Uno dei prodotti più recenti della modernità è la globalizzazione delle guerre culturali che eravamo abituati a osservare in un paese ad alto tasso di polarizzazione come gli Stati Uniti. La stessa Federazione russa, come un’attenta analisi della riscoperta del dibattito relativo ai “valori tradizionali” appare suggerire, è stata profondamente influenzata dalle dinamiche e dalle idee prodotte negli Stati Uniti anche se, allo stesso tempo, grida contro l’interventismo bellico del “grande Satana” statunitense.

Negli Stati Uniti, come in molti altri paesi occidentali, abbiamo assistito, a partire dagli anni Sessanta del ‘900, alla montée en puissance del potere giudiziario. Questo fenomeno ha prodotto la tribunalizzazione del dibattito politico.

Come ha sottolineato Ran Hirschl, mediante la tribunalizzazione avviene un «trasferimento verso le corti di argomenti politici di grande rilievo». La tribunalizzazione costituisce una «conveniente ritirata per quei politici che non hanno voluto o che non sono stati capaci di risolvere difficili controversie pubbliche nella sfera politica».

Potere vicario

Per anni, in numerosi paesi, il potere giudiziario ha esercitato vicariamente funzioni quasi legislative. In molti casi questo ha prodotto innovazioni degli ordinamenti e favorito spesso una lettura progressista di leggi e testi costituzionali.

Il ritorno alla centralità politica di movimenti e partiti di destra ha però alienato le simpatie progressiste nei confronti del potere giudiziario e portato alla denuncia della “cattura costituzionale” di istituzioni quali la corte Suprema degli Stati Uniti o della corte Costituzionale polacca.

Abbandonati pesi e contrappesi, e dovendo fronteggiare la domanda di risposte sociali immediate, la scorciatoia del ricorso al potere giudiziario ha costituito, per una generazione di politici, il miraggio di una soluzione facile rispetto alle fatiche della democrazia.

Ciò è accaduto prevalentemente nei casi di controversie relative a temi eticamente sensibili o comunque di primo rilievo nella definizione dell’identità di un paese. Oggi tale modello mostra palesemente tutti i suoi problemi e, dopo Stati Uniti e Polonia, è la volta dello stato israeliano.

Il viceministro degli Esteri della Polonia Pawel Jablonski ha confermato a una radio polacca come, nel corso di una recente consultazione, ha avuto luogo un confronto fra esperti polacchi e israeliani relativo alla riforma della giustizia. Nel modello polacco, a partire dalla riforma e dalle nuove nomine alla corte Costituzionale, il potere giudiziario è stato trasformato in un “alleato” del potere legislativo mettendo in crisi l’equilibrio di pesi e contrappesi che dovrebbe contraddistinguere una democrazia liberale.

È quello che il governo israeliano avrebbe voluto mediante l’approvazione della cosiddetta override clause che consentirebbe a una maggioranza di 61 membri della Knesset di superare ogni eventuale ostacolo posto dal potere giudiziario e approvare le leggi limitando il controllo della corte Suprema.

Nel conflitto globale dei valori il ruolo del potere giudiziario e il suo inquadramento in un sistema di bilanciamento dei poteri è ormai un nodo fondamentale nella comprensione del futuro di ordinamenti che si vogliono pluralisti e con sistemi di garanzia delle minoranze rispetto alla “tirannia delle maggioranze”. Valorizzare la funzione di garanzia del potere giudiziario rispetto a qualsiasi utilizzazione politico-strumentale delle sue istituzioni dovrebbe essere un valore condiviso da chiunque abbia a cuore la tutela del pluralismo sociale e della democrazia liberale.

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