Il Sudan spaccato in quattro: «In Darfur è uno spettacolo dell’orrore»

Tom Fletcher, sottosegretario generale dell'Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), al termine di una recente visita in Darfur, ha descritto la situazione come una «scena del crimine» e uno «spettacolo dell’orrore». Il conflitto tra le Forze armate sudanesi (Saf) guidate dal generale e capo di stato al Burhan e le Rapid Support Forces (Rsf) del generale Mohamed Hamdan Dagalo, scoppiato nell’aprile del 2023, continua a spostarsi senza soluzione di continuità arrivando a interessare ogni angolo del grande paese africano. Tra la fine di ottobre e i primi di novembre epicentro degli scontri è stato El Fasher, la capitale del Darfur settentrionale, occupata dalle Rsf dopo 18 mesi di durissimo assedio. L’ingresso dei ribelli nell’importante centro, è stato accompagnato da ogni sorta di efferatezza e dal massacro di oltre 2000 civili ampiamente documentato oltre che da immagini satellitari, da video girati dagli stessi miliziani che hanno diffuso in rete i loro atti di spaventosa violenza. Massacri, saccheggi e fame. Il Sudan verso il baratro, l’Occidente sta a guardare Il teatro di guerra si sposta Conquistata El Fasher, le Rsf hanno rivolto la loro attenzione altrove. Un numero significativo di effettivi si sta gradualmente riposizionando nel vicino Kordofan, la fetta centrale del Sudan che si estende dall’Egitto al Sud Sudan. Il teatro di guerra, quindi, si sta spostando ora verso il centro con conseguenti nuovi esodi biblici di grandissimi numeri di civili. «La regione del Kordofan – spiega a Domani Alì Ahmed (nome di fantasia per motivi di sicurezza) uno dei coordinatori del Central Darfur Health Media (Cdhm), un’organizzazione locale composta da giornalisti e attivisti – si trova tra le aree controllate dalle Forze Armate Sudanesi a est e dalle Rapid Support Forces a ovest. Nella parte meridionale della regione è presente anche il Sudan People’s Liberation Movement-North (Splm-N) alleato delle Rsf da circa un anno. Questa coalizione ha segnato un significativo cambiamento nell'equilibrio di potere nel Kordofan che infatti, al momento, è teatro di feroci combattimenti, con ciascuna delle parti che cerca di respingere l'altra dal proprio territorio. Per farle capire la volatilità della situazione le posso dire che in questa fase una parte conquista il controllo di un'area del Kordofan solo per perderlo nel giro di poche ore, come è successo ad Al-Nuhud e Al-Khawi nel Kordofan occidentale o a Bara e Jabra Sheikh nel Kordofan settentrionale». Guerra in Sudan, il macellaio delle Rsf che riprende le sue esecuzioni: chi è Abu Lulu Nella giornata del 26 novembre le Rsf hanno annunciato un cessate il fuoco unilaterale e l’accettazione del piano di tregua umanitaria di tre mesi proposto dal quartetto di paesi denominato Quad (Stati Uniti, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto). Non molti ripongono fiducia nel successo della mediazione e nella possibilità che il cessate il fuoco divenga bilaterale date le dichiarazioni al vetriolo dei vertici delle Saf successive al piano del Quad. «La proposta non ha il sostegno di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu né di organizzazioni internazionali – ha dichiarato il ministro degli Esteri sudanese Mohieddin Salem – pertanto, il governo non la considera». Al Burhan non vuole trattare per il momento con i nemici e non ammette al tavolo negoziale uno dei principali sponsor delle Rsf, gli Emirati Arabi Uniti. La dichiarazione di cessate il fuoco, in ogni caso, non ha impedito alle truppe di Dagalo e dei suoi alleati, di continuare a combattere per conquistare Babanusa, nel Kordofan occidentale, una roccaforte delle Saf. Secondo quanto riferisce il Sudan War Monitor, le Saf hanno tentato di impossessarsi di posizioni chiave lungo l'autostrada El Obeid (capitale del Kordofan del nord) - Khartoum, ma sono state respinte dalla Rsf. Nel caos generale si delinea con sempre maggiore evidenza una divisione de facto del Sudan in quattro aree di influenza le Saf controllano Khartoum, tutto il Sudan orientale, settentrionale e parti del centro, oltre a sezioni degli Stati del Nilo Azzurro, del Nilo Bianco e di Sennar. Le Rsf, invece, gestiscono la maggior parte del Darfur e del Kordofan occidentale. C’è poi il Sudan People’s Liberation Movement-North, alleato delle Rsf, che controlla vaste aree del Kordofan meridionale e del Nilo Azzurro. Infine, il Sudan Liberation Movement/Army di Abdel Wahid Mohamed Nour (un leader politico-militare, di formazione comunista, che non si è mai schierato con nessuna delle fore in campo e si è sempre opposto alla guerra, ndr), ha sotto il suo dominio l’area di Jebel Marra e Tawila nel Darfur centrale, dove si stanno riversando decine di migliaia di disperati in fuga da El Fasher in queste settimane. La guerra civile blocca il calcio in Sudan: così i migliori club migrano in Ruanda Il buio su El Fasher «Al momento – riprende Ahmed - non ci sono combattimenti a El Fasher. Le Rsf hanno assunto il pieno controllo della città, ma impediscono l'accesso ai giornalisti e alle organizzazioni umanitarie. Pertanto, la situazione all'interno della città rimane sconosciuta e i cittadini che vi rimangono vivono in una sorta di arresto domiciliare. Quelli che sono riusciti a fuggire arrivano a Tawila stremati e tuttora soffrono di una grave carenza di cibo e riparo. Molti sfollati a Tawila vivono all'aperto e l'inverno che si sta avvicinando aggreverà di certo la loro condizione. Sono tanti, inoltre, i feriti che faticano a ottenere cure mediche. Parliamo quotidianamente con i volontari e gli sfollati a Tawila, che ci chiedono insistentemente cibo, materiali per ripararsi e medicine». Fotografare la fame in Sudan, Ivor Prickett: «Bisogna essere nei luoghi dove nessuno vuole guardare» Per sostenere il Cdhm che oltre che di informazione, diffusione sanitaria, si occupa di bambini sopravvissuti alle violenze causate dalla guerra e traumatizzati scrivere a cdhealthmedia@gmail.com.