Siamo nell’era di Big tech, ma in America sembra che l’atteggiamento contro i monopoli stia cambiando. Cosa sta succedendo?

Durante la crisi del 2008 i banchieri erano nel panico perché la convinzione che i mercati fossero fenomeni naturali si scontrava con un sistema finanziario al collasso che richiedeva un’azione politica per salvarsi. Oggi invece quelle illusioni sono svanite. Siamo nel bel mezzo di una crisi al rallentatore e tutti capiscono come questi problemi economici siano radicati nelle scelte fatte dalla politica.

Quando ho iniziato a lavorare alle politiche dell’antitrust nel 2005, c’era un consenso bipartisan sul tipo di atteggiamento che le istituzioni pubbliche dovevano avere nei confronti del mercato. Le aziende private dovevano essere lasciate libere di agire, punto. Per quindici anni l’idea che le istituzione pubbliche avessero un ruolo fondamentale nella strutturazione dei mercati era qualcosa che se c’era, viveva ai margini del dibattito economico americano. Ho sentito infinite varianti dello “sei uno stupido e hai torto”, oppure di “non conosci l’economia”.

Ora però l’apertura della causa legale contro Google ha cambiato il modo in cui queste aziende vengono percepite, segnando un cambiamento straordinario nel consenso alla base di certe scelte della politica americana. Giusto per fare un esempio, nel 2016 Facebook godeva di una tale popolarità tra l’establishment democratico che Hillary Clinton – nel caso fosse stata eletta – avrebbe scelto una figura come Sheryl Sandberg, miliardaria, filantropa e direttore operativo di Facebook come membro del suo gabinetto. A oggi invece solo a due tipi di aziende non è stato concesso donare denaro all’amministrazione Biden: quelle che trattano combustibili fossili e Facebook.

Cosa si aspetta da Biden su antitrust e lobbying?

La mia sensazione è che l’atteggiamento populista di Biden emergerà più chiaramente nella spesa pubblica, ovvero nel dare soldi direttamente alle persone, e non tanto nel limitare il potere delle multinazionali. Sicuramente l’amministrazione porterà a più regole, e quindi più controlli sulle aziende. Il meglio che ci si possa aspettare sarà vedere il presidente lavorare sull’antitrust, cercando di trovare delle soluzioni temporanee, forse goffe e un po’ antiquate, ma tutto sommato utili.

Il peggio invece sarebbe un mix, un compromesso che vede la presidenza spendere denaro pubblico sotto la vigile attenzione dalle grandi aziende e Wall Street. Non è infatti un mistero che la nuova amministrazione si sia circondata di alcune di quelle stesse figure che durante l’amministrazione Obama hanno favorito monopoli come Google e Amazon a consolidare il proprio potere. In questo senso è possibile che le regole vengano applicate, ma anche che gli sforzi di regolamentazione vengano nuovamente smorzati dagli stessi membri di gabinetto. In sostanza non temo il rapporto relativamente buono che Biden ha con la democratica progressista Elizabeth Warren, quanto piuttosto la scelta di Kamala Harris – più vicina alla Silicon Valley e a Wall Street – come vice.

Cosa raccontano gli eventi del Campidoglio della società americana?

Molte di queste persone non hanno torto, ma invece di riconoscere la vera fonte del problema – il monopolio – vengono attirati in teorie del complotto false e bizzarre, QAnon è solo una di queste. Se c’è infatti una cosa importante da riconoscere riguardo alla rabbia popolare che si è manifestata tempo fa, è che c’è davvero una cospirazione delle élite contro i sostenitori di Trump, ma non si tratta di strane fantasie paranoiche, quanto piuttosto di un decennio di politiche blande nei confronti delle grandi aziende. Quelli che chiedevano più controllo sulle loro vite economiche sono stati emarginati come emotivi, o razzisti, o ignoranti. Perché la rabbia antidemocratica, che si tende a concentrare intorno a specifici leader politici e l’attuale situazione economica e sociale sono il prodotto di scelte politiche molto precise. Emarginare una fetta della società solo perché pensa che ci sia qualcosa che non quadri, significa ignorare il fatto che qualcuno possa essersi sbagliato, che quelle scelte fossero sbagliate.

Intende le scelte sulla concentrazione?

La concentrazione aziendale è una caratteristica sistemica dell’economia americana, dai settori come le telecomunicazioni, le compagnie aeree e motori di ricerca, a quelli più piccoli come la distribuzione di forniture da pesca, il cheerleading e il dentifricio.

Per concentrazione s’intende un piccolo gruppo di aziende che controlla un determinato settore dell’economia e così facendo ne stabilisce prezzi e termini. Le leggi antimonopolio che abbiamo non vengono più applicate, non lo sono da decenni. Persino le meraviglie della nuova tecnologia, come un internet aperto, sono state sovvertite. E in qualche modo, abbiamo preso la più grande piattaforma di comunicazione mai creata, e l’abbiamo usata per produrre una nuova generazione di nazi.

Crede ci sia un legame diretto tra i social e quanto avvenuto?

Il problema non è che questi siti abbiano utenti che credono alle teorie del complotto, quanto piuttosto che questi siti guadagnino quando le persone si incontrano sui social per diffondere queste teorie. In questo senso, vendere pubblicità basata sul numero di utenti e sul tempo che questi spendono online favorisce la polarizzazione. Non serve che il governo gestisca i social network, quando si può eliminare ogni cattivo incentivo dai modelli di business.

La chiave sta nell’impedire alle società di social media di vendere pubblicità. Perché ponendo fine ad ogni incentivo per tenere incollati gli utenti sulle piattaforme rimuovi qualsiasi profitto derivante dalla diffusione di teorie del complotto.

Passando invece all’Europa, alcune persone sono rimaste sorprese dal fatto che gli strumenti di protezione della privacy contenuti nel Gdpr non siano stati usati come dovrebbero per protegge i dati degli utenti. Se le regole ci sono, perché non vengono messe in pratica?

Perché le istituzioni europee non ne hanno l’intenzione, l’Europa ha un grosso problema di corruzione per quanto riguarda l’antitrust. America e Europa si assomigliano molto nel loro rapporto con le grandi corporation, con un’unica differenza però: se l’America ha affrontato il problema del monopolio delle Big Tech con disinvoltura, facendo finta di niente, l’Europa ha preso i giusti provvedimenti, ma poi non li ha applicati. L’art. 5 del Gdpr ad esempio potrebbe essere usato per fermare il modello di business basato sulla pubblicità, perché limita la circolazione delle informazioni personali a quelle strettamente necessarie. Ma non viene applicato.

Per quale motivo tutto questo, intendo la crescita esponenziale del potere aziendale in America e altrove, è stato reso possibile? Se è stata un scelta politica per quale motivo è stata fatta?

È una domanda piuttosto complicata a cui ho cercato di dare una risposta nel mio libro Golia: la guerra dei 100 anni tra monopolio e democrazia. È stato fatto per proteggere i ricchi? È improbabile; c’erano modi per assicurarsi che i ricchi stessero bene senza minare il benessere di tutti gli altri. Era la corruzione? Per quanto riguarda l’America non credo. C’erano alcune tangenti, ma da quello che ho visto quando ho lavorato al Congresso, la corruzione non ha realmente guidato le scelte della politica. Era scarsa strategia o partigianeria? Ne dubito.

Ci sono stati scontri politici e recriminazioni, ma entrambi i partiti si sono trovati d'accordo sulla necessità di sequestrare la ricchezza della classe media e proteggere un apparato finanziario. Si trattava di immoralità personale? No. Ci credevano, perché pensavano fosse la scelta migliore per tutti.

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