Gabriel Boric è entrato in carica come presidente del Cile l’11 marzo 2022 nel palazzo della Moneda che fu l’ultimo fortino di Salvador Allende. Il suo nuovo governo di centrosinistra prometteva di essere radicalmente diverso da quello del dell’ex presidente conservatore Sebastián Piñera. Tuttavia, a quattro mesi dall’insediamento il governo si è rimangiato molte delle promesse fatte in campagna elettorale sull’agenda sicurezza.

Il nuovo governo

Foto AP

L’ex leader studentesco e attivista di sinistra Gabriel Boric ha vinto il secondo turno delle elezioni presidenziali del 20 dicembre 2021, con il 56 per cento dei voti, diventando il più giovane presidente del Cile. La dottoressa Izkia Siches è il nuovo ministro degli Interni, prima donna a ricoprire tale carica in Cile.

Maya Fernández Allende, nipote dell'ex presidente socialista rovesciato dal golpe militare del 1973, è stata scelta invece come ministro della Difesa. Boric ha poi nominato un altro medico con scarsa esperienza in materia di sicurezza, Manuel Monsalve, come sottosegretario agli Interni.

Queste nomine di gabinetto sembrano mancare dell’esperienza necessaria per affrontare le questioni urgenti dell’agenda di sicurezza cilena. Situazione forse compensata dalla scelta quale sottosegretario alla prevenzione del crimine dell'abile funzionario Eduardo Vergara.

La riforma costituzionale che culminerà del plebiscito del 4 settembre rappresenta certamente una pietra miliare per la democrazia cilena, ma dovrebbe essere seguita da ulteriori riforme su questioni sociali ed economiche. Si è arrivati all’elezione di Boric dopo la grave crisi politica scaturita nell'ottobre 2019, quando gli studenti hanno iniziato a protestare per l’aumento del quattro per cento del costo dei trasporti pubblici nella capitale Santiago.

Il presidente Piñera dichiarò lo stato di emergenza per 15 giorni dopo che le manifestazioni diventarono violente, con saccheggi e incendi dolosi. Ma le proteste si estesero a tutto il paese andino, diventando note come Estallido social.

I disordini provocarono la morte di oltre 30 persone e migliaia di altri feriti e detenuti. L’establishment politico si rese conto che la crisi era così profonda da richiedere un cambiamento sistemico che avrebbe comportato una nuova costituzione e un lungo processo politico.

La riforma dei Carabineros

È interessante notare che la retorica di Boric nei confronti dei Carabineros, il principale corpo di polizia accusato di pesanti abusi durante le proteste, è cambiata drasticamente dal marzo 2020, quando i suoi tweet esortavano a una «profonda riforma dei Carabineros» che «non possono continuare a uccidere la gente».

Un anno dopo, il presidente ha notevolmente moderato i toni e non parla più di una ristrutturazione istituzionale dei Carabineros ma, piuttosto, di “miglioramenti” che dovrebbero essere raggiunti attraverso il dialogo. La marcia indietro definitiva è arrivata a giugno, quando il governo ha annunciato l’apertura di dodici nuove caserme e il finanziamento di oltre cinquemila milioni di pesos per l’acquisto di mezzi corazzati e droni.

Uno dei principali quotidiani cileni, La Tercera, ha titolato riconoscendo che gli investimenti massicci per le forze dell’ordine mettono la parola fine alle promesse di “rifondazione” dei Carabineros e alla riduzione del loro potere. Infatti, è previsto per l’anno prossimo anche un aumento del 40 per cento delle assunzioni nel corpo di polizia a carattere militare.

Il conflitto Mapuche

Queste decisioni sono conseguenza del perdurare del conflitto con i nativi Mapuche nella regione dell’Araucanìa, nel sud del Cile, che costituiscono circa un milione di persone sui 19 milioni di abitanti.  Oltre a diversi partiti politici e movimenti legittimi fondati da attivisti Mapuche, esiste una rete di gruppi radicali e cellule scissioniste violente, tra cui la Coordinadora Arauco Malleco, il Weichán Auka Mapu, la Resistencia Mapuche Lafkenche e la Resistencia Mapuche Malleco.

Nell’ultimo decennio, questi gruppi armati sono stati responsabili di numerosi omicidi e centinaia di incendi dolosi che hanno preso di mira le case dei contadini e soprattutto le multinazionali di legname.

