Uniti. Infine, Biden ha più volte chiesto alla Cina di rispettare i diritti dei cittadini di Hong Kong e della minoranza etnica degli uiguri.

Le accuse contro l’Egitto

Il regime egiziano è considerato uno dei più repressivi al mondo. La sua azione contro i dissidenti, veri o presunti, si è intrecciata più volte con la storia italiana nel recente periodo. La procura di Roma ha, infatti, accusato quattro agenti segreti egiziani di avere torturato e ucciso il ricercatore, Giulio Regeni, trovato morto nel febbraio 2016 sul ciglio di una strada dopo essere scomparso dieci giorni prima. Secondo i magistrati italiani, gli 007 avrebbero assassinato Regeni perché ritenuto «una minaccia per il regime».

Anche il caso di Patrick Zaki ha scosso la coscienza italiana. Lo studente egiziano di un master dell’università di Bologna è detenuto dal 7 febbraio con accuse di «sedizione» spesso usate contro gli oppositori di al Sisi. Nonostante le richieste della comunità internazionale, la sua detenzione continua da oltre un anno. La repressione egiziani ha colpito anche altre nazioni. Il 5 febbraio, la Central European University ha denunciato l'arresto di un proprio studente egiziano, Ahmed Samir Abdelhay Ali mentre dopo oltre tre anni di detenzione le autorià hanno scarcerato un giornalista di Al Jazeera, arrestato per avere diffuso «notizie false» nel paese. 

© Riproduzione riservata