Uno dei temi tornati alla ribalta con la crisi in Ucraina è quello delle armi nucleari. Di corsa al riarmo atomico si parla ormai da anni, con la Cina intenta ad eguagliare – e possibilmente superare – le capacità militari di Usa e Russia, ma l’argomento non interessa unicamente il Pacifico.

In Europa, Italia compresa, sono presenti alcune centinaia di testate nucleare tattiche americane e una serie di sistemi da difesa in grado, secondo Mosca, di lanciare anche attacchi atomici, mentre la Russia a dicembre ha minacciato il dispiegamento di armi nucleari in Europa o nei pressi delle coste americane.

Minacce in seguito ritirate, ma che hanno fatto scattare l’allarme dei paesi Nato coinvolti nella crisi ucraina.

La Russia e il nucleare

L’attenzione generale è concentrata sul numero crescente dei battaglioni russi schierati lungo il confine con l’Ucraina, ma ancora più importante è capire il tipo di armamenti messi in campo della Russia, principalmente nel territorio della Bielorussia.

Nel giro di poche settimane Mosca ha prima schierato nel paese alleato alcune batterie di Iskander, missili con capacità nucleari, per poi dare il via a un’operazione di pattugliamento aereo congiunto della Bielorussia che ha visto impiegati i bombardieri a lungo raggio Tu-22M3, in grado di trasportare bombe con testata sia convenzionale che nucleare.

La Bielorussia tra l’altro si appresta a indire un referendum costituzionale che, secondo gli Usa, potrebbe portare allo stazionamento delle truppe russe nel paese, così come al dispiegamento di armi nucleari.

Uno scenario che spaventa l’Ucraina e l’Europa, quest’ultima già alle prese con gli attacchi ibridi di Minsk a danno principalmente della vicina Lituania.

A preoccupare è anche la possibilità che la situazione sul campo degeneri rapidamente a causa di un errore umano, fino ad arrivare all’impiego da parte di Usa e Russia dei rispettivi arsenali atomici.

Come ribadito a Politico dall’ex segretario di Stato per la difesa britannico, Des Browne, l’ambiente nucleare nel quale si sta consumando la crisi ucraina è particolarmente fragile e vi è pertanto il rischio che le potenze coinvolte perdano il controllo della situazione per un errore di valutazione.

Intanto gli occhi degli Usa e dei suoi alleati europei sono puntati sulla prossima esercitazione nucleare russa, inizialmente prevista per l’autunno ma che dovrebbe invece tenersi tra febbraio e marzo. Finestra temporale durante la quale, secondo gli analisti statunitensi, la Russia potrebbe effettivamente lanciare un attacco contro l’Ucraina.

Un altro aspetto che preoccupa gli analisti è la postura nucleare russa, su cui si hanno informazioni più dettagliate solo dal 2020.

Secondo il documento firmato da Vladimir Putin, una risposta nucleare è possibile anche nel caso di un lancio di missili balistici contro il territorio della Federazione Russa e/o dei suoi alleati o di un non meglio specificato attacco nemico contro le infrastrutture militari e governative nevralgiche dello stato. 

Il Cremlino quindi si avvale della facoltà di usare le armi nucleari in risposta a un attacco convenzionale, abbassando la soglia di impiego dell’arsenale atomico.

La posizione degli Usa

La postura russa però non è l’unica a destare preoccupazione. Gli Usa mantengono da anni la “first use ambiguity”, evitando di fare chiarezza sull’impegno a non usare per primi la bomba in caso di conflitto.

La dottrina americana è attualmente in fase di revisione, ma il Pentagono premer per mantenere tale ambiguità in risposta al riarmo cinese.

Allo stesso tempo gli Usa sotto Obama hanno approvato un piano di investimento trentennale da 1.200 miliardi di dollari per il rinnovo e l’ammodernamento del proprio arsenale atomico, contribuendo alla corsa agli armamenti.

I timori della Russia sono però diretti principalmente verso un possibile dispiegamento di missili russi sul territorio europeo.

Già la riattivazione in Germania del 56esimo Comando di Artiglieria, unità operativa durante la Guerra fredda ed equipaggiata con missili balistici a medio raggio, aveva allertato Mosca, poco propensa a un rafforzamento delle forze Nato in Europa.

In quest’ottica si inserisce invece l’annuncio del capo di Stato maggiore dell’esercito degli Stati Uniti, il generale James C. McConville, di un futuro dispiegamento in Europa (e nel Pacifico) di missili ipersonici con capacità di attacco nucleare.

Si tratta di armamenti fino ad ora proibiti dal Trattato Inf (Intermediate-Range NuclearForces) firmato da Urss e Usa nel 1987 e stracciato da Donald Trump nel 2019.

In Romania, inoltre, è già presente il sistema di difesa antimissilistico Aegis Ashore, in costruzione anche in Polonia e percepito dalla Russia come una minaccia: secondo Mosca si tratta di uno strumento che potrebbe essere impiegato anche in un’ottica offensiva, ipotesi però sempre smentita dagli Usa.

L’apocalisse nucleare

La grande attualità della minaccia nucleare è alla base delle valutazioni del bollettino denominato Doomsday Clock (Orologio dell’apocalisse), fermo per il momento a soli 100 secondi dalla fine del mondo.

Secondo il gruppo di esperti del Bulletin of the Atomic Scientists, le 8mila testate nucleari presenti nel mondo, la corsa al riarmo e la mancanza di un trattato per la riduzione delle forze nucleari di media gittata sono tra gli elementi che maggiormente mettono a repentaglio la vita del nostro pianeta.

L’acuirsi della tensione in Ucraina non è tra l’altro un segnale positivo, soprattutto nel momento in cui gli Usa si apprestato a modificare la propria postura nucleare. Guardando al futuro, va inoltre considerata la scadenza prevista per il 2026 del trattato New Start, che limita il numero di testate nucleari di cui Usa e Russia possono dotarsi.

L’unica soluzione per evitare la catastrofe nucleare quindi è una maggiore regolamentazione delle armi atomiche, ma perché ciò avvenga serve prima di tutto un maggior dialogo tra Usa e Russia. Un punto di partenza al momento per niente scontato.

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