La crisi di sicurezza in Araucanìa è stata delegata in gran parte ai Carabineros, con un approccio paramilitare e di contrasto all'insurrezione. I Carabineros hanno dispiegato agenti sotto copertura nelle comunità per la raccolta di informazioni, ma la loro credibilità è stata messa in discussione dagli scandali con la fabbricazione di prove false (Operación Huracán) e il coinvolgimento di un gruppo tattico appositamente creato (Commando Jugla) nell'uccisione dell’attivista Mapuche Camilo Catrillanca.

La tensione in questa regione continua a crescere, con centinaia di incendi dolosi avvenuti nel corso del 2021, ma anche spari contro un aereo coinvolto nelle operazioni di spegnimento degli incendi e contro i pompieri nel bosco.

Nel maggio 2021, un agente dei Carabineros è stato ucciso mentre smantellava blocchi stradali creati dai militanti Mapuche e nel 2020 un altro agente (per ironia della sorte di etnia Mapuche) è stato ucciso in circostanze simili. Anche i civili sono stati presi di mira in attacchi mortali: un proprietario terriero e un politico di estrema destra sono stati uccisi da un uomo armato in una zona in cui opera la Resistencia Mapuche Malleco. Due agricoltori locali sono stati uccisi dagli insorti in due diverse imboscate, in quella che sembra un'ulteriore escalation di violenza.

Lo stato d’emergenza

Foto AP

Il 12 ottobre 2021 il presidente Piñera dichiarò lo stato d’emergenza nelle regioni di Araucanìa e Biobiò, dispiegando 900 soldati dell’esercito, 15 veicoli blindati e tre elicotteri per sostenere i Carabineros in quelle che vengono definite operazioni antiterrorismo.

Sebbene Piñera avesse promesso che i militari avrebbero solo assistito le forze dell'ordine nei loro compiti, questa decisione ha scatenato critiche, perché l’Esercito è stato autorizzato a contribuire all’ordine pubblico. Per quanto riguarda gli attacchi mortali ai contadini, il generale dell'esercito Luis Felipe Cullar ha definito gli insorti “codardi” e si è chiesto perché non affrontino i militari invece di colpire i civili.

Questa dichiarazione ha provocato un acceso dibattito politico e il direttore dell’Istituto nazionale per diritti umani, un organismo governativo indipendente, ha criticato le parole del generale definendole inappropriate. Ciò illustra il difficile rapporto tra le forze armate e la società civile in Cile, retaggio della dittatura.

Nell’autunno 2021 il governo ha organizzato una consultazione pubblica online sull'estensione dello stato di emergenza: solo il 16 per cento dei residenti ha partecipato, ma l’81 per cento ha votato a favore.

L’affluenza è stata bassa in parte a causa della difficoltà di raggiungere gli elettori rurali per via elettronica, ma anche perché gli attivisti Mapuche hanno boicottato la consultazione. Nel dicembre 2021 l’amministrazione uscente di Piñera ha ritenuto che l’escalation di attacchi giustificasse l’estensione dello stato d’emergenza nella regione, approvato dal parlamento.

Tuttavia, Boric ha insistito sulla necessità di aprire il dialogo e negoziati con le comunità Mapuche per raggiungere una soluzione pacifica. Proprio a fine gennaio, il segretario generale della presidenza Giorgio Jackson ha annunciato che lo stato d’emergenza non sarebbe stato esteso, però a maggio il governo Boric si è visto costretto a utilizzare nuovamente questo strumento per fronteggiare la violenza degli insorti indigeni, oltre ad assicurare mezzi paramilitari ai Carabineros.

Il Cile è afflitto da un crescente problema di delinquenza causata in parte dal peggioramento delle condizioni economiche e in parte dall’afflusso di migranti da altri paesi latinoamericani, in particolare Perù, Colombia e Venezuela, che in alcuni casi gestiscono il traffico di droga.

Nell’ultimo mese sono morti tre agenti dei Carabineros e la nuova ministra dell’Interno, Izkia Siches, è stata giudicata da molti inadeguata nella gestione dell’agenda sicurezza. La nuova amministrazione di centrosinistra era partita con buoni propositi e con l’intenzione di rivoluzionare l’approccio statale nei confronti di una crisi che dura da anni, ma nel giro di pochi mesi ha completamente cambiato linea politica sul conflitto Mapuche.

© Riproduzione riservata